Giorni di insulti e minacce l’hanno spinta a scrivere al Quirinale perché “la gravità di quanto accaduto va molto al di là della sua persona”. Annamaria Abate, madre di Raffaele Ariano, il ricercatore 32enne che ha denunciato sul proprio profilo Facebook l’annuncio razzista diffuso dalla capotreno di Trenord, ha inviato una lettera aperta a Sergio Mattarella. Perché da giorni la bacheca del giovane è presa di mira da commenti dai ‘toni forti’ e di scherno da parte di chi difendeva l’operato della ferroviera – dalla parte della quale si era schierato anche Matteo Salvini – che aveva invitato gli “zingari a scendere perché hanno rotto il c…”. Minacce veicolate, secondo la donna, anche per colpa della Lega. Una ricostruzione che ha spinto il ministro dell’Interno a rispondere: “Non commento le sciocchezze, ho cose più importanti di cui occuparmi che di persone in cerca di pubblicità“.

La madre di Ariano ha così ripercorso l’episodio che ha coinvolto il figlio: “È un privato cittadino: non un politico, non un opinionista, non una figura pubblica. Come comune cittadino ha segnalato un’azione scorretta di un capotreno, un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. Per farlo ha scritto con toni pacati e rispettosi un post sul suo profilo Facebook e una lettera a un giornale locale”, inizia così la lettera aperta.

Poi inizia la ricostruzione della Abate, pubblicata integralmente da Articolo 21: “Nei giorni successivi, sulla pagina Facebook Ufficiale “Lega-Salvini Premier”, è comparso un post che indicava in Raffaele il responsabile del possibile licenziamento della capotreno (licenziamento mai auspicato da mio figlio e di cui non è comparsa mai menzione nei comunicati di Trenord), con tanto di fotografia, nome e cognome e un link diretto alla sua pagina Facebook con la seguente frase: “State con la capotreno o con il denunciatore, Raffaele Ariano?””. Così, ricostruisce Abate, “a partire dal post di “Lega-Salvini Premier” è seguito un vero e proprio linciaggio mediatico da parte di sostenitori della Lega e di gruppi neo-fascisti come CasaPound e Forza nuova, contenenti ingiurie e minacce all’incolumità fisica di mio figlio e della nostra famiglia”.

“Per pudore – continua annunciando che il figlio è pronto a tutelarsi legalmente – e rispetto mi astengo dal riportar queste frasi, ma come si può evincere dal materiale documentale consegnato alla polizia, vi sono stati scandagliati i più bui recessi della barbarie umana e civile: epiteti razzisti, omofobi e misogini, diffamazioni sulla sua professionalità, centinaia di minacce di violenza fisica, con tanto di pubblicazione del nostro indirizzo di casa e promesse di incursioni punitive”.

La “gravità di quanto accaduto”, spiega la donna, “va, però, molto al di là della sua persona: l’aggressione e il linciaggio mediatico che si è riversato su mio figlio, per il sol fatto di aver chiesto pubblicamente il rispetto di principi e valori scritti nella nostra Costituzione, potrebbero colpire chiunque. Quanto accaduto è un fatto politico che riguarda la nostra democrazia. La responsabilità degli insulti e delle minacce da parte degli odiatori del web è certamente personale, ma i cinquantamila commenti sul profilo di un privato cittadino non vi sono arrivati spontaneamente, bensì – per quanto ci risulta – sollecitati e guidati direttamente dalla pagina Ufficiale “Lega-Salvini Premier”.

Quindi pone alcune domande a Mattarella sul “ruolo” della Lega nel fiume d’odio riversato sul profilo Facebook del 32enne, costretto a impostare la privacy su privato: “Allora mi chiedo: può essere tollerato che dalla pagina della forza politica il cui segretario è anche ministro dell’Interno si fomenti intenzionalmente una tale campagna d’odio? È tollerabile in uno Stato di diritto che un privato cittadino possa essere minacciato nella sua incolumità per azioni riconducibili al Ministro preposto all’ordine e alla sicurezza di tutti i cittadini? In un Paese dove il Ministro dell’Interno avesse la possibilità di chiudere la bocca a chi osa dissentire su un qualsiasi tema di pubblico interesse, ci si sente più o meno sicuri?”.

“Temo che accettare supinamente quanto è successo crei un precedente pericoloso, se non inaccettabile, per tutti – continua Abate – Altri, in futuro, potrebbero subire intimidazioni o, addirittura, arrivare a autolimitarsi preventivamente nell’esercizio del diritto alla libertà di manifestazione del pensiero. Quando un cittadino si trova a temere per la propria incolumità a causa di forze più grandi di lui solo per aver espresso un’opinione, per di più a difesa della pari dignità delle persone e dei principi democratici su cui si fonda il suo Paese, si prospettano tempi bui”. Quindi la richiesta: “Confidando nella Sua persona e nel ruolo che ricopre, affido a Lei questi inquietanti quesiti e Le chiedo, rispettosamente, come cittadina e come madre, di valutare un Suo intervento, secondo i Suoi poteri e prerogative costituzionali, a tutela dei nostri diritti di cittadini italiani, del nostro ordinamento e dei valori democratici su cui si fonda”.

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