Da immobili di lusso a produzioni hollywoodiane, da case discografiche alle applicazioni per cellulare più utilizzate, fino al petrolio e all’alluminio russo passando per amicizie con persone vicine a Vladimir Putin. È la galassia di società controllata da Leonard Blavatnik, 61enne uomo d’affari di origine ebraica nato nell’ex Unione Sovietica che controlla Dazn, la piattaforma che da quest’anno fa concorrenza a Sky nella proiezione dei campionati di Serie A e B. Il servizio, già attivo da tempo negli Stati Uniti, in Giappone e in altri paesi europei (soprattutto Austria, Svizzera tedesca e Germania) esiste dal 2015 ed è di proprietà di Perform Group, una grande multinazionale con sede a Londra.
Nel 2014 la società Access Industries passò dal possedere il 42,5% di quote di Perform all’attuale 77 per cento, ottenendone così il controllo assoluto. Con sede negli Usa, Access Industries è un colosso del capitalismo a stelle e strisce e costituisce il braccio destro di Blavatnik, unico azionista e amministratore delegato dell’azienda. Al proprio interno racchiude società attive nel mercato immobiliare, tecnologico (ha investito anche su Snapchat, Spotify e Zalando), petrolchimico e, ovviamente, nel settore dei nuovi media, della musica e del cinema, dopo aver acquistato per tre miliardi di euro la Warner Music nel 2011. Blavatnik fondò la Access Industries nel 1986. Da allora, tra investimenti nell’alluminio russo e acquisizioni eccellenti, la società ha contribuito a una lenta ma costante crescita del patrimonio controllato dal magnate, fino a farlo diventare l’uomo più ricco d’Inghilterra (ha cittadinanza inglese, americana e russa) nel 2015, secondo il Sunday Times.
CHI È LEONARD BLAVATNIK
Nato nel 1957 a Odessa, oggi Ucraina e all’epoca Unione Sovietica, a 21 anni i suoi genitori si trasferiscono negli Stati Uniti dove prima alla Columbia University poi ad Harvard si dedica ad approfonditi studi aziendali e manageriali fino al 1989, l’anno della caduta del Muro di Berlino. E proprio la dissoluzione dell’ex Urss rappresenta il primo di quattro grandi momenti chiave nella carriera di Blavatnik. All’epoca riesce a emergere tra i vincitori nella famosa “guerra dell’alluminio” scatenatasi a seguito della massiccia privatizzazione delle aziende statali nei primi anni ‘90.
Il secondo colpo di genio di Blavatnik arriva nel 2010. La sua Access Industries acquisisce per 1,8 miliardi di dollari la LyondellBasell, gigante statunitense in crisi del settore chimico. Quattro anni più tardi l’azienda aveva più che quintuplicato il proprio valore: è stato definito il più grande affare nella storia di Wall Street.
Altri momenti d’oro furono l’acquisizione di Warner Music, avvenuta nel 2011, e la vendita delle sue quote nella TNK-BP per 7 miliardi di dollari avvenuta nel 2013. Mentre la prima è attualmente la terza casa discografica del mondo, la seconda è un gigante russo attivo nel settore petrolifero. Blavatnik è oggi considerato l’uomo più ricco del Regno Unito, con redditi ben al di sopra di quelli della regina e della scrittrice J.K. Rowling. È stato insignito della Knighthood per via del suo grande impegno filantropico, espresso prevalentemente attraverso la Blavatnik Family Foundation.
