John McCain, il maverick della politica statunitense, l’eroe della guerra del Vietnam, è morto di cancro al cervello nei giorni scorsi. Tra gli ultimi desideri, quello di non avere il presidente in carica Donald Trump al proprio funerale. Da parte sua il presidente ha stoppato uno statement della Casa Bianca in cui si riprendeva la tematica dell’‘eroe’ per mandare un semplice messaggio di condoglianze alla famiglia su Twitter. Perfino Bernie Sanders ha usato parole di elogio per la ‘civiltà’ di McCain, definendolo “an American hero, a man of decency and honor and a friend of mine”. Per non dire di Barack Obama, che pur da immeritevole vincitore del Premio Nobel per la Pace, ha avuto uno stile ben diverso da quello di McCain, ha avuto parole di profonda commozione per la morte del suo competitor alle elezioni presidenziali del 2008.
Ma se il contesto politico statunitense è un mondo assai complesso dove un attivista dei diritti civili come Sanders può commemorare un guerrafondaio come McCain perché le linee politiche sono talvolta attraversabili per trovarsi sul terreno di battaglie comuni (mentre, come ho detto, meno stupefacente è l’elogio di Obama), è nella sinistra italiana che si è assistito al più imbarazzante coro di prefiche per il senatore. Gentiloni, Martina e tutti i massimi livelli del Pd si sono sperticati in lodi che vanno ben oltre il più classico de mortuis nihil nisi bonum.
Ma chi era davvero John McCain? Alcuni ritengono che il suo contegno, e gli elogi che oggi se ne leggono, siano da interpretare in contrapposizione alla volgarità aggressiva di Trump. Insomma, i bei tempi andati della correttezza istituzionale, quando la corsa da presidente vedeva come protagonista un azzimato eroe di guerra compreso nel ruolo di rappresentante delle istituzioni. Ma McCain non ha niente a che fare con questa descrizione. Nel 2000 lo scrittore David Foster Wallace fu mandato da Rolling Stone a seguire la carovana di una campagna di McCain, e già allora l’eroe di guerra veniva restituito per ciò che era stato: mentre Bill Clinton era una sorta di sfigato impegnato nelle battaglie scolastiche per i consigli di istituto, John McCain veniva menzionato per essere uno scapestrato studente e uno scapestrato pilota, una sorta di ‘simpatico’ combina-guai, autentico e spaccone.
Non c’era insomma alcuna sobrietà ‘istituzionale’ da celebrare, né erano da celebrare le sue scelte politiche, al contrario assai discutibili: sempre in prima linea in tutte le guerre statunitensi di aggressione e contro il diritto internazionale, compreso l’intervento in Iraq (fondato, lo si ricordi, sulle false prove dei criminali di diritto internazionale Bush, Powell e Blair), McCain rispondeva con una canzone dei Beach Boys che diceva “bomb bomb bomb” a chi gli chiedeva lumi sull’Iran e sulla politica estera statunitense. Aveva definito i manifestanti contro la guerra come ‘scum’ (feccia). Ai suoi comizi nella campagna per le presidenziali, la gente urlava contro Obama “ammazzatelo”, “terrorista”, “traditore”. Aveva fatto battute sulla bruttezza di Chelsea Clinton. Quando un suo supporter gli disse, come documentano gli attivisti di Democracy Now, che Obama era un “Arabo”, lui rispose “No, he’s a decent family man”: ‘arabo’ versus ‘decent family man’.
Insomma, se Trump ne fa di cotte e di crude, McCain – fatte salve alcune sfumature nient’affatto secondarie – appare tutt’altro che un gran signore della politica statunitense. Per non dire del suo passato di pilota nella sporca guerra contro il Vietnam. Certo, eroe di guerra perché catturato, torturato, trattenuto in isolamento, detenuto nelle prigioni nemiche per 5 anni e mezzo, con due tentativi di suicidio alle spalle. Se Trump è il tycoon sguaiato e volgare, McCain è il ‘buon repubblicano’, certo, ma con un ruolino di uscite e di posizioni politiche – non ultima la scelta dell’imbarazzante Sarah Palin come sua candidata vice-presidente – da far tremare le vene e i polsi.
Ma ciò che più stupisce è che la sinistra italiana, o meglio il centro-sinistra, e ancora meglio il Pd, abbia scritto elogi per un uomo che avrebbe sempre messo al primo posto “i valori dell’America (sic) e del mondo libero” (l’ex presidente del Consiglio ed ex ministro degli esteri Paolo Gentiloni). Ma non c’è molto da stupirsi, in effetti, se ancora la sinistra non ha imparato a dire ‘statunitense’ invece di ‘americano’, confondendo l’imperialismo degli Stati Uniti e i cortili dello zio Sam.
Onore a #JohnMcCain leader repubblicano che ha sempre messo al primo posto i valori dell’America e del mondo libero
— Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) August 26, 2018