Fare l’amore con le piante per salvare il pianeta. Si torna a parlare di “ecosessualità” e lo si torna a fare attraverso la contestata visione di un’opera d’arte. Casus belli l’installazione video Pteridophilia del videoartista cinese Zheng Bo in loop da due mesi nell’ambito della manifestazione d’arte contemporanea Manifesta a Palermo. L’opera si trova nell’Orto botanico e “mostra su alcuni monitor disposti tra gli alberi scene erotiche tra l’uomo e le piante”.
Sette i giovani protagonisti del video che durante una camminata in una foresta entrano volontariamente in contatto con delle felci. Uno dei ragazzi pratica sesso orale, o qualcosa del genere, ad una delle piante. “Stabiliscono relazioni emotive e fisiche con le piante, facendo affidamento sui loro corpi piuttosto che sulle parole”, spiega il catalogo online riferendosi all’opera dell’artista cinese. “Le felci sono piante molto diffuse a Taiwan e sono apprezzate dalle tribù locali, ma non sono considerate preziose dai coloni giapponesi”. Insomma, prima di arrivare ad un sottotesto apparentemente politico, la mera esibizione dell’atto sessuale uomo/pianta a Manifesta ha creato un certo fastidio a parecchi palermitani giunti in gran numero a seguire la kermesse di successo. Non è la prima volta che l’ecosessualità sbarca nel contesto della performance audiovisiva e teatrale contemporanea.
Nel 2017 al Festival di Santarcangelo di Romagna, con lo sconforto del consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Matteo Montevecchi, andato su tutte le furie, era stato proposto Club Ecosex. L’opera del duo australiano Pony Express, ispirata al manifesto “ecosex” di Annie Sprinkle ed Elizabeth Stephens, proponeva una sorta di camera oscura screziata da un video a parete e diversi spazi/giardinetti con piante, fiori, terriccio, pagliuzze e radici dove ognuno poteva esercitare la sua “inclinazione” all’ecosessualità. “Per noi tutti sono un po’ ecosessuali”, spiegarono dal festival i due autori. “Chi fa parte di questo orientamento sessuale, considera l’ambiente naturale come un’amante”. Insomma, va bene la radicalizzazione estetizzante ed artistica, ma alla base dell’ecosessualità sembra esserci una miscela equivalente di ammaliante erotismo e puro ecologismo.
Basta dare un’occhiata all’ecomanifesto di Sprinkle e Stephens per capire di che parliamo. “Il pianeta Terra è il nostro amante”, è scritto al punto 1. “Noi ne siamo pazzamente, fieramente, appassionatamente innamorati, e siamo grati di questa relazione intima ogni giorno”. Punto 2: “Noi siamo acquofili, terrofili, aeorifili, ecc… Abbracciamo senza vergogna gli alberi, massaggiamo la terra con i nostri piedi e parliamo eroticamente alle piante (…) Facciamo l’amore con la Terra attraverso i nostri sensi”. Nulla di che scandalizzarsi, quindi. Anche se nel 2016 dopo un articolo di Vice qualche timore si era verificato a livello di possibili patologie. Tra gli intervistati la dottoressa Amanda Morgan, coinvolta essa stessa nel movimento ecosessuale aveva affermato che l’ecosessualità “potrebbe essere misurata in un senso non dissimile dalla scala Kinsey”: da un lato quelle persone che cercano di utilizzare prodotti ecosostenibili o che amano nuotare e camminare nudi. Dall’altro persone “che si rotolano per terra e ricoperti di terriccio provano ripetuti orgasmi, o gente che scopa gli alberi o si masturba sotto una cascata”.