LE SANZIONI RUSSE
Quando all’indomani del crollo dell’Urss Blavatnik entra in società con Viktor Vekselberg, suo amico ed ex compagno di università, i due acquisiscono una società denominata UC RUSAL, all’epoca vanto dei governi comunisti e che, una volta privatizzata, diventa ben presto il maggior produttore di alluminio al mondo. Secondo il New York Times, Vekselberg e Oleg Deripaska (un altro grande azionista di UC RUSAL) sono uomini vicini al Cremlino. A leggere le informazioni rilasciate dal dipartimento del Tesoro americano, i due soci di lunga data di Blavatnik hanno un passato professionale non propriamente impeccabile. Mentre Deripaska è stato accusato di riciclaggio di denaro, di aver intercettato illegalmente ufficiali governativi e di aver minacciato di morte alcuni suoi rivali in affari, nel 2016 l’azienda di Vekselberg si è vista arrestare due dei suoi manager principali per aver corrotto dei pubblici ufficiali.
La UC RUSAL, di cui Access Industries deteneva quote importanti almeno fino al 2010, è anche oggetto delle sanzioni inflitte a partire dallo scorso aprile dal governo Usa contro la Russia. I provvedimenti furono emanati nei confronti di quelle aziende ritenute pericolosamente vicine a Vladimir Putin in virtù della presunta influenza esercitata dallo Zar nel corso delle presidenziali americane del 2016. Secondo Washington, Vekselberg, socio e amico di Blavatnik, sarebbe infatti da considerarsi amico stretto di Putin.
LA LUNGA MANO DEI LOBBISTI DI BLAVATNIK
Makan Delrahim è vice procuratore generale della divisione antitrust del Dipartimento di Giustizia americano, nominato direttamente dal presidente americano. In passato, tra gennaio e settembre del 2017, ha ricoperto il ruolo di vice consigliere di Donald Trump. David Bernhardt invece al momento è l’equivalente del vice ministro degli Interni dell’amministrazione Trump. Questi due uomini sembrano avere in comune soltanto dei buoni rapporti col tycoon americano. E invece no, c’è dell’altro. Un documento visionato dal Fatto Quotidiano dimostra infatti che i due nel biennio 2011-2012 sono stati registrati come lobbisti proprio per conto di Access Industries, la grande multinazionale di Blavatnik. Un dettaglio che non è passato inosservato agli occhi della giustizia americana, ancora impegnata a far luce sulle interferenze russe nelle ultime elezioni presidenziali e a chiarire i legami di Trump e dei suoi uomini con la Russia nell’ambito del Russiagate.
I CONTI DI DAZN
Con oltre 19mila eventi live trasmessi all’anno (secondo dati forniti dall’azienda stessa), Perform Group è una sports media company globale incentrata sulla trasmissione in streaming. È proprietaria dei siti web Goal.com, Runningball e del provider di statistiche OptaSports. Il gruppo ha chiuso il 2017 con 496 milioni di euro di ricavi, di cui 102 generati proprio da Dazn. Le perdite però non sono irrisorie e ammontavano a 418 milioni lo scorso anno. L’investimento nel calcio italiano è l’ennesima scommessa a firma Blavatnik. Sul piatto ci sono 193 milioni di euro a stagione per la Serie A e 22 per la Serie B, a cui va aggiunto un ulteriore investimento di 50 milioni per la sede di Milano e i suoi 150 dipendenti. L’obiettivo, fanno sapere dall’azienda, è raggiungere tre milioni di abbonati. Una sfida che, seppur non impossibile, appare quantomeno ardua viste le grosse difficoltà tecniche riscontrate durante la prima giornata di campionato e il conseguente sollevamento popolare.
