Cronaca

Autostrade, in Europa nessun segreto di Stato sulle concessioni. E la Francia pubblica online i contratti

La situazione delle reti autostradali in Ue, dove viaggiare è spesso molto più conveniente che in nel nostro Paese. E dove soprattutto non esistono contratti di concessione segreti tra lo Stato e i concessionari. L'esempio che più si adatta alla situazione italiana è quello di Parigi, dove il sistema dei pedaggi è molto simile al nostro. Ma sul portale del ministero sono pubblicati tutti gli accordi con i concessionari

Gratuite o parzialmente gratuite in Germania, Olanda e Belgio. A pagamento in Austra, Francia e Slovenia ma a prezzi decisamente più convenienti di quelli italiani. E soprattutto con più gestori, che vuol dire più concorrenza e dunque prezzi più bassi. È la situazione delle autostrade in Europa, dove viaggiare è spesso molto più conveniente che in Italia. E dove soprattutto non esistono contratti di concessione segreti tra lo Stato e i concessionari delle reti. L’esempio che più si adatta al nostro Paese è la Francia, dove il sistema dei pedaggi è molto simile al nostro.

In Francia concessioni pubblicate online – Il Paese transalpino ha affidato la gestione delle reti a diciannove società alle quali è legato da contratti di concessione. Su questi ultimi, però, non vige alcun segreto di Stato: nel dicembre del 2016 sono stati tutti pubblicati sul sito del ministero (sono consultabili qui) . Sul portale c’è tutto: i contratti consolitati e i contratti di quadro con le varie società. “Il diritto dei concessionari per la riscossione dei pedaggi in cambio della costruzione, l’estensione, la manutenzione e il funzionamento della loro rete è il fondamento del contratto di concessione autostradale. Il contratto di concessione che lega il concessionario e lo Stato, in particolare le specifiche ad esso allegati, definisce il quadro rigoroso di variazioni dei prezzi. Questo sistema contrattuale è stabilito sulla base di un equilibrio finanziario, prevedendo una variazione annuale dei tassi di pedaggio fino al termine della concessione”, si legge sul sito del ministero dei trasporti francese. “Ogni cinque anni – continua il portale – e, se del caso, vengono stipulati accordi di piano tra lo Stato e queste società, al fine di finanziare ulteriori investimenti non inizialmente previsti “.

Il segreto di Stato sui contratti italiani – Nel nostro Paese, invece, è stato pubblicato sul sito del ministero dei Trasporti solo il contratto di concessione. Mancano gli atti aggiuntivi, relativi alle singole concessioni, allegati alla convenzione unica tra  Stato e concessionario. Regolano nel dettaglio e dal punto di vista concreto i contenuti economici della convenzione con una serie di calcoli e di formule di difficile decrittazione perfino per gli addetti ai lavori. In pratica gli allegati segreti sono il cuore della concessione, ma sono un segreto di Stato. Secondo l’Anac, come ricostruisce l’Ansa, a non essere pubblicato online è il piano economico finanziario in cui sono contenuti gli elementi che vanno a determinare l’aumento tariffario, quali investimenti, manutenzioni, introiti da tariffe. Dati essenziali, che nei mesi scorsi sono così stati oggetto di un braccio di ferro tra Anac e lo stesso ministero dei Trasporti.  L’Autorità Anticorruzione si sta interessando di Autostrade a seguito di un esposto presentato a dicembre dal M5s in cui si sostiene ci sia una “supervalutazione dei valori economici” che pesa sui pedaggi. Secondo l’Authority guidata Raffaele Cantone, quindi, il piano economico finanziario è un documento che va pubblicato perché le concessioni di lavori pubblici sono a tutti gli effetti contratti pubblici soggetti a obbligo di trasparenza. Nei mesi scorsi, invece, dopo aver sentito Autostrade, dal ministero hanno sostenuto che il documento doveva restare coperto perché conteneva informazioni di carattere commerciale/industriale, soggette quindi alla tutela dei segreti industriali e delle informazione aziendali. Di sicuro c’è solo che quei documenti finora non sono stati mai pubblicati.

