Gli ispettori del Mit hanno evidenziato "una situazione di pericolo". Toti: "La politica ha deciso smantellamento, costi a carico del concessionario".E invia un sollecito alla società dei Benetton che risponde: "Servono tempi tecnici". Intanto la Gdf è entrata negli uffici di Genova, Firenze e Roma. Anche Anac chiede documenti ad Aspi: "Mancata attuazione interventi pari al 72,89%". La replica: "Ritardi delle istituzioni"
Mentre il presidente della Liguria Giovanni Toti invia “un sollecito” ad Autostrade per l’Italia richiamandola ai “suoi obblighi” riguardo al ponte Morandi, con il pilone 10 che mostra “un evidente stato di corrosione di grado elevato”, la Guardia di finanza sta sequestrando documenti, e-mail e altro materiale nelle sedi di Genova, Firenze e Roma della stessa società della famiglia Benetton. Intanto la controllante Atlantia riunisce il suo cda e mostra i denti: “Valutiamo gli effetti delle continue esternazioni. Abbiamo avviato verifiche sull’impatto” dell’eventuale revoca delle concessioni. In serata parlando a Radio24 il ministro Danilo Toninelli ha ribadito che sull’avvio della procedura c’è “totale allineamento” nel governo. E sull’ipotesi di un intervento di Cdp nella gestione delle autostrade ha aggiunto: “Non escludiamo alcun tipo di strada per ristabilire l’equilibrio tra l’interesse pubblico e quello privato”.
Da un lato c’è il lavoro della commissione ministeriale che in una relazione presentata nella notte ha evidenziato una situazione “di pericolo e di criticità” elevata sul pilone 10. I tronconi del ponte Morandi sono da abbattere, si legge nel rapporto che fornisce le informazioni sullo stato dei materiali che riguardano “la corrosione dei trefoli dei cavi di precompressione primari e secondari”. “Si ritiene necessario dare tale informazione tempestivamente alla protezione civile e ai soggetti interessati dalle operazioni e in merito a tempi e modalità dei prossimi provvedimenti da assumere per l’abbattimento dei tronconi del ponte”, scrive la Commissione.
“C’è una questione di tempi”, ma “la politica ha già detto che di quel ponte non resterà su né l’ala di levante né di ponente. Verrà completamente smantellato. E i costi sono a carico di Autostrade: è il concessionario della tratta l’unico autorizzato a fare i lavori, fino a quando i percorsi presi dal governo sulla revoca non arriveranno a destinazione”, ha dichiarato in conferenza stampa il governatore Toti. “In merito alla necessità di intervenire per la messa in sicurezza del pilone 10″, risponde Autostrade, “verrà realizzata nei tempi tecnici strettamente necessari, nel rispetto delle indicazioni della Procura di Genova, ed è finalizzata alla successiva demolizione del pilone 10″.
Dall’altro c’è l’indagine della Procura sul crollo del Morandi che ha portato all’esecuzione del decreto di sequestro senza perquisizione da parte dei finanzieri nelle sedi Aspi. Nel frattempo anche Anac ha chiesto ad Autostrade chiarimenti rispetto all’ultima relazione pubblicata sul sito del Mit sulle “Attività sul settore autostradale in concessione” del 2016, da cui emerge una mancata attuazione di interventi sulla A10-A7-A12 pari al 72,89%. Il piano però include i lavori per la Gronda mai partiti. Autostrade replica in una nota: “La mancata attuazione non riguarda in alcun modo le attività di manutenzione”. E comunque “il dato è l’effetto dei notevoli ritardi da parte delle istituzioni competenti”.
Gdf in sedi Autostrade – Secondo quanto apprende LaPresse, le fiamme gialle stanno sequestrando documentazione tecnica, amministrativa, contabile nonché quella relativa ai controlli ed alle verifiche periodicamente eseguite sulle condizioni del ponte, agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria realizzati o progettati e ai relativi appalti (contratti, capitolati speciali, stati avanzamento lavori, documentazione di cantiere, piani di sicurezza per le lavorazioni, collaudi).