di Gabriele Cruciata e Lorenzo Bodrero
Lobby
Dazn, chi è il proprietario di Perform: dagli investimenti post-Urss alla Warner, così è diventato il più ricco d’Inghilterra
Leonard Blavatnik, 61enne nato a Odessa con cittadinanza russa, americana e inglese, è il proprietario della piattaforma che da quest’anno trasmette Serie A e B. I suoi interessi vanno dal petrolchimico Usa all'industria musicale e hollywoodiana, ma tutto è partito con gli investimenti nell'alluminio e nel petrolio di Mosca. Alcuni suoi soci sono finiti nella "Putin list" delle sanzioni di Washington, mentre lui si garantisce lobbisti vicini a Trump e a Londra guadagna più della regina. Il suo obiettivo in Italia? Intanto arrivare a tre milioni di abbonati
Da immobili di lusso a produzioni hollywoodiane, da case discografiche alle applicazioni per cellulare più utilizzate, fino al petrolio e all’alluminio russo passando per amicizie con persone vicine a Vladimir Putin. È la galassia di società controllata da Leonard Blavatnik, 61enne uomo d’affari di origine ebraica nato nell’ex Unione Sovietica che controlla Dazn, la piattaforma che da quest’anno fa concorrenza a Sky nella proiezione dei campionati di Serie A e B. Il servizio, già attivo da tempo negli Stati Uniti, in Giappone e in altri paesi europei (soprattutto Austria, Svizzera tedesca e Germania) esiste dal 2015 ed è di proprietà di Perform Group, una grande multinazionale con sede a Londra.
Nel 2014 la società Access Industries passò dal possedere il 42,5% di quote di Perform all’attuale 77 per cento, ottenendone così il controllo assoluto. Con sede negli Usa, Access Industries è un colosso del capitalismo a stelle e strisce e costituisce il braccio destro di Blavatnik, unico azionista e amministratore delegato dell’azienda. Al proprio interno racchiude società attive nel mercato immobiliare, tecnologico (ha investito anche su Snapchat, Spotify e Zalando), petrolchimico e, ovviamente, nel settore dei nuovi media, della musica e del cinema, dopo aver acquistato per tre miliardi di euro la Warner Music nel 2011. Blavatnik fondò la Access Industries nel 1986. Da allora, tra investimenti nell’alluminio russo e acquisizioni eccellenti, la società ha contribuito a una lenta ma costante crescita del patrimonio controllato dal magnate, fino a farlo diventare l’uomo più ricco d’Inghilterra (ha cittadinanza inglese, americana e russa) nel 2015, secondo il Sunday Times.
CHI È LEONARD BLAVATNIK
Nato nel 1957 a Odessa, oggi Ucraina e all’epoca Unione Sovietica, a 21 anni i suoi genitori si trasferiscono negli Stati Uniti dove prima alla Columbia University poi ad Harvard si dedica ad approfonditi studi aziendali e manageriali fino al 1989, l’anno della caduta del Muro di Berlino. E proprio la dissoluzione dell’ex Urss rappresenta il primo di quattro grandi momenti chiave nella carriera di Blavatnik. All’epoca riesce a emergere tra i vincitori nella famosa “guerra dell’alluminio” scatenatasi a seguito della massiccia privatizzazione delle aziende statali nei primi anni ‘90.
Il secondo colpo di genio di Blavatnik arriva nel 2010. La sua Access Industries acquisisce per 1,8 miliardi di dollari la LyondellBasell, gigante statunitense in crisi del settore chimico. Quattro anni più tardi l’azienda aveva più che quintuplicato il proprio valore: è stato definito il più grande affare nella storia di Wall Street.
Altri momenti d’oro furono l’acquisizione di Warner Music, avvenuta nel 2011, e la vendita delle sue quote nella TNK-BP per 7 miliardi di dollari avvenuta nel 2013. Mentre la prima è attualmente la terza casa discografica del mondo, la seconda è un gigante russo attivo nel settore petrolifero. Blavatnik è oggi considerato l’uomo più ricco del Regno Unito, con redditi ben al di sopra di quelli della regina e della scrittrice J.K. Rowling. È stato insignito della Knighthood per via del suo grande impegno filantropico, espresso prevalentemente attraverso la Blavatnik Family Foundation.
