C’è un altro Ponte Morandi che desta preoccupazione in Italia, alla luce della tragedia di Genova. E’ quello che collega la città di Sabaudia al mare. La questione era stata sollevata nel 2009. Un anno dopo sulla sua lingua d’asfalto veniva vietato il transito dei veicoli troppo pesanti, quelli superiori alle 3,5 tonnellate, e la velocità massima veniva abbassata a 30 km/h. Tutti gli studi tecnici effettuati negli ultimi anni dicono che il viadotto progettato nel 1963 da Riccardo Morandi ha bisogno di interventi di risanamento. L’ultima relazione del novembre 2017 parla di scarsa manutenzione e “degrado avanzato” delle zattere di fondazione e dei piloni immersi nelle acque del Lago di Paola. Ma a nove anni dal primo allarme, l’unico intervento effettuato è stata la sostituzione di un giunto del costo di 8mila euro.
“Per molto tempo attorno al ponte Giovani XXIII c’è stato un disinteresse diffuso – ricorda Franco Brugnola, ai tempi consigliere comunale del Pd – io lanciai l’allarme nel 2009 con un’interrogazione al sindaco, ma quello mi tacciò di fare allarmismo e disse che non c’era alcun problema. Dopo sei mesi però la sua giunta chiese alla Regione Lazio 850mila euro per mettere a posto la struttura”. Era il 2010, alla Pisana sedeva la giunta guidata da Renata Polverini, che non concede il finanziamento. Così il Comune agisce da solo ed emette un’ordinanza con cui declassa il ponte dalla prima alla seconda categoria in base al decreto del ministero dei Lavori Pubblici 4 maggio 1990, vieta il transito ai veicoli dal peso superiore alle 3,5 tonnellate e limita la velocità di percorrenza a 30 km/h”. “Forse – commenta Brugnola – allora qualcosa che non andava c’era”.
Tre anni dopo, nell’ottobre 2014, il sindaco Maurizio Lucci torna alla carica e “questa volta alla Regione chiede 3 milioni per un nuovo progetto di risanamento e consolidamento”. Ma anche questa volta i soldi non arrivano e gli interventi non partono. E a nulla valgono le promesse dell’allora ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, invitato in città per l’80° anniversario della fondazione. Così le condizioni della struttura peggiorano: “Gli elementi costruttivi si presentano a gruppi (zattere di fondazione, pila, spalle, travate, stampelle) sostanzialmente tutti nelle stesse condizioni di degrado“, si legge nel Programma di indagini per valutazioni di stato datato 4 giugno 2015 e firmata dall’ingegner Fabio Brancaleoni. I problemi principali riguardano i piloni progettati da Morandi: “Le pile e le zattere di fondazione, nella parte emergente, appaiono gli elementi più interessati dal degrado – si legge ancora – fusti presentano quasi tutti le armature scoperte per delaminazione e successivo distacco del copriferro. Il degrado maggiore è associato alle zone di percolamento delle acque di piattaforma o alle zone bagnate a spruzzo dall’acqua del lago”.
Il nuovo allarme è lanciato, ma nessuno muove un dito. “I pilastri che sorreggono il ponte erano già ammalorati da anni- spiega Brugnola – il ferro che sta dentro si è arrugginito ed è scoppiato, quindi il rivestimento di cemento si è staccato. C’era anche il rischio che fossero danneggiate anche le traverse, che però sono nascoste da casseformi di cemento. Quindi vennero spese diverse decine di migliaia di euro per un nuovo studio e capire come fossero messe”. La nuova relazione è datata 10 novembre 2017: “Le strutture versano in buono stato”, si legge nel testo firmato dall’ingegner Massimo Malaspina. Ciò che è mancato negli anni è stata la manutenzione: “Nonostante sia soggetto all’aggressione di un ambiente salino, il ponte non è stato oggetto negli anni di interventi massivi di manutenzione e protezione dal degrado”, scrive l’ingegnere confermando i problemi già denunciati dalla relazione del 2015: “Le zattere di fondazione presentano un degrado avanzato dovuto all’aggressione dell’ambiente salino del lago e al relativo processo di carbonatazione del calcestruzzo e corrosione dell’armatura“.
Dopo due anni le condizioni dei 4 piloni su cui poggiano le 5 campate, per forza di cose, sono peggiorate: “Il fenomeno di degrado corticale è generalizzato su tutti gli elementi del ponte, con particolare riferimento alle pile”. E anche sovrastruttura stradale “presenta fessurazioni in corrispondenza dei giunti (…). Il marciapiede è dotato di predelle di copertura, le quali si presentano in cattivo stato, mentre il parapetto di protezione, realizzato in carpenteria metallica, risulta fuori norma“.
Ora il Comune torna a battere cassa. Giada Gervasi, sindaca civica eletta nel giugno 2017, ha chiesto al governo 3 milioni di euro: “Abbiamo messo a gara lavori per un totale di 150mila euro per la parte superiore del ponte – spiega il primo cittadino – e abbiamo approvato il progetto definitivo per la parte sottostante (i piloni e le zattere di fondazione, ndr) per 400mila euro. Ma noi abbiamo soltanto avviato i lavori strettamente necessari, mentre il ponte va risanato totalmente. Per metterlo definitivamente in sicurezza servono tre milioni”. Perché fino a oggi l’unico intervento di rilievo effettuato sul ponte risale al periodo del commissario prefettizio Antonio Quarto, che nel febbraio 2017, in seguito al terremoto che nell’agosto precedente aveva distrutto Amatrice e decine di comuni del Centro Italia, aveva fatto applicare “un giunto di dilatazione per impalcato”. Costo: 8.887, 88 euro. L’unico intervento in 9 anni. “Non riesco a spiegarmene il perché – conferma la sindaca – per questo, quando a gennaio è uscito il bando del ministero dell’Interno per mettere in sicurezza le situazioni di pericolo, Sabaudia ha partecipato. Il nostro progetto è stato ritenuto idoneo, ma non ne è stata ravvisata l’urgenza. Ora, alla luce dei fatti di Genova, chiedo al ministro di prendere coscienza della questione”.