Risorta dopo il disastro dell'alluvione del 1966, una delle due "Nazionali" (l'altra è a Roma) è una sorta di memoria collettiva della Nazione. A partire da un manoscritto del X secolo e a una versione della "Divina Commedia" con le note del figlio di Dante
Quasi nove milioni di titoli custoditi in circa 137 chilometri lineari di scaffali (che crescono ogni anno di circa 1500 metri). Questi sono alcuni tra i numeri essenziali della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Una delle due Nazionali – l’altra è a Roma – nonché una delle più importanti biblioteche italiane, l’unica che possa documentare nella sua interezza lo svolgersi della vita culturale della Nazione. È una sorta di memoria collettiva dove è possibile fare “incontri” davvero inattesi: dal più antico manoscritto conservato in biblioteca, che risale al X secolo, al manoscritto originale dei capitoli XV e XVI di Pinocchio, vergati da Carlo Lorenzini in arte Collodi, dal Sidereus Nuncius di Galileo Galilei pubblicato nel 1610, alla Divina Commedia con le note di Jacopo Alighieri, figlio del poeta, dai Trionfi e i Sonetti del Canzoniere di Francesco Petrarca al quadernetto con i disegni acquerellati delle estati versiliesi di Eugenio Montale, dalla più grande raccolta di manoscritti di Nicolò Machiavelli alla Lettera a Madama Cristina di Lorena sempre di Galileo, leggibile su quello che è ritenuto il più piccolo libro del mondo stampato con caratteri mobili composti a mano, delle dimensioni di un’unghia di dito pollice.
E questa è solo la punta di un iceberg culturale che vanta oltre tre secoli di storia. Il primo nucleo del patrimonio della “Nazionale” risale alla biblioteca privata di Antonio Magliabechi, costituita da circa 30mila volumi, lasciata nel 1714, secondo il suo testamento, “a beneficio universale della città di Firenze”. La futura Biblioteca nazionale iniziò la sua crescita costante già dal 1737 quando fu stabilito per decreto che vi fosse depositato un esemplare di tutte le opere che si stampavano a Firenze e dal 1743 in tutto il Granducato di Toscana. Già nel 1747 l’allora “Biblioteca Magliabechiana” aprì per la prima volta al pubblico e nel 1771 il granduca Pietro Leopoldo di Lorena decise di unirle la Biblioteca Mediceo-palatino-lotaringia che in seguito si arricchì ulteriormente di molti altri pregevoli fondi, tra cui quelli delle biblioteche ex monastiche, incamerati a seguito della soppressione dei conventi attuata da Pietro Leopoldo e ripresa da Napoleone.
Quindi il 22 dicembre 1861 il neonato Regno d’Italia stabilì l’unificazione della Biblioteca Magliabechiana con la grande Biblioteca Palatina (costituita da Ferdinando III di Lorena e continuata dal suo successore Leopoldo II): il nuovo istituto assunse così la denominazione di Biblioteca Nazionale. Dal 1869 la Biblioteca Nazionale di Firenze riceve per diritto di stampa una copia di tutto quello che viene pubblicato in Italia e nel 1885 il “Regolamento organico delle biblioteche del Regno” sancì per la Nazionale di Firenze e quella di Roma l’attribuzione del titolo “Centrale”.
In origine la Biblioteca ebbe sede nel complesso degli Uffizi, ma nel 1935 fu trasferita nella sua sede attuale, costruita, a partire dal 1911, su progetto dell’architetto Cesare Bazzani e successivamente ampliata dall’architetto Vincenzo Mazzei. L’edificio, uno dei rari esempi di edilizia bibliotecaria, fa parte dell’area monumentale del complesso di Santa Croce.
Da segnalare che l’alluvione del 1966 causò gravissimi danni al patrimonio della Nazionale: in particolare all’emeroteca, alla preziosa raccolta delle Miscellanee, al fondo Magliabechiano, al fondo Palatino e a numerose altre raccolte, nonché a tutti i cataloghi a schede e a volume, all’apparato bibliografico delle sale di lettura e agli arredi. Buona parte dei fondi danneggiati sono stati recuperati ad opera del Centro di restauro che fu appositamente creato (e che ha reso fruibile il 100 per cento del patrimonio alluvionato salvato), ma una parte consistente andò definitivamente perduta.