LE SANZIONI RUSSE
Quando all’indomani del crollo dell’Urss Blavatnik entra in società con Viktor Vekselberg, suo amico ed ex compagno di università, i due acquisiscono una società denominata UC RUSAL, all’epoca vanto dei governi comunisti e che, una volta privatizzata, diventa ben presto il maggior produttore di alluminio al mondo. Secondo il New York Times, Vekselberg e Oleg Deripaska (un altro grande azionista di UC RUSAL) sono uomini vicini al Cremlino. A leggere le informazioni rilasciate dal dipartimento del Tesoro americano, i due soci di lunga data di Blavatnik hanno un passato professionale non propriamente impeccabile. Mentre Deripaska è stato accusato di riciclaggio di denaro, di aver intercettato illegalmente ufficiali governativi e di aver minacciato di morte alcuni suoi rivali in affari, nel 2016 l’azienda di Vekselberg si è vista arrestare due dei suoi manager principali per aver corrotto dei pubblici ufficiali.
La UC RUSAL, di cui Access Industries deteneva quote importanti almeno fino al 2010, è anche oggetto delle sanzioni inflitte a partire dallo scorso aprile dal governo Usa contro la Russia. I provvedimenti furono emanati nei confronti di quelle aziende ritenute pericolosamente vicine a Vladimir Putin in virtù della presunta influenza esercitata dallo Zar nel corso delle presidenziali americane del 2016. Secondo Washington, Vekselberg, socio e amico di Blavatnik, sarebbe infatti da considerarsi amico stretto di Putin.
LA LUNGA MANO DEI LOBBISTI DI BLAVATNIK
Makan Delrahim è vice procuratore generale della divisione antitrust del Dipartimento di Giustizia americano, nominato direttamente dal presidente americano. In passato, tra gennaio e settembre del 2017, ha ricoperto il ruolo di vice consigliere di Donald Trump. David Bernhardt invece al momento è l’equivalente del vice ministro degli Interni dell’amministrazione Trump. Questi due uomini sembrano avere in comune soltanto dei buoni rapporti col tycoon americano. E invece no, c’è dell’altro. Un documento visionato dal Fatto Quotidiano dimostra infatti che i due nel biennio 2011-2012 sono stati registrati come lobbisti proprio per conto di Access Industries, la grande multinazionale di Blavatnik. Un dettaglio che non è passato inosservato agli occhi della giustizia americana, ancora impegnata a far luce sulle interferenze russe nelle ultime elezioni presidenziali e a chiarire i legami di Trump e dei suoi uomini con la Russia nell’ambito del Russiagate.
I CONTI DI DAZN
Con oltre 19mila eventi live trasmessi all’anno (secondo dati forniti dall’azienda stessa), Perform Group è una sports media company globale incentrata sulla trasmissione in streaming. È proprietaria dei siti web Goal.com, Runningball e del provider di statistiche OptaSports. Il gruppo ha chiuso il 2017 con 496 milioni di euro di ricavi, di cui 102 generati proprio da Dazn. Le perdite però non sono irrisorie e ammontavano a 418 milioni lo scorso anno. L’investimento nel calcio italiano è l’ennesima scommessa a firma Blavatnik. Sul piatto ci sono 193 milioni di euro a stagione per la Serie A e 22 per la Serie B, a cui va aggiunto un ulteriore investimento di 50 milioni per la sede di Milano e i suoi 150 dipendenti. L’obiettivo, fanno sapere dall’azienda, è raggiungere tre milioni di abbonati. Una sfida che, seppur non impossibile, appare quantomeno ardua viste le grosse difficoltà tecniche riscontrate durante la prima giornata di campionato e il conseguente sollevamento popolare.
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Carige, Fiorani rientra come braccio destro dell’azionista Volpi. E nel cda c’è il loro avvocato
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Economia & Lobby
Caro bollette, a due settimane dagli annunci di Giorgetti il decreto slitta ancora: cdm rinviato a venerdì
Milano, 24 feb.(Adnkronos) - “La presentazione di Fondazione Bicocca è un momento importante perché Bicocca ha già dimostrato, spostandosi in quest'area geografica della città, di fare tanto per il territorio in cui è immersa, con una trasformazione ambientale e strutturale". Lo afferma Alessia Cappello, assessora allo Sviluppo economico e politiche del lavoro del Comune di Milano, in occasione della presentazione della Fondazione Bicocca, svoltasi presso l’Aula magna dell’Ateneo milanese.
