Edward mani di Forbici (1990) – Un amichevole freak di quartiere
“Avevo la sensazione che le persone avessero semplicemente quest’impulso a lasciarmi da solo per qualche ragione, non so esattamente il perché”. Proiettato sul grande schermo a partire da un racconto scritto dallo stesso Burton e disegnato ricalcando le pose di Robert Smith, icona goth dei Cure, Edward altro non è che la trasposizione fiabesca dei timori adolescenziali del suo creatore. Il sostanziale mutismo del protagonista – marionetta fragile con il volto decorato da una miriade di piccole cicatrici -, la sua incompiutezza e l’incapacità di accarezzare il viso della splendida Kim per via delle lame impiantate al posto delle dita, infatti, sbocciano fuor di metafora nella raffigurazione delle difficoltà relazionali tipiche di ogni teenager. Nato e cresciuto a Burbank, nella contea di Los Angeles, il regista condanna la provincia americana attraverso un uso fumettistico di tonalità pastello tanto scintillanti quanto superficiali, tutte tese a soffocare il grigio pallore di un protagonista la cui diversità e le cui doti artistiche incuriosiscono, certo, ma soprattutto irritano quel microcosmo di perfetta omologazione. Se a dominare la scena è l’innocenza del Pinocchio dark interpretato da Johnny Depp (Chocolat e Blow), altrettanto preziose sono le prove di una giovanissima Wynona Rider (Dracula di Bram Stoker e L’età dell’innocenza) e di Vincent Price (L’abominevole dottor Phibes e Il grande inquisitore), amatissimo eroe d’infanzia del cineasta californiano.