“Il pilone 10 più malato di quello crollato” – L’esame della documentazione progettuale per gli interventi di manutenzione sul Morandi evidenziano per “la pila n.10, sopravvissuta al crollo, uno stato di degrado dei materiali di grado più elevato, quattro su una scala di cinque, rispetto a quello che era stato riscontrato nella pila n.9 crollata, che risultava di livello tre“. Si legge nella relazione della commissione ministeriale al centro dell’ultima riunione del centro coordinamento soccorsi. “Segnala sul pilone 10 un evidente stato di corrosione di grado elevato”, ha annunciato il prefetto di Genova Fiamma Spena.
Il sollecito di Toti ad Aspi – Il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, chiede la demolizione immediata di ciò che resta del viadotto e ha inviato una lettera ad Autostrade per l’Italia evidenziando gli “obblighi” della società della famiglia Benetton nella “verifica, consolidamento, messa in sicurezza o demolizione dei tronconi del viadotto non collassati e instabili“. “Ho mandato un sollecito – ha spiegato – che potrebbe trasformarsi in un ingiunzione ad adempire a società Autostrade per procedere intanto alla messa in sicurezza definitiva e all’abbattimento del pilone 10 verso est”.
“Sono d’accordo con il sindaco e ho sentito più volte anche il procuratore Cozzi, bisogna puntare all’abbattimento nel più breve tempo possibile di tutto quello che rimane del ponte, una brutta carcassa e un brutto simbolo”, aveva ribadito il governatore e commissario per la ricostruzione a margine del Meeting di Rimini. La lettera del governatore è stata inviata anche al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. “Stante le rilevate condizioni di pericolo, si resta in attesa di conoscere le attività che Società Autostrade per l’Italia, in quanto soggetto gestore dell’infrastruttura autostradale A10, intende immediatamente porre in essere, nel rigoroso rispetto delle azioni richieste dall’Autorità Giudiziaria”, ha comunicato Toti.
Ansa: “Le case andranno perse” – A questo punto, anche se la struttura commissariale non lo conferma direttamente, l’Ansa rileva come le case sotto quello che rimane del ponte Morandi saranno quasi certamente perse. I metodi di abbattimento del pilone sovrastante sono infatti dello smontaggio, dell’implosione controllata e della ‘caduta di piatto‘, secondo quanto spiega la struttura commissariale, con le prime due ipotesi che richiedono tempi molto più lunghi. E il governatore da Rimini ha ribadito la volontà di fare in fretta “anche in considerazione delle piogge che potrebbero arrivare e del rischio che le macerie possano ostruire il decorso dell’acqua”, ha concluso.
L’istruttoria dell’Anac – L’Autorità Anticorruzione ha avviato un’istruttoria sull’attuazione degli interventi previsti dalla concessione autostradale e quindi anche sulla manutenzione. In quest’ambito ha chiesto ad Autostrade di inviare tabelle aggiornate alla data attuale sugli atti predisposti e necessari per la manutenzione del viadotto approvati dal Cda – e quindi progetto, capitolati tecnici, bando. Inoltre ha chiesto eventuali pareri richiesti al concedente, ossia il Mit. Gli accertamenti relativi al viadotto, specifica Anac, rientrano in una più generale questione di disparità tra investimenti programmati e realizzati.
La replica di Autostrade – La mancata attuazione del 72,89% degli interventi previsti si riferisce ad investimenti per il potenziamento della rete genovese (Gronda e nodo San Benigno), spiega in un comunicato Autostrade. I ritardi sono dovuti alle “istituzioni competenti” e sono stati – precisa Aspi – sia “nell’approvazione del progetto della Gronda di Genova” che nel rendere “disponibili alla società le aree del Lotto 2 di San Benigno“. In particolare, spiega Autostrade, “il progetto definitivo della Gronda di Genova è stato approvato dal Mit solo nel settembre del 2017: da ciò deriva l’attuale previsione di inizio lavori nel febbraio del 2019. Ma le previsioni di investimento citate nella nota di Anac si basano su quanto era previsto nel Piano Economico Finanziario del 2013, in cui si assumeva che l’autorizzazione fosse concessa nel novembre 2015 e l’avvio dei lavori avvenisse nel febbraio del 2017″. Autostrade ricorda anche come “lo slittamento di circa due anni e la conseguente minor spesa per investimento sono state causate dal tempo – superiore al previsto – impiegato sia per la conclusione dell’intesa Stato-Regione che per l’approvazione del progetto definitivo da parte del ministero competente”.