In passato, la procura di Barcellona Pozzo di Gotto aveva chiesto l'archiviazione del procedimento ma le 27 persone offese citate nel provvedimento si sono opposte e il gip del Tribunale, respingendo la richiesta dei pm, ha ordinato agli stessi di formulare l'imputazione coatta. Sotto accusa Marco Antonino Setti, Gaetano De Santis e Pietro Maugeri per gettito di cose pericolose e disastro colposo
Emissioni di gas, vapori e fumo. Oltre i limiti di legge. E abbastanza da provocare, sostiene la procura di Barcellona Pozzo di Gotto, da “un disastro da cui derivava un concreto ed effettivo pericoloso per l’incolumità pubblica”. Tradotto: “un’eccezionale diffusione, nella popolazione (…) dei Comuni limitrofi allo stabilimento, di patologie dell’apparato respiratorio e tumorali, anche mortali”. Per questo è stato chiesto il processo per tre ex direttori della raffineria di Milazzo, controllata da Eni e Q8, che hanno gestito lo stabilimento tra il 2009 e il 2014. Le accuse sono gettito pericoloso di cose e per disastro colposo.
Rischiano il processo Marco Antonino Setti, direttore da dicembre 2009 a settembre 2012, che comparirà davanti al giudice per l’udienza preliminare il prossimo 12 ottobre. Due settimane dopo, sarà il turno dei suoi successori Gaetano De Santis e Pietro Maugeri, ancora alla guida della raffineria. In passato, la procura di Barcellona Pozzo di Gotto aveva chiesto l’archiviazione del procedimento a carico di Saetti ma le 27 persone offese citate nel provvedimento si sono opposte e il gip del Tribunale, respingendo la richiesta dei pm, ha ordinato agli stessi di formulare l’imputazione coatta che ha portato all’iscrizione anche di De Santis e Maugeri.
Secondo il pm Federica Paiola, sono stati “violati” i valori limite delle emissioni e, poiché non venivano impiegate le migliori tecnologie disponibili, nelle zone limitrofe allo stabilimento per almeno 5 anni si è verificato “un disastro, da cui derivava un concreto ed effettivo pericolo per la pubblica incolumità”. In particolare, scrivono i magistrati, “un’eccezionale diffusione, nella popolaizone dimorante nelle località e nei Comuni limitrofi allo stabilimento, di patologie” come l’asma e “tumori” all’ipofisi, alla laringe e all’apparato respiratorio, “anche mortali”.
Lo scorso novembre, la stessa pm Paiola, assieme al collega Emanuele Crescenti, aveva chiesto e ottenuto dal gup il rinvio a giudizio il processo per 17 persone per l’esposizione all’amianto degli operai della stessa raffineria. Alcuni di loro sono morti, altri si sono ammalati, e per questo gli imputati dovranno rispondere di omicidio colposo e di omissione colposa di cautele per non avere evitato il contatto con l’asbesto fino all’autunno del 2012.