“Da un giorno all’altro mio padre mi disse che non potevamo più andare a scuola e da allora non ho più visto i miei compagni di banco”. A parlare è Guido Cava, 88 anni nato a Pisa, che fu uno tra le migliaia di studenti che nel 1938 dovettero lasciare gli studi dopo l’emanazione del Regio decreto numero 1381, ovvero le leggi razziali volute da Benito Mussolini e dall’allora Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai. Cava all’epoca aveva solo otto anni e frequentava la scuola elementare Regina Margherita di Genova: “Quando mio padre venne a dirmi che non avrei più potuto frequentare la scuola insieme a tutti i miei amici, non capivo – racconta al fattoquotidiano.it – Era così frustrante: poi quando tornai a Pisa compresi subito, anche se ero bambino, che non avremmo più potuto fare la solita vita di sempre”. Il prossimo 20 settembre, in occasione dell’ottantesimo anniversario dalle leggi razziali, ci sarà anche lui alla Cerimonia delle scuse e del ricordo organizzata dall’Università di Pisa, in collaborazione con la Scuola Normale e l’Imt di Lucca, in cui i rettori di tutti gli atenei italiani chiederanno scusa per l’epurazione di studenti e professori ebrei da scuole e Università. “Mi sembra una decisione un po’ tardiva – conclude Cava che oggi è Presidente emerito della Comunità ebraica pisana – ma comunque meglio tardi che mai, le scuse fanno sempre bene”.

L’Università di Pisa fu una delle più colpite dalle leggi razziali, firmate dal re Vittorio Emanuele III proprio nella sua dimora di San Rossore a pochi chilometri dalla torre pendente: secondo i dati riportati nel libro La doppia epurazione, l’Università di Pisa e le leggi razziali tra guerra e dopo guerra scritto dalle studiose Francesca Pelini e Ilaria Pavan, qui i docenti espulsi furono 20 (pari al 5,3% dell’intero corpo docente) mentre tra il 1938 e il 1940 gli studenti che riuscirono a completare gli studi furono solo 4. Tra loro c’era il giovane livornese Elio Toaff, futuro rabbino di Roma scomparso nel 2015, che riuscì a laurearsi in giurisprudenza pur non trovando alcun relatore che lo volesse seguire per la sua tesi di laurea: alla fine accettò Lorenzo Mossa, docente di diritto commerciale, e il giorno della discussione Toaff non si presentò in camicia nera come prescritto dalle regole di ateneo ormai fascistizzato ma con una camicia bianca e un paio di pantaloni a righe. “Alla discussione finale il preside della facoltà, Cesarini Sforza, buttò la toga sulla cattedra e uscì sbattendo la porta – racconterà Toaff anni dopo – che un ebreo potesse ottenere la laurea era superiore alla sua sopportazione”.

Tra i Professori che furono costretti a lasciare la cattedra e ad emigrare ci fu Emilio Franco, docente di Anatomia Patologica e tra i medici più conosciuti d’Italia. Dopo le esperienze a Lisbona e Bari, arrivò a Pisa nel 1937 e il giorno dell’emanazione dei “Provvedimenti della razza nella scuola” fu emarginato anche all’interno dell’ateneo e nella comunità dei medici. Quel giorno ricevette un solo biglietto dal Professor Califano, ordinario di Microbiologia a Napoli, riportato nei suoi Fascicoli Personali: “In questo momento di grande, comune tristezza giunga l’espressione della mia affettuosa amicizia, con l’augurio che sia per Lei qualche possibilità, come combattente e decorato, di salvezza”. Con le leggi razziali, a Franco fu tolto il passaporto per espatriare, riottenuto un anno dopo solo grazie alla sua amicizia con l’ambasciatore reale Giacomo Paolucci a cui chiese aiuto anche per la sorella e la cugina che vivevano con lui. Nel 1939 il Professore di Anatomia riuscì a lasciare l’Italia verso Gerusalemme dove fu chiamato a dirigere l’Isitituto gerosolimitano.

A questi e alle altre centinaia di Professori e studenti, l’Università italiana chiederà scusa il prossimo 20 settembre. La cerimonia solenne, che aprirà tre giorni di conferenze sul tema, si terrà nel cortile della Sapienza di Pisa dove si riunirà anche la Crui, la conferenza mensile dei rettori di tutta Italia. Per la prima volta nella storia italiana l’Università non solo ricorderà quel periodo terribile ma chiederà ufficialmente scusa a tutto il mondo accademico e studentesco che dal 1938 in poi fu perseguitato ed espulso per la propria religione e costretto ad emigrare all’estero. “Stiamo pensando a questa iniziativa da oltre un anno – dice al fatto.it il rettore dell’Università di Pisa, Paolo Mancarella – insieme ai miei colleghi provenienti da tutta Italia sentivamo forte il bisogno di rimediare ad una mancanza durata troppo a lungo e per questo abbiamo organizzato la cerimonia delle scuse e del ricordo”. Secondo il rettore dell’ateneo di Firenze Luigi Dei, inoltre, quella di quest’anno non sarà una commemorazione come tante altre: “Le Università italiane saranno compatte in un monito forte per il presente e per il futuro – ha detto al Corriere Fiorentino – e servirà per riaccendere l’attenzione su quello che può riaccadere”.

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