Mario Conte, sindaco leghista di Treviso, ci sarà. Il suo collega di partito, Massimo Bergamin, primo cittadino di Rovigo, invece manderà a rappresentarlo il vice Andrea Bimbatti, di Forza Italia. Di fronte alle decisioni del governo di congelare per due anni i fondi destinati alle periferie della grandi città, i rappresentanti leghisti non si sfilano dalla protesta dei sindaci delle città capoluogo del Veneto che alla vigilia di Ferragosto si incontrano a Venezia per decidere un fronte comune di richieste da inoltrare alla maggioranza giallo-verde. Il disagio degli amministratori è palpabile.
Lo stop al piano per le periferie blocca investimenti per circa 40 milioni (in realtà 72 con i fondi dei privati) solo nell’area metropolitana di Venezia, dove sono previsti interventi – ad esempio – nell’ex Casinò del Lido, sui forti di Mestre e sulle stazioni ferroviarie. In Veneto il totale complessivo è di 118 milioni, di cui quasi 18 già erogati. Ma l’entità complessiva delle opere che si fermeranno potrebbe addirittura raddoppiare. In Friuli Venezia Giulia i fondi sospesi ammontano a 80 milioni, di cui una trentina a Udine, 22 a Pordenone, gli altri soprattutto a Trieste e in misura minore a Gorizia.
Una preoccupazione perché i Comuni hanno già speso e stanno spendendo soldi per la progettazione di opere a cui vengono meno le risorse. In qualche caso i cantieri sono già aperti o stanno per partire. In altri casi tutto era pronto per indire le gare. Comunque una bella grana, che la Lega Nord non può ignorare, considerando il numero di amministrazioni che essa controlla sia in Veneto che in Friuli, o che sono riconducibili al centrodestra. Ai vertici delle due regioni siedono due governatori leghisti, Luca Zaia a Venezia e Massimiliano Fedriga a Trieste.
Il primo ha seguito finora un basso profilo, anche se il governo ha motivato il congelamento di quasi 2 miliardi di euro con la decisione della Consulta che è stata chiesta proprio dal Veneto, per il mancato coinvolgimento delle regioni. “La Corte Costituzionale si è espressa su ricorso della Regione Veneto – ha spiegato nei giorni scorsi il sottosegretario leghista all’economia Massimo Bitonci, ex sindaco di Padova – Il Governo avrebbe dovuto raggiungere un’intesa con le Regioni. Noi lavoreremo perché i buoni progetti di tutti i Comuni vengano comunque recuperati”. E i parlamentari veneti della Lega hanno cercato di ributtare verso il centrosinistra le responsabilità: “Sul Fondo Periferie è evidente il grave errore commesso dal Pd, stoppato dalla Corte Costituzionale, in quanto il decreto non prevede un’intesa con gli enti territoriali in relazione ai settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale. Solo il 15 per cento dei progetti del bando risulta immediatamente esecutivo. Per porre rimedio a questo errore grossolano, il governo ha deciso di posticipare 96 progetti dei Comuni capoluogo e delle Città Metropolitane”.
Il governatore Fedriga, che evidentemente è in stretto contatto con i ministri leghisti, in un’intervista al Gazzettino ha dichiarato: “Ho chiesto un incontro con il ministero dell’Economia per trovare rapidamente una soluzione, tuttavia credo che una strada buona da percorrere sia quella dell’anticipo dei fondi da parte della Cassa depositi e prestiti, con restituzione fra due anni. Così i lavori possono essere avviati subito”. Un escamotage.
Il colpo è stato comunque accusato dai sindaci veneti e friulani di stretta osservanza leghista, mentre quelli genericamente di centrodestra sono stati molto più critici nei confronti del governo. “Non posso essere soddisfatto”, ha dichiarato il sindaco di Treviso, Mario Conte, fedelissimo del vicepremier Matteo Salvini e del segretario regionale della Lega Nord-Liga Veneta, Antonio Da Re. “Ma questo decreto è stato votato anche dal Pd. Contatterò i nostri parlamentari perché questa decisione venga rivista. Il comune di Treviso, a oggi, si è già esposto per 350mila euro serviti alla progettazione e ha previsto gli investimenti con i 14 milioni di euro stanziati. Se venissero bloccati per i prossimi due anni, sarebbe un problema serio”. Conte sembra, quindi, fautore di una linea diplomatica con Roma. Ma non del tutto, perché i 14 milioni che la città rischia di perdere sono parecchi: “Se c’è qualcosa che non va, non ho problemi a criticare il governo amico”.
Nei giorni scorsi ha telefonato al viceministro all’Economia, Massimo Garavaglia. E poi ha annunciato ai giornali locali: “Il viceministro ha spiegato che non c’è da preoccuparsi: dal primo gennaio i Comuni potranno usare e spendere l’avanzo di bilancio, ovviamente quella parte non vincolata dalle stesse amministrazioni”. Chissà se è questo il messaggio che il sindaco di Treviso porterà a Venezia per evitare che parta dal Veneto la fronda anti-governativa. A Rovigo il sindaco leghista Massimo Bergamin manda a Venezia il vice Bimbatti (Forza Italia), che senza peli sulla lingua dichiara: “È un provvedimento drammatico”. Il riferimento è al progetto di acquisizione e recupero dell’ex ospedale Maddalena, un progetto da 13 milioni e mezzo di euro, finanziato dal Bando Periferie. L’incontro di Venezia ha come promotori il sindaco veneziano Luigi Brugnaro (centrodestra) e quello padovano Sergio Giordani (centrosinistra) che nei giorni scorsi ha chiesto a Zaia di schierarsi.
In Friuli il Comune che rischia di subire il maggiore contraccolpo (30 milioni di euro) è quello di Udine, alla cui guida c’è Pietro Fontanini, ex presidente della Provincia, un leghista di fresca nomina. Che dichiara: “Sono preoccupato, ma allo stesso tempo, visto che si tratta di un emendamento e deve ancora essere esaminato alla Camera, ho la speranza che si possa fare un passo indietro. C’è il tempo per capire come muoverci e fare assieme alla Regione un’azione comune, affinché il piano non venga bloccato per due anni, soprattutto per quei Comuni che hanno già preparato tutti gli incartamenti e sono avanti con la progettazione”. A Udine avevano spedito i documenti riguardanti una ventina di progetti il 3 agosto, poco prima della doccia fredda.