"Basti pensare - dice - a tutti gli investimenti sul verde che ha fatto e che circondano quest'area, ma soprattutto culturale, sulla parte che riguarda la proprietà intellettuale, il trasferimento tecnologico, la possibilità di avvicinare e orientare ancora di più tante ragazze e ragazzi alle materie che l’Università Bicocca rappresenta in questo territorio. Ora attraverso la Fondazione, si cerca di creare quel ponte ancora più esplicito, ancora più forte con il mercato del lavoro”.
"L’obiettivo della Fondazione è trasformare da un lato il mercato del lavoro, avvicinandolo sempre di più alle aspettative di tante ragazze e ragazzi, dall'altro lato avvicinare questo patrimonio di giovani alle proposte che ci sono nel mercato del lavoro, orientandoli e formandoli nel modo corretto a fronte delle tante vacancies che ci sono in diversi settori. Un obiettivo molto utile non solo a Milano, ma al nostro Paese”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il costo delle bollette in Italia ha raggiunto picchi insostenibili per famiglie e imprese. Oggi la segretaria Schlein ha dimostrato che sono possibili interventi urgenti e immediati per abbassare il costo dell’energia. Nello stesso giorno in cui il governo Meloni fa slittare il cdm per affrontare la questione: sono nel caos. Seguano le proposte del Pd, perché gli italiani non possono rimetterci di tasca propria per l’incompetenza di questa destra". Lo scrive sui social Alessandro Zan del Pd.
Milano, 24 feb.(Adnkronos) - “Il valore di Fondazione Bicocca è un atto di coraggio, ma anche di eredità, perché questo è il mio ultimo anno di mandato. Pertanto, l'ottica è mettere a disposizione le competenze, ma anche il coraggio, di un grande ateneo pubblico multidisciplinare, come Bicocca, a disposizione della società civile a 360 gradi”. Così Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’università degli studi di Milano-Bicocca, in occasione della presentazione della Fondazione Bicocca, svoltasi presso l’Aula magna dell’Ateneo milanese.
“Tutti noi sappiamo dell'incertezza economica, dei problemi relativi al mancato sviluppo delle competenze e dell'inverno demografico. Queste sfide non sono solo italiane, ma anche europee, rispetto a colossi come Stati Uniti e Cina e fanno riflettere sul gap di innovazione tecnologica che caratterizza tutta l'Europa e in particolare il nostro Paese. Pertanto - spiega la rettrice Iannantuoni - è motivo di orgoglio avere da un lato lo sviluppo delle competenze e dall’altro mettere a disposizione i nostri laboratori e le nostre migliori menti insieme alle imprese per fare sviluppo e crescita. Non c'è innovazione tecnologica se non c’è giustizia sociale, cioè se l’innovazione non è a favore di tutti. Un esempio sono le polemiche legate alle auto elettriche”.
“Quindi, il nostro approccio è multidisciplinare, innovativo e diverso, com’è diversa Bicocca, e si propone come una piattaforma di connessioni per il futuro, come abbiamo voluto chiamare la giornata di oggi e aspettiamo tutte le imprese del terzo settore, gli Irccs, gli istituti di cura, le scienze della vita, Tutti insieme per dare una speranza diversa al nostro Paese”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il governo Meloni, in quasi due anni, non ha adottato alcuna misura efficace per contrastare l’aumento delle bollette, preferendo smantellare il mercato tutelato e aggravando così la situazione di famiglie e imprese". Lo afferma Ubaldo Pagano, capogruppo del Partito Democratico in Commissione Bilancio alla Camera, sottolineando la necessità di un cambio di rotta immediato. Il Partito Democratico torna a chiedere interventi concreti, proponendo due soluzioni centrali: separare il costo dell’energia da quello del gas e istituire un ente pubblico che possa garantire prezzi più accessibili.
