“Stiamo svendendo Bologna a interessi privati che si giocano fuori dal nostro Comune”, dice Roberta Bartoletti del comitato Rigenerazione no Speculazione, che da oltre un anno si batte per il mantenimento e la valorizzazione del parco. Il gruppo ha raccolto oltre 8.000 firme per cambiare il piano urbanistico, ma il disboscamento dei primi due ettari è già partito
Nel 1909 è stato il primo campo ufficiale del Bologna Calcio ma ora rischia di scomparire proprio per finanziare il progetto di ristrutturazione dello stadio Dall’Ara. Sulla parte orientale dei Prati di Caprara, un bosco che si sviluppa per 47 ettari appena dietro all’ospedale Maggiore, l’amministrazione comunale ha già deciso che sorgerà un nuovo quartiere, con più di 1.300 unità abitative e mille metri quadrati di terziario e servizi. E anche se il sindaco del Partito democratico Virginio Merola, solo due anni fa, diceva di voler trasformare quest’area nel più grande parco della città, ora si sta per concludere l’affare che riguarda la zona ovest: andrà con tutta probabilità a una cordata di imprenditori privati di cui fa parte anche il canadese Joey Saputo, presidente del Bologna Calcio, come area compensativa in cambio della ristrutturazione dello stadio. Un’operazione che coinvolge anche la Ece, colosso tedesco dei centri commerciali, pronta a costruire un outlet al posto di uno dei polmoni verdi della città. “Stiamo svendendo Bologna a interessi privati che si giocano fuori dal nostro Comune”, dice Roberta Bartoletti del comitato Rigenerazione no Speculazione, che da oltre un anno si batte per il mantenimento e la valorizzazione del parco. “Ci stupisce il grande beneficio economico riconosciuto a questi imprenditori: li si vuole ricompensare per un investimento dal quale loro stessi guadagneranno. E per farlo si distrugge un grande patrimoniodi salute pubblica, un bene comune che lavora gratuitamente per tutta la città”.
La costruzione del nuovo quartiere, spiega la Bartoletti, è consentita dal piano operativo comunale del 2016: “È una possibilità che il comune aveva messo in campo negoziando con il Demanio, ma il piano è aberrante: siamo a pochi metri dalle mura, sull’asse trafficatissima della via Emilia. Un’area molto inquinata e congestionata dal punto di vista del traffico già ora, senza quest’area verde la situazione ambientale potrà solo peggiorare”. Il Comitato ha raccolto oltre 8.000 firme di cittadini che chiedono di cambiare il piano urbanistico, ma il disboscamento dei primi due ettari dei Prati di Caprara è partito in aprile con l’obiettivo, dichiarato dal Comune, di costruire una nuova scuola. Una necessità respinta con forza dal Comitato: “Se proprio ci fosse bisogno di un nuovo istituto si potrebbero ricostruire le vicine scuole Carracci che sono chiuse dal 2010 perché pericolanti”, lamentano gli attivisti. “L’amministrazione lo fa per attenuare agli occhi dei cittadini lo scempio del taglio del bosco per poi proseguire con il disboscamento per la speculazione edilizia”.
La giunta ha anche detto di voler conservare l’area boschiva, ma il metodi di abbattimento degli alberi utilizzato nei primi mesi sembra andare in un’altra direzione: “Di solito le tecniche di bonifica sono commisurate alle destinazione che si vuole dare agli spazi urbani: se si volesse mantenere un bosco non ci sarebbe bisogno di scavare fino a 5 metri in profondità come fatto finora per cercare potenziali ordigni”, sostiene ancora Bartoletti. A inizio luglio infatti i lavori del cantiere per la costruzione della nuova scuola sono stati interrotti per rimuovere del materiale bellico trovato nell’area, che in passato era stata utilizzata anche come caserma, prima di passare definitivamente nella mani del Demanio: “Hanno trovato ferri vecchi e bombe del ‘45. Tutti sanno che l’area dei Prati è stata bombardata, due volte per l’esattezza, quindi e’ naturale che si possano trovare ordigni bellici inesplosi. A noi tutto ciò sembra invece una prova per verificare i costi di edificabilità di quell’area”.
Costi che interessano soprattutto quegli imprenditori che hanno presentato un progetto per la zona est dei Prati di Caprara, diventata centrale nell’affare della ristrutturazione dello stadio dall’Ara. L’area è di proprietà di Invimit, società a capitale pubblico del ministero dell’economia, che come spiega la Bartoletti “ha un partenariato con vari investitori privati: oltre al Bologna Calcio ci sono anche costruttori, gestori di centri commerciali e produttori di merci destinate a questi centri”. Non solo lo stadio quindi, ma anche l’indotto che sarà generato dalle attività collegate, con l’outlet della tedesca Ece in prima linea. Ed è il Comune che deve valutare l’interesse pubblico del progetto: “Per noi si tratta solo di edificazione spinta, che produrrà un incremento del traffico e il peggioramento della qualità dell’aria”, dice la Bartoletti. “Se il progetto economico di ristrutturazione dello stadio fa acqua da tutte le parti, il Comune non può pensare di regalare pezzi di città a questi imprenditori. Sono capitalisti che trovano il modo di far quadrare i loro conti su quest’impresa economica: non lasciamo che la città venga disegnata dagli interessi economici di chi viene da fuori”, è l’appello della Bartoletti e di tutti i cittadini che hanno aderito al Comitato.