Nel 1973 usciva Life Size (Grandezza naturale) del regista spagnolo Luis García Berlanga, laddove un dentista (interpretato da Michel Piccoli) appartenente alla borghesia parigina e sposato con una donna bella e affascinante (l’attrice è la splendida triestina Rada Rassimov), si innamora follemente di una bambola gonfiabile (allora c’erano solo quelle) finendo per uccidersi quando lei viene “stuprata” da un gruppo di ragazzi. Un film altamente simbolico e tristissimo che annunciava, già 45 anni fa, un futuro inquietante quanto a rapporti umani. O disumani.
L’annunciata apertura di un bordello torinese dove al posto delle donne ci sono bambole in silicone (di gran lunga più realistiche di quella del film di Berlanga) non cade certo come un fulmine a ciel sereno. Già lo scorso anno, lo stesso gruppo che ora vorrebbe sbarcare in Italia, Lumi Dolls, aveva inaugurato a Barcellona, nei pressi del Football Club Barcelona’s Stadium, un’analoga casa di tolleranza per amanti del sesso al silicone, salvo poi chiuderlo pochi mesi dopo causa sfratto.
A Parigi, poi, Lumi Dolls, gestito dal catalano Joachim Lousquy che in precedenza si occupava di sigarette elettroniche, è stato oggetto di strali da parte dell’area politica comunista (non si smentiscono mai, quanto a moralismo, dai tempi in cui Pier Paolo Pasolini fu cacciato dal Pci) e dell’avvocatessa femminista Lorraine Questiaux, che affermava: “In Francia ogni anno ci sono 86mila donne violentate. Non è un sexy shop, è un luogo in cui si generano soldi e dove si violenta una donna”. Forse la signora esagerava un po’, ma varrebbe la pena di aprire un dialogo sul tema.
A Mosca, Lumi Dolls ha approfittato del Mondiale di calcio per cavalcare l’onda del turismo sportivo e invitare i tifosi a “fare visita” alle sue bambolone. Che succederà il 3 settembre quando aprirà nel capoluogo piemontese? Inimmaginabile. O forse, immaginabile. Vedremo. Ci sono un po’ troppi top secret in questa iniziativa: l’indirizzo, i nomi dei promotori, i meccanismi di approccio.
Del resto, se clicco sul sito di Lumi Dolls, trovo le città in cui sarebbe presente (ma solo Barcellona, Mosca e Torino) con foto delle prostitute in silicone battezzate con nomi accattivanti, come in un qualsiasi sito di escort. C’è poi l’area in cui troviamo le sexy-pupazze in vendita per chi desiderasse portarsele a casa (Everard Cunion, in Gran Bretagna, convive con 20 di loro); i prezzi sono alti (anche se alcune sono “in saldo”). Un esempio: su Lumi Dolls store, Leona, dal triste sguardo, la paghi 1199 euro (scontata), mentre su Amazon la cinese Shengmeilianhuajiaoyu (scritto proprio così) te la offre a 74 euro, in offerta. La stessa, identica. Uno dei due ciurla nel manico, ovvio. Infine, un appello di Lumi Dolls al franchising: chi vuole aprire un casino analogo, ci contatti.
Attenzione, però, non si tratta di bambole gonfiabili, ma di “manichini snodabili e resistenti all’acqua. Le forme e le dimensioni sono quelle di corpi umani” che “vi faranno godere della sessualità in un modo completamente diverso, in uno spazio lussuoso, assolutamente riservato e del tutto legale”. E con le bambole iperrealistiche “potrete realizzare tutte le vostre fantasie fin nei minimi dettagli”, annunciano i promotori. In realtà, di luoghi analoghi ne esistono altri, fuori dal circuito Lumi Dolls: in Germania, ad esempio, c’è il Bordoll a Dortmund, dove anche Le Iene – definendo ciò che fanno i frequentatori del bordello tedesco “perversioni”, termine già cancellato da anni dalla nosografia psichiatrica – hanno realizzato un servizio in onda lo scorso 20 aprile.
Ma il punto chiave è: perché un uomo (o una donna o un gay, perché c’è anche qualche bambolo con il pene) gode a spupazzarsi una pupazza per 80 euro? Fatti suoi, certo. Un fenomeno inarrestabile? Parrebbe di sì, visti i progressi della robotica quanto a fedeltà di riproduzione di corpi umani. Ci attendono scenari alla Blade Runner, laddove sarà difficile distinguere un umano da un androide? A me viene da pensare – sottraendomi a qualsiasi conclusione sociologica che lascio agli specialisti – che alla base del fenomeno ci sia un’insuperabile incomunicabilità fra esseri umani, troppa sessuofobia, troppo moralismo, troppa Chiesa e che viviamo un sesso mediaticamente mostrato, ma poco concretizzato.
Facendo sesso con un “essere” anche di bell’aspetto, ma pur sempre fatto di elastomero termoplastico (oppure con un piccolo oggetto in silicone dotato dei due buchi canonici, perché esiste anche questo, in commercio) si scopa necrofilisticamente con se stessi non con un’altra persona. Ma allora non è meglio una bella sega?