E mentre in Italia il suolo libero viene cementificato al ritmo di 15 ettari al giorno, e 2 metri quadrati al secondo (dati Ispra 2018), i vecchi ponti crollano, massacrando chi c’era sopra e chi c’era sotto, portando via per sempre decine di vite.

Non riusciamo a fare la manutenzione delle strade e autostrade esistenti, ma continuiamo a costruirne di nuove. L’aumento di traffico è stato esponenziale, negli ultimi decenni, logorando ponti, strade, autostrade, mentre contemporaneamente nuove colate di cemento coprivano altro suolo fertile. Una bulimia di cemento che attira sempre nuovo traffico perché le nuove strade (a differenza di quello che vogliono farci credere) non alleggeriscono il traffico esistente, ma di fatto attirano nuove auto, nuovi tir.

Una bulimia di cemento che deturpa le città, i paesaggi, che distrugge la bellezza e la qualità della vita: basti guardare alle case popolari intrappolate sotto l’(ex) ponte Morandi, da 50 anni senza più nemmeno il cielo, con un rumore perenne e il grigio ovunque. Quel ponte era stato il primo di una lunga serie di soprusi ingegneristici perpetrati ai danni dei più deboli, in nome dello “sviluppo motorizzato” del Paese.

In Italia negli ultimi 20 anni si sono spesi oltre 170 miliardi di euro per nuove opere, laddove per la manutenzione si sono investiti meno del 10% di tale cifra.

La strategia delle concessionarie, avvallata da regole del sistema patologiche, è stata sempre la stessa: programmare nuove autostrade per vedersi rinnovate le concessioni senza gara.

Anche per questo abbiamo un patrimonio infrastrutturale abnorme, nonostante l’Italia sia un paese fragile e a rischio sismico e idrogeologico.

Certo, la colpa è della società Autostrade, e di tutte quelle concessionarie che non investono a sufficienza in manutenzione, perché così conviene e nessuno glielo impedisce. Ma la colpa è anche dello Stato, che non vuole scardinare un sistema di trasporti mostruosamente intrappolato nell’asfalto. Come emerge dal rapporto di Legambiente Pendolaria, dal 2002 ad oggi i finanziamenti statali e regionali hanno premiato per il 60% gli investimenti su strade e autostrade. Le briciole sono andate alle ferrovie. L’Italia è il Paese con la più elevata quantità di auto pro capite (62%) e di movimenti motorizzati procapite, oltre 13.500 Km/ab annui. Anche le merci viaggiano per lo più su gomma: 167 mld di tonnellate per km su gomma contro 22 mld tonn/km su ferro (dati Conftrasporto, 2017).

Un sistema micidiale, che oltre a provocare morti e feriti (circa 3500 morti all’anno in incidenti stradali), uccide per inquinamento dell’aria quasi 90.000 persone l’anno.

Ma questo stillicidio non basta: non ci si ferma per invertire la rotta. Anche dopo la tragedia di Genova, per “compensare” il disastro, il governo chiede un nuovo ponte e si mostra disponibile alla realizzazione di un’ulteriore autostrada (la Gronda), sempre in cemento.

Eppure le uniche grandi opere davvero utili sarebbero quella di tutelare il suolo, fare manutenzione, ristrutturare l’esistente (case e strade), ripristinare le ferrovie portuali, dismesse in tantissimi porti a causa del predominio dei Tir. Elettrificare, metter in sicurezza le ferrovie, aumentare i collegamenti (o semplicemente riaprire i tratti di ferrovie chiuse) e investire sui regionali per aumentare i pendolari.

Mentre la Svizzera fa (giustamente) pagare un pedaggio altissimo ai Tir, bloccandone di fatto il passaggio, a giugno il Tirolo, stanco dei gas di scarico che soffocavano le loro vallate e i loro abitanti, ha posto unilateralmente il contingentamento al numero di Tir in transito. Il governo del “cambiamento” in questo caso ha preferito la “restaurazione” facendo blocco con gli industriali: “per noi il benessere delle nostre imprese viene prima di tutto “, ha affermato Danilo Toninelli (anche prima del benessere dei cittadini, a quanto pare).

Il governo del cambiamento dovrebbe avere il coraggio di sganciarsi dalle lobby del cemento e delle strade: investire affinché le merci possano viaggiare sempre più su rotaia, prevedendo numero chiuso e pedaggi più alti per i tir, incentivi per le imprese che spostano le merci su ferrovia.

Stessa cosa per il trasporto delle persone: va assolutamente incentivato il trasporto su mezzi pubblici e treni, con sconti e agevolazioni (ricordiamo la petizione bimbi gratis nei mezzi pubblici), ripristino linee di mezzi pubblici, più blocchi e divieti al traffico, aumento del bollo per il possesso dell’auto… E perché no? Mezzi pubblici gratis per tutti come in Estonia.

Dobbiamo metterci in testa che l’unico modo sensato di alleggerire il traffico, evitare tragedie, diminuire i morti su strada e bloccare il consumo di suolo, è quello di ridurre drasticamente il numero di auto e Tir.

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