La politica spettacolo arrivò a Genova esattamente dieci anni fa, avendo come materia da teatralizzare il futuro del ponte fatale; che poi sarebbe diventato assassino.

Sino ad allora sul panorama politico locale vigeva la cappa di piombo dell’afasia da puro presidio di una sinistra “rosso antico”, che presumeva di essere seduta su un capitale di consensi elettorali destinati a durare per l’eternità. Il tema divenne irresistibile per l’amministrazione della sindaco Vincenzi (successivamente trasformata in capro espiratorio e massacrata per un’alluvione che tirava in ballo ben più estese catene di responsabilità) al fine di uscire dall’isolamento politico conseguente ai contasti con il city boss Claudio Burlando. Perciò venne “tagliato” dalla Giunta cittadina un assessore leale e sostituito con un sindacalista in quel momento all’orecchio burlandiano, Andrea  Ranieri; tipico snob di una sinistra di provincia, che ritiene l’arabesco il modo più lineare di procedere.

La new entry consigliò la leader, già di per sé affascinata dall’up-to-date, di impostare la questione infrastrutturale secondo le più gettonate tecniche europee. In particolare l’imponente infrastruttura che scavalca il torrente Polcevera connettendo l’intero ponente ligure urbano ed extra-urbano: il Morandi, varato nel 1960 e portato a compimento nel 1966, che già allora dava evidenti segni di cedimento.

Per questo venne ingaggiato un team di presunti esperti in procedure decisionali democratiche guidato da Luigi Bobbio e varata un’operazione ad alto strombazzamento: il débat public alla francese, primo caso nazionale di deliberazione di base su una grande opera infrastrutturale. Con una pericolosa tendenza a esagerare (le soluzioni proposte alla cittadinanza in materia di tracciati erano sette) e una dimenticanza sospetta (a differenza del modello, le varie ipotesi sottoposte al pubblico vaglio ignoravano “l’opzione zero”, cioè il rifiuto dell’intervento).

Nell’aprile 2009 partì la consultazione, che si tradusse in concitate assemblee di pura contestazione della politica comunale (e di sbeffeggiamento del team Bobbio), anche per l’effetto terrorizzante della scelta maldestra dei sette itinerari; che moltiplicava le platee di abitati della Val Polcevera potenzialmente coinvolte nei previsti espropri. Gradatamente la concitazione scivolò in vere e proprie sollevazioni popolari che suggerirono di lasciar perdere con le velleità di fare “l’amministrazione fenomeno”. Anche perché, nel frattempo, il Comune aveva ricevuto il premio europeo delle smart cities per la prevenzione tecnologica delle catastrofi naturali. Riconoscimento che sarà presto messo in discussione dalle piogge autunnali che avrebbero gonfiato i ruscelli affluenti del torrente Bisagno, con gli immancabili effetti mortali.

Sicché la questione del certificato prossimo collasso del Morandi venne accantonata, delegandola alle “pezze a freddo” della manutenzione ordinaria (ancora la notte del 13 agosto scorso si procedeva a riparazioni della struttura). Con i tragici effetti che sono sotto gli occhi di tutti. Clamoroso manifesto di incuria amministrativa, nell’ormai avvenuto passaggio di consegne tra la sinistra afasica e presidiatrice e una destra chiacchierona e strumentalizzatrice; entrambe inette ad affrontare concretamente qualsivoglia problema. Mentre l’AltraPolitica in campo si salva l’anima promettendo rigorose analisi costi/benefici che fanno soltanto prendere tempo. E intanto si muore.

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