Il 26 agosto l'imbarcazione operata da SOS Mediterranée e Msf, ha lasciato zona Ricerca e soccorso ed è rientrata a Marsiglia, dopo una situazione di stallo di più una settimana al largo delle coste della Tunisia con a bordo 5 tunisini salvati. Ora in mare non è rimasta più nessuna ong
Anche la Aquarius ha lasciato la zona di Ricerca e soccorso. Il 26 agosto la nave operata da SOS Mediterranée e Medici senza Frontiere è rientrata a Marsiglia, dopo una situazione di stallo durata più una settimana al largo delle coste della Tunisia e con a bordo cinque tunisini salvati. Ora a soccorrere le imbarcazioni con cui i migranti affrontano la traversata del Mediterraneo centrale non è rimasta nessuna ong.
L’ultimo viaggio di Aquarius
Dopo essersi rimessa in navigazione a un mese dall’affaire Valencia, partendo da Marsiglia il 1° agosto e sbarcando a Malta il 15 con 141 persone a bordo – la maggior parte minori – salvati nella zona SAR davanti alle coste della Libia, la nave era ripartita il 16 agosto dal porto de La Valletta, dopo un’ispezione a bordo da parte delle autorità maltesi. Destinazione nuovamente Marsiglia “su richiesta dell’armatore” e “al fine di chiarire rapidamente la situazione politica e amministrativa legata alla bandiera di Gibilterra”, si legge su Twitter. Sarebbe dovuta arrivare in Francia il 18 agosto. Ma, al secondo giorno di navigazione, soccorre un piccolo gommone con a bordo cinque persone, tutte di nazionalità tunisina. Così fino al 25 agosto l’Aquarius resta “in acque internazionali a 45 miglia dalla costa tunisina, in attesa di chiarimenti sullo sbarco dei 5 sopravvissuti”.
L’Unhcr, il 19 agosto, conduce “interviste individuali su Skype con i 5 sopravvissuti al fine di fornire una guida all’Aquarius”. Ma lo stallo perdura e l’epilogo arriva solo il 25 agosto: “Dopo numerosi giorni di negoziazione con diverse agenzie e autorità, il nostro team ha discusso la situazione con i 5 superstiti soccorsi il 17 agosto cosicché potessero fare una scelta consapevole”, si legge sull’account Twitter di SOS Mediterranée. “Hanno deciso di tornare in Tunisia perché non c’era altra alternativa. Le 5 persone sono state trasferite su una nave della Marina tunisina al largo delle coste di Bizerte“. E la nave Aquarius “ha ripreso la navigazione verso il porto di Marsiglia per il consueto scalo tecnico. Torneremo il prima possibile nella zona di ricerca e soccorso”.
Il caso della bandiera
A inizio agosto Gibilterra aveva annunciato l’intenzione di rimuovere l’Aquarius dai propri registri. La scadenza per fare ricorso, da parte dell’armatore, (mossa che avrebbe di fatto sospeso il ritiro della bandiera fino a pronuncia) era il 20 agosto: altrimenti la richiesta di ritiro sarebbe diventata effettiva e – spiegava Gibilterra – la nave sarebbe tornata a battere la bandiera precedente, quella tedesca. A domanda, il 22 agosto, SOS Mediterranée risponde: “In questo momento la Aquarius non è in mare senza bandiera. I nostri team stanno lavorando per trovare la soluzione che permetterà alla Aquarius di continuare la sua missione vitale nel Mediterraneo Centrale e di ripartire al più presto salvare vite dopo il cambio equipaggio. Il processo è ancora in corso e sarete informati per tempo della situazione”.
Nessuna conferma o smentita neanche dall’armatore, la Hempel Shipping GmbH, pure interpellato. Mentre il governo di Gibilterra risponde così a IlFattoQuotidiano.it: “L’appello è stato annullato e la nave è stata cancellata su richiesta del proprietario” dal registro di Gibilterra. Non quindi, si spiega, dal territorio britannico in seguito a scadenza dei termini. L’Aquarius, scrive ancora il governo di Gibilterra, “è tornata brevemente alla bandiera principale (quella della Germania) e batte ora bandiera di Panama grazie a un noleggio a scafo nudo dal 20 agosto”. Il sito dell’International Maritime Organization, per il momento, non è ancora aggiornato e Aquarius risulta ancora sotto bandiera di Gibilterra.