"Non possiamo accettare – aggiunge Pagano – che il nostro sistema energetico rimanga vincolato a un meccanismo che pesa enormemente sulle tasche di cittadini e aziende. Il gas è la fonte più costosa e instabile, e continuare a legare il prezzo dell’elettricità a questa risorsa è un errore che il governo deve correggere subito. Le bollette stanno raggiungendo livelli insostenibili proprio nei mesi di maggiore consumo: Meloni e la sua maggioranza si decidano ad agire, perché gli italiani non possono più aspettare", conclude Pagano.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Non è più procrastinabile un intervento del Governo per contenere i costi delle bollette, oramai insostenibili per milioni di italiani. Governo e maggioranza facciano proprie le proposte del Pd avanzate da Elly Schlein e tutte a costo zero. Proposte semplici, chiare ed efficaci. Approviamole con spirito bipartisan per il bene del Paese". Così in una nota il senatore del Pd Michele Fina.
"Dopo che il taglio delle accise, promesso dalla presidente Meloni, era rimasto intrappolato nella distanza che c'è tra il dire e il fare e nulla è stato fatto è ora che maggioranza e governo prendano atto della gravità della situazione. Come si fa a non rendersi conto che questa emergenza bollette si aggiunge all’aumento di carburante, RC Auto e pedaggi, beni alimentari, materiale scolastico e affitti? Una situazione sconfortante che si va ad aggiungere ad una economia che arretra da 750 giorni, proprio mentre attendiamo gli effetti nefasti dei dazi di Trump".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - Si riunirà domani pomeriggio il gruppo Pd della Camera e all'ordine del giorno c'è anche la questione della pdl Cisl sulla partecipazione dei lavoratori. Dopodomani infatti si riunirà in mattinata il Comitato dei 9 e quindi è atteso il provvedimento in aula. Provvedimento sul quale si sono registrate sensibilità diverse tra i dem. Con il disagio dell'area riformista, in particolare, a dire no all'iniziativa promossa dalla Cisl. Per un altro pezzo dei dem invece, come Arturo Scotto e Maria Cecilia Guerra, il testo base è stato stravolto dalla maggioranza ed è quindi insostenibile. Testo su cui, per altro, ha messo il cappello la stessa premier Giorgia Meloni parlando all'ultima assemblea Cisl.
I dem, per trovare una quadra, si erano già confrontati nelle settimane scorse in una riunione del gruppo a Montecitorio. Si era deciso di rinviare la decisione sul voto, in attesa di vedere se la maggioranza si fosse resa disponibile ad accogliere alcune modifiche, in aula, proposte dal Pd. "Attendiamo un segnale", si era detto. A quasi un mese di distanza però il 'segnale' non sembra arrivato. Dice Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro: "Noi abbiamo tenuto sempre come bussola il merito. E votare no al mandato al relatore, è stata un scelta di merito perchè il testo base Cisl è stato completamente stravolto e peggiorato. Tanto che viene da chiedersi come sia possibile che un grande sindacato come la Cisl possa riconoscere come proprio il provvedimento che arriva in aula...".
"Ma -aggiunge- abbiamo detto che eravamo disponibili a modificare il nostro no in commissione, se in aula la maggioranza avesse dato l'ok ad alcune significative modifiche. Al momento, però non abbiamo avuto alcun segnale in questa direzione". E quindi, va a finire che il Pd si divide? "Non credo proprio". Magari si va verso un'astensione? "Domani abbiamo il gruppo, discuteremo domani".
Roma, 24 feb. (Adnkronos Salute) - L'intervento e le cure per il tumore al seno possono avere un forte impatto sulla sfera emotiva e sessuale della donna; il bisogno di recuperare femminilità e intimità, così come il desiderio di maternità, sono molto sentiti dalle pazienti, che però non ne parlano. Lo confermano i dati di un'indagine condotta da Iqvia e promossa da Europa Donna Italia per comprendere l'impatto della malattia sull'identità femminile e la relazione di coppia. I risultati sono stati presentati nel corso del convegno scientifico 'Rəvolution in medicine', che si è tenuto sabato 22 febbraio all'università degli Studi di Milano.
