“È imprescindibile che come Chiesa possiamo riconoscere e condannare con dolore e vergogna le atrocità commesse da persone consacrate, chierici, e anche da tutti coloro che avevano la missione di vigilare e proteggere i più vulnerabili. Chiediamo perdono per i peccati propri e altrui”. È il forte mea culpa che Papa Francesco ha voluto rivolgere in una lettera indirizzata a tutta la comunità cristiana. “La coscienza del peccato – scrive Bergoglio – ci aiuta a riconoscere gli errori, i delitti e le ferite procurate nel passato e ci permette di aprirci e impegnarci maggiormente nel presente in un cammino di rinnovata conversione”. Parole che arrivano dopo un nuovo, ennesimo scandalo che ha travolto la Chiesa cattolica. Un rapporto di 1300 pagine dell’Investigating Grand Jury della Pennsylvania accusa 301 sacerdoti di aver abusato di oltre mille minori dagli anni ’40 in poi. Un’inchiesta a dir poco sconvolgente che ha suscitato la reazione indignata di oltre 140 teologi, educatori e cattolici laici che hanno sottoscritto una petizione per chiedere a tutti i vescovi degli Stati Uniti di dimettersi.
“Negli ultimi giorni – scrive il Papa – è stato pubblicato un rapporto in cui si descrive l’esperienza di almeno mille persone che sono state vittime di abusi sessuali, di potere e di coscienza per mano di sacerdoti, in un arco di circa settant’anni. Benché si possa dire che la maggior parte dei casi riguarda il passato, tuttavia, col passare del tempo abbiamo conosciuto il dolore di molte delle vittime e constatiamo che le ferite non spariscono mai e ci obbligano a condannare con forza queste atrocità, come pure a concentrare gli sforzi per sradicare questa cultura di morte; le ferite ‘non vanno mai prescritte’. Il dolore di queste vittime – prosegue Francesco – è un lamento che sale al cielo, che tocca l’anima e che per molto tempo è stato ignorato, nascosto o messo a tacere. Ma il suo grido è stato più forte di tutte le misure che hanno cercato di farlo tacere o, anche, hanno preteso di risolverlo con decisioni che ne hanno accresciuto la gravità cadendo nella complicità. Grido che il Signore ha ascoltato facendoci vedere, ancora una volta, da che parte vuole stare”. E aggiunge: “Proviamo vergogna quando ci accorgiamo che il nostro stile di vita ha smentito e smentisce ciò che recitiamo con la nostra voce. Con vergogna e pentimento, come comunità ecclesiale, ammettiamo che non abbiamo saputo stare dove dovevamo stare, che non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite. Abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli”.
La lettera di Bergoglio richiama un documento analogo scritto da Benedetto XVI ai cattolici irlandesi, nel 2010, quando lo scandalo della pedofilia assunse aspetti drammatici
Ma quello avvenuto in Pennsylvania non è il solo scandalo in materia di pedofilia del clero che sta scuotendo la Chiesa cattolica, soprattutto negli Usa. Recentemente il Papa ha tolto la porpora all’arcivescovo emerito di Washington, Theodore McCarrick, accusato di aver commesso abusi sessuali su minori. Bergoglio ha poi mandato in pensione l’ex arcivescovo di Adelaide, Philip Wilson, condannato a 12 mesi di reclusione dal tribunale australiano di Newcastle per non aver denunciato la pedofilia di un suo prete. Così come rimane ancora in sospeso la situazione di numerosi vescovi cileni che si sono dimessi in massa a causa del gravissimo scandalo degli abusi del clero che ha colpito il loro Paese. Di essi Francesco ne ha già rimossi 5.