Open Arms pronta a ripartire. Ma in stand-by
La prima Ong a lasciare il Mediterraneo, dopo tre anni di attività nel Mediterraneo e il “salvataggio di oltre 40mila persone” – era stata Moas, Migrant Offshore Aid Station. Che nel settembre 2017 decide di spostarsi dall’altra parte del mondo a causa del “contesto politico” che comincia a delinearsi nel Mediterraneo, per andare “nel golfo del Bengala per distribuire aiuti e assistere le migliaia di Rohingya che stanno fuggendo dalle violenze in Myanmar cercando rifugio in Bangladesh”. Un anno dopo, nel Mediterraneo centrale non resta, ad oggi, nessuna nave umanitaria. Aquarius era arrivata in zona SAR a inizio agosto, in un’ideale staffetta con l’altra unica ong ancora in navigazione in quei giorni, Proactiva Open Arms. La nave della Ong spagnola era sulla via del rientro in Spagna dopo aver soccorso 87 persone. “La missione 47 è arrivata a Barcellona, dopo aver percorso 6mila miglia attraverso il Mediterraneo in 2 operazioni di soccorso, sbarchando 1 persona e 2 cadaveri a Maiorca prima e 87 a Algeciras in seguito”, twittava il fondatore Oscar Camps il 16 agosto. “Come spostarsi da Barcellona a New York. Incluse 2 ispezioni”. Da allora la nave è nel porto di Barcellona, e potrebbe restarci ancora per settimane. “Siamo fermi per il cambio dell’equipaggio dopo un mese di missione in mare”, spiegano dalla ong a IlFattoQuotidiano.it. “Inoltre dovevamo rinnovare dei certificati e quindi passare alcune ispezioni”.
Sea-Watch, Lifeline e Seefuch a Malta, il cimitero delle ong
“Non possiamo uscire dal porto. E se lo facciamo ci indagano, ovunque siamo. Ma il perché non lo sappiamo. È tutto in regola e abbiamo sempre fatto tutto a norma, ma ci continuano a dire: non potete uscire. E questo è tutto”. Malo Castillon, che sulla Sea-Watch 3 fa l’ingegnere, analizza la situazione in cui versa l’imbarcazione e l’equipaggio. La Sea-Watch 3, che batte bandiera olandese, è bloccata nel porto di Malta dai primi di luglio, al rientro dall’ultima missione. “Sono molto pessimista, visto che riescono a bloccare una nave senza dover dare alcuna giustificazione”, dice Malo a IlFattoQuotidiano.it I presunti problemi di registrazione sollevati in occasione dell’ultima missione non avrebbero motivo di essere. “Su di noi non c’è un’inchiesta”, dice ancora il francese. Lo stesso governo olandese ha confermato la corretta registrazione della nave. Ma Malta, ad oggi, continua a impedire all’imbarcazione di salpare. “Malta fa gli interessi dell’Italia: nell’isola ci sono moltissime imprese e business finanziati dagli italiani”, dice ancora Malo Castillon. “E poi c’è la questione del sistema bancario maltese: non si può permettere che un’isola così piccola e sede di così ampi interessi finanziari europei possa essere destabilizzata”.
Neanche Sea-Eye, ong tedesca con due navi di ricerca e soccorso, la Sea-Eye e la Seefuchs, risulta ad oggi accusata di aver infranto la legge. Il blocco della nave Seefuchs, battente bandiera olandese e ferma attualmente a La Valletta, nasce ancora una volta da questioni di registrazione. A Malta non c’è stata la possibilità di stabilire un contatto e un incontro in tempi brevi per IlFattoQuotidiano.it con Sea-Eye. La Sea Eye è ferma per mancanza di “membri dell’equipaggio e, soprattutto, all’inizio dell’anno non avevamo abbastanza donazioni per gestire due navi durante l’anno”, ha spiegato Gorden Isler, uno dei portavoce, a inizio agosto in un’intervista a Bento. La Seefuchs, invece, “batte bandiera olandese, e il governo di quel Paese ci ha fatto sapere che presumibilmente i nostri documenti non sarebbero stati sufficienti. Siamo rientrati immediatamente dalla missione: essere senza bandiera è un problema di sicurezza per l’equipaggio prima di tutto”.
E poi c’è la Lifeline, anch’essa battente bandiera olandese e, questa sì, sotto sequestro: il comandante Claus Peter Reisch non può lasciare l’isola e sta affrontando un processo. I pubblici ministeri sostengono che il capitano era entrato illegalmente nelle acque del paese, in mancanza cioè di una corretta registrazione dell’imbarcazione. La sentenza potrebbe arrivare l’11 settembre. Reisch ha già annunciato che, in caso di condanna, farà ricorso. E che l’ong di Dresda sta lavorando per mettere in mare una nuova nave. “Sono in corso colloqui con compagnie di navigazione e altre agenzie”, si legge nel nuovo progetto.” I negoziati stanno andando bene e speriamo che presto saremo in grado di migliorare le condizioni disumane nel Mediterraneo”.
La Juventa resta ferma a Trapani
Resta poi, come noto, sotto sequestro dal 2 agosto 2017 a Trapani la nave Juventa dell’ong tedesca Jugend Rettet. A metà luglio sono stati notificati 20 avvisi di garanzia ai componenti dell’equipaggio, allo staff di Medici Senza Frontiere e a quello di Save the Children. La Procura ha specificato che l’operato della nave, che ha agito in acque libiche e con modalità ancora da accertare, non nascondeva “fini illeciti di qualsiasi natura“ e che eventuali violazioni delle norme in corso di accertamento si sarebbero rese necessarie “unicamente per la salvezza di vite umane”.
(Foto di Angela Gennaro)