Politica

Nazionalizzazione Autostrade? Il no dei governatori: da Toti ai leghisti Zaia, Fedriga e Fontana. Fino a Musumeci

I presidenti di Regione si sono incontrati a Rimini al Meeting di Cl e hanno espresso le loro perplessità sulla linea dell'esecutivo. Chiedono che ci sia una mediazione a fronte della revoca: "Lo Stato spesso non ha dimostrato di essere più efficiente del privato, lo Stato spesso ha dimostrato di essere più costoso a spese dei cittadini e del privato". Con loro anche il siciliano Nello Musumeci

La strada della nazionalizzazione di Autostrade non piace ai governatori del nord eletti con il centrodestra. Che chiedono di rivedere la concessione, ma senza arrivare a una gestione diretta da parte dello Stato. Dal forzista Giovanni Toti ai leghisti Massimiliano Fedriga e Attilio Fontana fino a Luca Zaia, il fronte si dice compatto e chiede al governo di trovare una mediazione dopo gli annunci dei giorni scorsi. Se parte dei 5 stelle infatti spingono per la nazionalizzazione (come ad esempio Beppe Grillo e Alessandro Di Battista), dall’altra c’è chi ha già iniziato ad ammorbidire i toni (dal leghista Giancarlo Giorgetti allo stesso collega grillino Stefano Buffagni) e ha parlare di una “regia statale”. L’appello è arrivato dal Meeting di Rimini di Comunione e liberazione dove si sono trovati in queste ore i presidenti di Regione di Liguria, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Sulla stessa linea si era espresso ieri il governatore del Veneto Luca Zaia. D’accordo anche il collega siciliano di centrodestra Nello Musumeci.

In prima linea Toti, che a solo una settimana dalla tragedia del crollo del ponte di Genova, è anche il governatore direttamente impegnato sul fronte dell’emergenza. “Credo”, ha detto, “che si stia creando un fronte di chi, ricordandosi del passato, sa quali danni hanno prodotto in questo Paese le nazionalizzazioni e vuole trovare soluzioni a problemi che sono giusti, come quello di rivedere le concessioni, quello di rinegoziarle, quello di dare strumenti di controllo superiori al governo e agli enti locali, ma la risposta della nazionalizzazione è sbagliata”. E ha chiuso: “Lo Stato spesso non ha dimostrato di essere più efficiente del privato, lo Stato spesso ha dimostrato di essere più costoso a spese dei cittadini e del privato”.

Contrari anche gli esponenti regionali del Carroccio. Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha definito “lontana mille miglia” dalla sua cultura la nazionalizzazione delle autostrade. Intervenendo ad un dibattito al Meeting di Rimini insieme ai presidenti di Liguria, Friuli Venezia Giulia e della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, ha ribadito “la necessità di rivedere le concessioni”. “E’ fondamentale cambiare le regole degli appalti pubblici perché quelle di oggi sono incompatibili con la velocità del mondo in cui viviamo. Per arrivare a una semplificazione tra pubblico e privato, tra cittadino e Pubblica amministrazione, ci deve essere un equilibrio perché, se prima c’era statalismo opprimente, oggi il pubblico è in un ruolo di inferiorità rispetto al privato“. Serve “fare le gare in modo serio e che lo Stato verifichi sulla concessione autostradale”. E ha aggiunto: “La collaborazione tra pubblico e privato è necessaria e in Lombardia ne diamo prova: è quello che sta sostenendo Salvini”.

Sulla stessa linea ma con una declinazione più ‘interventista’ il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga: “Noi abbiamo la possibilità di gestire il tratto di A4 di nostra competenza tramite Autovie Venete che è di maggioranza di controllo della Regione mentre il 40% è privato: avevamo la concessione, spero che con norme europee e nazionali riusciremo a riaverla con una società che dovrà essere totalmente pubblica”.

Anche il presidente della Sicilia, Nello Musumeci, al Meeting critica l’ipotesi nazionalizzazione: “Sarebbe una sconfitta della politica, Stato e Regioni devono essere arbitri e non giocatori e vigilare”, ha spiegato Musumeci, aggiungendo che venerdì incontrerà “i rappresentanti di Anas, Rfi, del Consorzio autostrade siciliane e delle nove ex province per verificare lo stato di salute delle infrastrutture siciliane: entro trenta giorni voglio da loro un ‘certificato medicò da cui risulti lo stato di salute di ognuna delle principali infrastrutture”.