La lettera scritta da Bergoglio non è solo l’ultimo dei tanti mea culpa fatti dal Papa in questi 5 anni di pontificato. Ma è un testo che richiama un documento analogo scritto da Benedetto XVI ai cattolici irlandesi, nel 2010, quando lo scandalo della pedofilia del clero in quel Paese assunse aspetti drammatici. Non è un caso quindi che la lettera di Francesco arrivi proprio alla vigilia del suo viaggio in Irlanda. Benché scritto per i fedeli di quel Paese, infatti, quel testo di Ratzinger è sempre stato letto per tutta la Chiesa cattolica. Ed è proprio al suo diretto predecessore che si rifà Francesco. “Faccio mie – scrive Bergoglio – le parole dell’allora cardinale Ratzinger quando, nella Via Crucis scritta per il Venerdì Santo del 2005, si unì al grido di dolore di tante vittime”.
Parole drammatiche che evidenziano anche come in 13 anni lo scenario non sia per nulla mutato in tema di pedofilia del clero. Francesco ammette, inoltre, di aver dovuto constatare “ancora una volta la sofferenza vissuta da molti minori a causa di abusi sessuali, di potere e di coscienza commessi da un numero notevole di chierici e persone consacrate. Un crimine che genera profonde ferite di dolore e di impotenza, anzitutto nelle vittime, ma anche nei loro familiari e nell’intera comunità, siano credenti o non credenti. Guardando al passato, non sarà mai abbastanza ciò che si fa per chiedere perdono e cercare di riparare il danno causato. Guardando al futuro, non sarà mai poco tutto ciò che si fa per dar vita a una cultura capace di evitare che tali situazioni non solo non si ripetano, ma non trovino spazio per essere coperte e perpetuarsi. Il dolore delle vittime e delle loro famiglie è anche il nostro dolore, perciò urge ribadire ancora una volta il nostro impegno per garantire la protezione dei minori e degli adulti in situazione di vulnerabilità”.
“Oggi vogliamo che la solidarietà, intesa nel suo significato più profondo ed esigente, diventi il nostro modo di fare la storia presente e futura
Nel testo Bergoglio fa anche un’altra ammissione molto importante. “Se in passato – scrive il Papa – l’omissione ha potuto diventare una forma di risposta, oggi vogliamo che la solidarietà, intesa nel suo significato più profondo ed esigente, diventi il nostro modo di fare la storia presente e futura, in un ambito dove i conflitti, le tensioni e specialmente le vittime di ogni tipo di abuso possano trovare una mano tesa che le protegga e le riscatti dal loro dolore. Tale solidarietà ci chiede, a sua volta, di denunciare tutto ciò che possa mettere in pericolo l’integrità di qualsiasi persona”. Bergoglio si dice anche “consapevole dello sforzo e del lavoro che si compie in diverse parti del mondo per garantire e realizzare le mediazioni necessarie, che diano sicurezza e proteggano l’integrità dei bambini e degli adulti in stato di vulnerabilità, come pure della diffusione della ‘tolleranza zero’ e dei modi di rendere conto da parte di tutti coloro che compiono o coprono questi delitti. Abbiamo tardato – ammette ancora – ad applicare queste azioni e sanzioni così necessarie, ma sono fiducioso che esse aiuteranno a garantire una maggiore cultura della protezione nel presente e nel futuro”.
Dal Papa, infine, un invito rivolto a “tutto il santo popolo fedele di Dio all’esercizio penitenziale della preghiera e del digiuno secondo il comando del Signore, che risveglia la nostra coscienza, la nostra solidarietà e il nostro impegno per una cultura della protezione e del ‘mai più’ verso ogni tipo e forma di abuso”. Per Bergoglio, infatti, “la penitenza e la preghiera ci aiuteranno a sensibilizzare i nostri occhi e il nostro cuore dinanzi alla sofferenza degli altri e a vincere la bramosia di dominio e di possesso che tante volte diventa radice di questi mali. Che il digiuno e la preghiera aprano le nostre orecchie al dolore silenzioso dei bambini, dei giovani e dei disabili. Digiuno – conclude Francesco – che ci procuri fame e sete di giustizia e ci spinga a camminare nella verità appoggiando tutte le mediazioni giudiziarie che siano necessarie. Un digiuno che ci scuota e ci porti a impegnarci nella verità e nella carità con tutti gli uomini di buona volontà e con la società in generale per lottare contro qualsiasi tipo di abuso sessuale, di potere e di coscienza”.