L’investimento è già stato “ampiamente ammortizzato e remunerato” e quindi le tariffe “avrebbero quantomeno potuto essere drasticamente ridotte“. Invece i costi sono aumentati generando “extraprofitti” dei quali “hanno beneficiato totalmente le società concessionarie, a discapito dei cittadini che hanno visto e vedono di volta in volta aumentare il costo dei pedaggi” mentre lo Stato ha intascato solo 841 milioni di euro. E negli anni in cui i profitti aumentavano non sono stati effettuati tutti gli investimenti previsti. Davanti alle commissioni Ambiente di Camera e Senato, il ministro Danilo Toninelli, dopo aver assicurato “vicinanza alle vittime e alle loro famiglie”, attacca Autostrade, le altre concessionarie e i precedenti governi durante l’informativa sul cedimento del Ponte Morandi sulla A10.
“Stop emergenze, si ricominci a programmare”
Un intervento lungo e articolato, che spazia dalle responsabilità delle concessionarie a quelle degli esecutivi che si sono succeduti durante il “banchetto dei privati”, lo chiama così, iniziato con il governo D’Alema nel 1999 mentre in alcuni Paesi europei “esistono altri modelli che funzionano meglio del nostro”. Con una certezza: “Il crollo di Genova non è dovuto a una tragica casualità, ma conferma drammaticamente quello che questo governo e questo ministero hanno sostenuto fin dal loro insediamento. La prima vera grande opera di cui ha bisogno questo Paese è un imponente e organico piano di manutenzione ordinaria e straordinaria”. Mentre gli ultimi dati disponibili riferiti al 2016, spiega Toninelli, hanno fatto registrare un calo del 7% rispetto all’anno precedente. “Bisogna smettere di inseguire le emergenze e ricominciare a programmare gli interventi per evitare che eventi di questo genere vengano a determinarsi”, dice.
“Investimenti ridotti nel tempo. Sistema malato”
Anche sugli investimenti, il ministro precisa che i dati a disposizione evidenziano nel corso degli anni “una progressiva riduzione di spesa, la quale è passata da un importo medio di 2 miliardi degli anni 2000 a 950 milioni del 2017″ e nel periodo 2008-2017 “risulta inferiore rispetto alle previsioni riportate dai Piani Finanziari nel medesimo periodo” con una percentuale di attuazione del 64,87%. “Questo dimostra – sottolinea – ancora una volta l’esigenza di intervenire su un sistema malato, che non ha giustificazioni né corrispondenze negli altri Paesi europei”.
L’annuncio: “Concessionari dettaglieranno interventi”
Per questo, annuncia, a partire da settembre, “convocherò tutti i concessionari delle infrastrutture, chiedendo un programma dettagliato degli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione” nel quale devono essere indicate le “risorse destinate a realizzare un programma di riammodernamento delle infrastrutture” le cui risorse dovranno essere bilanciate agli utili le concessionarie ricavano dalla gestione. “Dobbiamo ribaltare il sistema“, insiste. L’idea? Una valutazione caso per caso: “Questo governo farà di tutto per rivedere integralmente il sistema delle concessioni e degli obblighi convenzionali, valutando di volta in volta se l’interesse pubblico sia meglio tutelato da forme di nazionalizzazione – dice – oppure dalla rinegoziazione dei contratti in essere in modo che siano meno sbilanciati a favore dei concessionari”.
“Concessioni squilibrate? Responsabilità è politica”
Uno squilibrio che Toninelli imputa a chi quelle convenzioni le ha approvate per legge tra il 2007 e il 2008 con una procedura che “ha di fatto escluso la valutazione da parte degli Uffici amministrativi preposti all’epoca”, ovvero Anas, Mit e Mef: “Quindi sullo stato attuale delle Convenzioni, essendo state escluse le amministrazioni, la responsabilità è unicamente politica“. Non l’unica responsabilità sostiene il ministro. Da quando le convenzioni “sono state consolidate nelle mani dei privati con enormi vantaggi“, accusa, le dotazioni in capo al ministero per assolvere alle funzioni di vigilanza e di controllo dei concessionari sono state limitate a 16 milioni di euro e “nel 2017 sono state addirittura più che dimezzate“.
La promessa: “Potenzierò servizio ispettivo”
La scarsità delle risorse, rincara, è confermata da un organico previsto di 250 persone con adeguati titoli professionali ma nel 2008 “il personale in servizio risultava pari a 148 unità e ad oggi “la Direzione è composta da sole 110 unità di cui oltre la metà ricopre funzioni di addetti ed assistenti, tra tutti gli uffici centrali e periferici”. E oltretutto, conclude, “si è trasferito un monopolio da mano pubblica a quella privata, senza creare una vera authority con prerogative sanzionatorie vere”. Quindi ora, promette, “disporrò il potenziamento del servizio ispettivo” valutando anche il ripristino di quella Agenzia che avrebbe avuto una maggiore autonomia e che i governi precedenti non hanno voluto istituire, in modo da assicurare una rigorosa e puntuale vigilanza sull’operato dei concessionari e sul rispetto dei vincoli che la legge e le convenzioni pongono a loro carico”.