In Italia autostrade più care d’Europa – Anche per questo motivo il modello italiano non ha simili in Europa. Lo raccontava qualche tempo fa il Corriere della Sera, che con un’inchiesta di Milena Gabanelli e Ferruccio Pinotti spiegava perché il costo delle autostrade in Italia fosse il più caro del continente. Qualche esempio? In Austria l’abbonamento alle autostrade costa 87,30 euro l’anno, in Svizzera 40 franchi (circa 38,12 euro), in Slovenia 110 euro. Con questi soldi, in Italia si percorrono circa 1.200 chilometri. In Germania, invece, le autostrade federali erano gratis per tutti fino al primo luglio scorso, quando è diventata vigente la legge che obbliga per la prima volta i camion a pagare il pedaggio, la cui riscossione è stata affidata dal governo federale a una società che si chiama Toll Collect.  “Il pedaggio di camion su tutte le strade statali può iniziare nei tempi previsti: tra il 2018 e il 2022 verranno introdotti in media 7,2 miliardi di euro di pedaggi, che investiremo in strade moderne e sicure in tutta la Germania, circa 2,5 miliardi in più rispetto al passato, a vantaggio non solo delle nostre aziende, che dipendono da un’infrastruttura efficiente, ma anche da tutti i conducenti “, ha detto il ministro dei trasporti Andreas Scheuer.

Meno investimenti. Più autopistas spagnole – In pratica i tedeschi hanno cominciato a far pagare le autostrade ai camion per investire nelle infrastrutture. Lo stesso principio che ha spinto l’Italia ad affidare la gestione delle reti a privati. Eppure negli ultimi anni il valore degli investimenti sulle infrastrutture in concessione è calato. Come ha scritto Il Fatto Quotidiano dagli ultimi conti di Autostrade per l’Italia emerge un calo degli investimenti operativi sulle infrastrutture in concessione: dai 232 milioni del primo semestre 2017 si è passato ai 197 del primo semestre 2018. Un trend in corso da alcuni anni. E mentre la società che fa capi ai Benetton tagliava gli investimenti, la controllante Atlantia ha acquisito da poco Abertis, insieme alla Acs di Florentino Perez, presidente del Real Madrid. La società spagnola controlla il 60% delle Autopistas, le autostrade a pagamento dello Stato iberico (quelle gratuite si chiamano Autovie).

Due terzi delle autostrade italiane in mano a due gruppi – Un motivo potrebbe essere rappresentato dalla concorrenza. La rete autostradale italiana, infatti, è per tre quarti gestita da due società: Atlantia dei Benetton – che controlla Autostrade per l’Italia – ha in mano più di tremila chilometri di autostrade, mentre il gruppo Gavio ne ha in concessione mille e duecento chilometri, quasi tutti nell’Italia nord occidentale. Poi ci sono i circa mille di pertinenza dell’Anas e altri 1.650 affidate a società in gran parte controllate da enti locali.

L’accordo con l’Ue e i deferimenti per la mancata concorrenza – Proprio per questo motivo nel 2007 l’Italia era stata deferita alla Corte di giustizia europea. Aveva prorogato la concessione della A 12 Civitavecchia – Livorno alla Società autostrada tirrenica, di cui Atlantia ha il 99%, senza bandire una nuova gara. La prima concessione era del 1969 ed era scaduta nel 1999, quindi era stata prorogata due volte, fino al 2046. Secondo l’Ue, però, una proroga simile equivale a una nuova concessione, e quindi doveva essere bandito un nuovo accordo. L’intesa con l’Europa è arrivata un anno dopo, ed era stato raggiunta grazie all’allora ministro Graziano Delrio che lo aveva definito un “accordo storico“. Nel dettaglio l’Ue dava il suo ok alla proroga delle concessioni per Sias (Gruppo Gavio) e Autostrade per l’Italia – rispettivamente al 2030 e 2042 – in cambio di investimenti da parte dei concessionari di 8,5 miliardi di euro. “In stretta collaborazione con l’Italia, abbiamo trovato una soluzione che permettera’ di effettuare investimenti essenziali nelle autostrade italiane, limitando nel contempo l’impatto sugli utilizzatori ed evitando una sovracompensazione delle imprese che gestiscono le autostrade”, ha detto la commissaria Ue alla concorrenza Margrethe Vestager. Criticata dai Verdi europei, secondo cui l’Ue ha ancora una volta “rinviato la concorrenza“.