Oltre il 90% delle donne riscontra problemi legati alla sfera sessuale in seguito a interventi e trattamenti per il tumore al seno, ma il 66% non ne parla con nessuno e il 42% rinuncia a gestirli, evidenzia la ricerca coordinata da Isabella Cecchini, responsabile del Centro studi Iqvia Italia, che ha coinvolto 382 donne con diagnosi di tumore al seno di diverse fasce di età e a diverso stadio di malattia. I risultati indicano che le tematiche relative a emozioni e sessualità sono percepite importanti per il 72% del campione, ma restano taciute non solo dalle donne stesse - principalmente per timore, vergogna, idea che siano aspetti secondari rispetto alle priorità dettate dalla malattia - ma anche dai medici.
"Rispetto agli esordi del mio essere oncologa - dichiara Manuelita Mazza, oncologa della Senologia medica dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano e responsabile scientifica di 'Rəvolution in medicine' - la vita delle pazienti è cambiata. In poco più di vent'anni ho assistito a grandi passi avanti nella capacità di curare il tumore al seno, anche nelle forme metastatiche; tuttavia, se si guarisce sempre di più e l'aspettativa di vita è più lunga, non sono certa sia anche più larga, più piena, più densa di vita stessa. La salute sessuale è un aspetto puntualmente trascurato del benessere di chi ha una diagnosi impegnativa come il tumore al seno, specie se metastatico, ma è parte integrante del benessere di ciascuna donna e non può essere un argomento omesso a fronte di una diagnosi di tumore al seno".
"Fornire alla paziente informazioni chiare sugli effetti collaterali sessuali dei trattamenti e, se desiderato, includere il partner nelle discussioni cliniche può fare una grande differenza - prosegue Mazza - Questa apertura non solo supporta meglio la paziente, ma le permette di sentirsi compresa in una delle sfere più intime e vulnerabili della sua vita".
I dati presentati confermano quanto un cambio di passo sia necessario: appena il 22% delle donne intervistate ha un alto livello di consapevolezza dell'impatto delle terapie sulla propria sessualità, l'11% ha interrotto la relazione con il proprio partner dopo la diagnosi di tumore al seno e 2 coppie su 3 hanno interrotto i rapporti sessuali. Anche sul fronte della maternità emergono dati significativi: solo 3 pazienti su 4 parlano del desiderio di diventare madri con il proprio medico di riferimento, e la comunicazione risulta chiara e rassicurante appena per la metà di esse, con il risultato che troppo spesso si rinuncia al proprio progetto di vita perché non si sono ricevute informazioni adeguate.
"E' il momento di promuovere un cambiamento - commenta Rosanna D'Antona, presidente di Europa Donna Italia - e far sì che i problemi riscontrati dalle pazienti nella sfera emotiva e sessuale escano dal cono d’ombra del tabù. Le donne chiedono un supporto specifico da parte dei medici e vorrebbero essere affiancate anche dagli psiconcologi. L'impegno di Europa Donna in queste direzioni non mancherà. Già dal 2022 abbiamo avviato il progetto 'Come Prima', dedicato al recupero della femminilità e al desiderio di maternità delle donne con tumore del seno, coinvolgendo le pazienti, i loro partner e i medici con materiale informativo e appuntamenti dedicati, e proseguono i nostri sforzi per promuovere e normalizzare il dialogo tra pazienti e professionisti sanitari, medici in primis, anche su questi aspetti. Non dimentichiamo che la presa in carico delle pazienti deve prendere in considerazione non solo la malattia di per sé, ma la donna nella sua interezza, con i suoi bisogni fisici e psicologici".