Diritti

Sui nostri nonni che migrarono clandestinamente in Francia e Svizzera

C’è chi – preso dal razzismo usa-e-getta sdoganato da Salvini & c. – nega che l’emigrazione italiana sia stata un dramma paragonabile a quello dei migranti che arrivano oggi nel nostro Paese e nel resto d’Europa. Nega pure che molti dei nostri nonni e bisnonni siano emigrati clandestinamente. O sostiene che, se è accaduto, si tratta di vecchie vicende ottocentesche, come l’eccidio di italiani in Francia raccontato nel precedente post.

Un libro uscito nel 2009 ci aiuta a capire, raccontando, con documenti (e non pregiudizi) alla mano, quello che (ci) è successo 70 anni fa e anche più recentemente. Si intitola Il cammino della speranza. L’emigrazione clandestina degli italiani nel secondo dopoguerra, scritto per Einaudi da Sandro Rinauro, docente di Geografia politica ed economica nel Dipartimento di Studi internazionali dell’Università statale di Milano. Leggendolo, le analogie con la tragedia dei migranti di oggi non possono sfuggire, incluso l’attraversamento a piedi delle Alpi in pieno inverno, senza scarpe e abiti adatti, e la vita da schiavi in cantieri e campagne.

I politici italiani al governo nel Dopoguerra incoraggiarono l’emigrazione italiana per evitare i contrasti sociali legati alla miseria e scongiurare una svolta a sinistra dell’elettorato. Misero a tacere persino le proteste dell’Azione Cattolica e della Società Umanitaria di Milano a proposito della drammatica situazione dei nostri minatori in Belgio: soltanto dopo la tragedia di Marcinelle, dove ne morirono più di cento, sospesero gli ingaggi quasi forzati nelle miniere belghe; rinunciarono pure all’azione congiunta con la Germania ed altri Paesi europei contro la Francia, che arruolava a forza nella Legione straniera parecchi nostri emigrati clandestini, anche minorenni.

Molte pagine del libro sono dedicate ai rapporti tra l’Italia, uscita sconfitta dalla Seconda guerra mondiale, e la Francia, che – aggredita dai fascisti nel 1940, quando era già stata invasa dai tedeschi – era fra le potenze vincitrici. Una volta falliti gli accordi ufficiali, i francesi favorirono l’immigrazione illegale, gradita agli imprenditori per ottenere vantaggi economici enormi, visto che potevano trattare i dipendenti quasi come schiavi.

Gli immigrati italiani erano necessari per mancanza di manodopera nelle miniere e in agricoltura e anche per motivi demografici.
Così il governo francese di fatto non ostacolò i clandestini, anche se – per salvare le apparenze – bloccava gli emigranti davanti ai varchi di frontiera ufficiali. Il tentativo di entrare clandestinamente in Francia provocò così molte vittime e molte sofferenze, sottoponendo gli italiani in fuga dalla miseria, le loro mogli e i loro figli piccoli a gravissimi rischi. Spesso infatti dovevano valicare i passi alpini senza attrezzatura, senza conoscere i pericoli, malnutriti, mal equipaggiati, stracarichi dei loro poveri averi.

E le migliaia di italiani, prigionieri di guerra e immigrati clandestini, costretti ad arruolarsi nella Legione straniera? Molti di loro perirono nel 1954 per difendere la collina di Dien Bien Phu, in  Vietnam, allora colonia francese, dagli attacchi delle forze Viet Minh, che vinsero la battaglia e la guerra d’Indocina: 1.300 i morti italiani su 5.000 legionari schierati a difesa.

Anche la Svizzera si distinse per la sua disumanità: tra 10.000 e 15.000 bimbi dovettero nascondersi perché la Confederazione elvetica non ammetteva i ricongiungimenti. Rimanevano chiusi nelle case o nelle baracche, senza poter andare scuola. E magari i loro genitori venivano rimpatriati se c’era aria di recessione, come accadde nel 1973.

Ora in Italia, come allora in Svizzera e Francia, i migranti sono persone da spremere, sempre ricattabili. Considerando che la casa editrice Einaudi fa parte delle proprietà di Silvio Berlusconi, potrebbe essere opportuno che leggesse una copia (senza sborsare un euro) di quel libro e ne regalasse qualcuna anche ai suoi alleati Salvini e Meloni. Non si finisce mai di imparare.

D’altra parte nel 1950 – quando il cinema italiano era realista, impegnato e serio – Pietro Germi presentò un film con lo stesso titolo ripreso dal libro, che ne usa un fotogramma per la copertina. La trama è questa. Una solfatara siciliana chiude. Gli uomini del paese si trovano costretti a interrompere lo sciopero della fame che avevano avviato. Senza più lavoro e senza più niente che li tenga legati alla loro terra, decidono di andare in Francia. Partono tutti, ma devono viaggiare ed emigrare clandestinamente, perché la Francia in teoria lo vieta. Consigliatissimo. Si può vedere su RaiPlay.