Una buona regolazione pubblica deve garantire all’interesse privato una sua collocazione dentro l’interesse collettivo. Questo sarebbe un serio rapporto tra autorità pubblica e concessionario privato di un servizio pubblico. In questo rapporto tra concessionario (ciò vale anche per tutti gli altri 27 concessionari autostradali) e concedente pubblico, l’interesse privato è invece prevalso nettamente. Anzi sembra che lo Stato sia stato completamente soccombente, e non abbia esercitato i suoi compiti di controllore. Questa è la lezione da trarre dalla tragedia di Genova.
Da anni denunciamo pochi investimenti in sicurezza, il non rispetto di quanto contenuto nelle convenzioni e un’azione di controllo, vigilanza ed indirizzo assolutamente inadeguata da parte del Ministero dei Trasporti, che ha trasferito queste funzioni dall’Anas ad una non meglio precisata struttura di vigilanza autostradale, senza risorse e uomini. Convenzioni che prevedevano molti investimenti, se realizzati, costruiti sempre in grave ritardo per giustificare gli aumenti dei pedaggi automatici autorizzati dal Ministero del Tesoro e dei Trasporti.
La scala mobile abolita per i lavoratori dipendenti è stata creata per i concessionari autostradali. Le grandi opere (nuove autostrade, gronde o bretelle) inserite in convenzione sono servite come testa d’ariete per rinnovare la concessione senza una gara europea. Non sono gli enti pubblici e il Ministero a dire che strade e autostrade servono ma i “promotori” delle opere. Promotori che dispongono di risorse, di società di consulenza, dei concessionari stessi e dei costruttori.
Insomma il monopolio autostradale non è stato regolato: di conseguenza nessuno ha difeso i consumatori, costretti a farsi tosare come pecore al casello, mentre le amministrazioni pubbliche locali si rivolgevano con il cappello in mano ai potenti gestori per avere qualche intervento per il territorio. Nonostante il traffico in aumento, la riduzione dei costi d’esercizio, ed i costi del lavoro ridotti per il crollo del numero dei casellanti sostituiti dal Telepass, le tariffe ogni anno aumentano anche 5-10 volte il tasso d’inflazione. Gli extraprofitti dei concessionari dell’Italia fondata sulla gomma e priva di intermodalità ferro-gomma sono restati per troppa parte nelle tasche dei concessionari.
La “prepotenza” si può notare quando dopo essere stati fermi in strada per ore a causa di un incidente si deve pagare il pedaggio lo stesso. Anche quando per motivi d’emergenza si viene fatti uscire dall’autostrada si paga anche se l’esazione provoca lunghe code.
Sapendo che presto il ponte di Morandi avrebbe dovuto essere sottoposto di nuovo ad interventi di messa in sicurezza, si doveva contingentare il traffico: dimezzandolo, passando da 100mila veicoli circa a 50mila al giorno con l’obbligo di transitare a 30 km/h e vietando il transito ai tir più pesanti. Questa scelta andava condivisa con il Prefetto e le autorità locali ma avrebbe comportato una riduzione dei ricavi da pedaggio e prodotto notevoli proteste. Ancora una volta si è dimostrata l’incapacità di gestire i flussi di traffico non a livello municipale ma ad ampio raggio. Andavano invece individuati percorsi alternativi e dirottati i traffici: cosa mai vista in Italia per paura delle proteste di automobilisti e camionisti.