“Le polemiche non servono a nulla“, dopo “tutta la passione che si è scatenata, ci si dimenticherà di tutto” e “per questo sto pensando che bisognerà fare qualcosa”. Il cantautore Gino Paoli, genovese, intervistato dal Messaggero, vuole organizzare un concerto, “come quello che feci dopo l’alluvione di quattro anni fa. Vennero tutti, Renato Zero, Renzo Arbore, Ornella Vanoni. Se chiamassi di nuovo, penso che succederebbe la stessa cosa. Raccogliere soldi, in questi casi, serve sempre: penso agli sfollati. Ma non lo farei subito. Meglio fra sei mesi, così servirà a risvegliare le coscienze quando si saranno addormentate, dimenticando tutto”.
“Più fatti, meno parole – dice -. Da noi comanda sempre il concetto del piove, governo ladro. Qualcuno deve avere la colpa con cui prendersela e si cerca il capro espiatorio. Bisognerà, invece, ripensare rapidamente all’idea della Gronda, la città così resta spezzata in due e per la circolazione è un vero casino, perché c’è solo una strada alternativa”. Paoli non esclude “che all’origine del disastro ci possa essere stato un fulmine. Gira su internet un filmato di una persona che stava riprendendo il temporale, al momento del crollo si vedono distintamente due lampi. Potrebbero aver colpito le parti in metallo, aggravando la situazione”, ma “tutti sappiano che ogni opera ha un tempo oltre il quale non regge più. E che la manutenzione non si può affidare ai privati”.
Paoli è intervistato anche da La Stampa: “Vedo i miei concittadini molto solidali. Davanti a una sciagura, la genovesità fa miracoli“, “credo che il crollo del Morandi darà una spinta definitiva”, “non sono del mio segno politico, ma sindaco e presidente della Regione stanno facendo bene”.