Fermo immagine inspiegabili, blackout quasi scientifici al momento del gol, palla che lascia la scia come nei primi videogiochi anni Novanta: benvenuti su Dazn, l’ultima frontiera del calcio in pay-tv. Dove le partite non le vedi, le immagini. Ci hanno bombardato per settimane con annunci pubblicitari, promozioni di ogni tipo, tutorial persino per imparare a pronunciare bene il nome un po’ bislacco della nuova piattaforma, e il risultato è che il primo big match del campionato non l’ha potuto vedere quasi nessuno.
Lazio-Napoli, la prima volta di Perform in Serie A, è stata il peggior cartellino da visita possibile per la nuova piattaforma: dovevano convincerci ad abbonarci e a spendere 10 euro al mese, prezzo simbolico (ma non per i loro bilanci), la cifra giusta per spennare ulteriormente i tifosi senza farglielo pesare troppo. Ci hanno quasi fatto venir voglia di rifiutare anche il mese gratuito di prova. Che senso ha fare mega-presentazioni riservate ai giornalisti e campagne martellanti su ogni tipo di media, mettere sotto contratto fior di commentatori e la presentatrice più in voga del momento, se poi al grande appuntamento invece che in smoking ti presenti in mutande? Per tutta Italia, da chi ha visto la partita sul suo smartphone ai pc con una connessione in fibra, l’esperienza è stata surreale, come dimostrano gli oltre 30mila tweet che hanno invaso il social network durante la partita. Praticamente tutti di protesta.
È andata un po’ meglio ieri sera con Sassuolo-Inter, un po’ perché il sistema ha cominciato la sua fase di rodaggio, un po’ perché i contatti sono stati minori che per l’attesissimo anticipo del sabato. Ma siamo comunque lontani anni luce da standard accettabili per il 2018: restano imperfezioni e latenze tra live e streaming (ma anche tra uno streaming e l’altro, per cui in uno stesso condominio il gol di Berardi è arrivato prima al terzo piano che al secondo), l’alta risoluzione è un miraggio. Non è la sede giusta per entrare nel merito tecnico dei problemi: in tanti hanno tirato in ballo l’arretramento tecnologico del nostro Paese, che è uno dei peggiori del continente per accesso alla rete. Forse è anche vero, ma non è questo il punto: sta a chi offre un determinato servizio assicurarsi che ci siano le condizioni necessarie a garantirlo. Prima, e non dopo aver già sottoscritto migliaia di abbonamenti.
Probabilmente le cose miglioreranno nel corso della stagione (e sarà meglio che sia così: per Perform, ma anche per chi gli ha venduto i diritti…), intanto però l’inizio del campionato ha svelato che non c’era certo il tifoso al centro dello strano meccanismo che ha portato alla spartizione dei match del campionato 2018/2019. E Dazn, che in un comunicato ufficiale ha sminuito l’accaduto, esprimendo “soddisfazione” per il “grande inizio di stagione” (beati loro che l’hanno visto!) non fa altro che confermarlo.
Per il momento le attese sono state tradite, o piuttosto si rivelano fondati i terribili sospetti delle ultime settimane: Dazn non è il futuro ma il passato (remoto), non spalanca il mercato dei diritti tv alla concorrenza ma assomiglia tanto a un “inciucio” fra emittenti alle spalle del consumatore, non è la rivoluzione del racconto del calcio, solo un collage raffazzonato di voci già sentite e volti già visti. Almeno c’è Diletta, bellissima anche a fermo immagine. Ma per il campionato più caro della storia proprio non può bastare.