Pdt, partito del torto. Esiste un partito del torto e la certezza altrui è che abbia torto persino quando dimostra la sua ragione. Il partito del torto è oggi interpretato, scritto e proposto dal Pd il quale vive una stagione buia che va persino oltre i suoi demeriti. E’ la stagione della sinistra che non trova più idee, non ha parole e soprattutto gli manca la reputazione per avanzare un progetto. Non ha credito presso l’opinione pubblica. E’ la medesima crisi reputazionale di Autostrade per l’Italia che porterà il governo, al di là dell’esito giudiziario della drammatica vicenda, a insistere per la revoca della concessione e anzi a fare di questo atto un cavallo di battaglia.
Come sia stato possibile per il Pd non ritenere che il principio di realtà – quel ponte di Genova è caduto, e quel ponte era assoggettato alla cura e alla manutenzione di un soggetto che aveva sottoscritto un obbligo a fronte di un corrispettivo (il pedaggio) – dovesse avere la meglio su ogni altra considerazione è un mistero. In un dramma di tale portata l’azione di revoca appare adeguata, misurata, in una parola: giusta. E come sia stato possibile che per qualche settimana il Pd, un partito che si rifà agli ideali della sinistra, non abbia ritenuto giusto, corretto, adeguato il bisogno di rafforzare i diritti dei lavoratori, resi così enormemente precari da una corsa al ribasso che ha mortificato oltre ogni ragionevole misura la dignità di chi lavora, è un altro sacro mistero.
Cosicché tutte le azioni sguaiate, le parole fuori misura, gli atteggiamenti e le posture in alcuni casi nettamente fascistoidi di cui hanno dato prova i rappresentanti del governo, con la Lega intenta a rendere l’immigrazione il capro espiatorio di ogni devianza, promuovendo iniziative persino disumane, perde purtroppo di peso e vaga sullo sfondo.
Il primo piano della scena è ciò che ieri abbiamo visto ai funerali di Genova: la folla che chiedeva a Salvini e a Di Maio di tener duro. “Tenete duro”, dicevano. Cioè: non vi piegate ai compromessi, non aderite a negoziati in cui chi ha responsabilità trova il modo per sfuggire ad essa. Soprattutto: fate in modo che per una volta i potenti paghino per le loro colpe.
E’ una domanda populista? E’ una richiesta esagerata o misurata? E’ vero o falso che il capitalismo di relazione in Italia ha sempre ottenuto una corsia preferenziale, e sussidi, e contratti e benefit che l’hanno messo al riparo da qualunque accidente? E dentro questa verità il Partito democratico, assoggettato in questo caso a Forza Italia, la cui leadership soffre della medesima crisi di reputazione, non muove un muscolo.
E anche quando segnala che le responsabilità di governo esigono uno stile più sobrio, che Salvini e Di Maio non possono rendere il ponte crollato come sfondo per il loro teatro propagandistico, poi perde la misura e, anziché riflettere su quel che bisogna dire ad Autostrade per l’Italia, se convenire o meno con il proposito della revoca, fissa l’istantanea di un selfie – quello di Salvini con una signora ai funerali – che appare un atto vergognoso e barbarico.
Si deve alla ragione e al contegno di una ex deputata del Pd, Cristiana Alicata, che “sommessamente” consiglia al suo partito di riguardarsi tutta la scena e capire che in quel selfie Salvini è caduto senza colpe, per avere di nuovo il senso della estraneità del Pd al corpo sociale più numeroso, al cosiddetto popolo.
Però avere un partito perennemente imputato di essere nel torto, nuoce ai tanti suoi militanti e dirigenti che hanno passione e mostrano dedizione verso il bene comune. Nuoce persino al governo che ritiene così di gonfiare ancor di più il petto ed esondare dagli argini del contegno e della misura, giudicando i like su Facebook l’unica controprova attendibile alla sua azione. Avere un partito sistematicamente adagiato nel torto sviluppa una democrazia deviata, promuove una deriva plebiscitaria, assicura a chi ha oggi il potere assurde posizioni di rendita.
Voglio dire che il danno è incalcolabile per tutti, anche per chi è lontano da quel mondo o vi si oppone e l’avversa. Una società per azioni, come una srl, porta i libri in tribunale oppure dichiara estinta la sua missione.
Il Pd dovrebbe seguire l’esempio e capire che la reputazione per riconquistarla ha bisogno di una casa nuova, di dirigenti estranei alla storia recente, di volti inattaccabili e di decisioni anche drammatiche, anche definitive.