Aveva detto che l’avrebbero ribattezzata “legge Viareggio“, come la tragedia che nel 2009 uccise 32 persone. E per la quale già in appello, il prossimo novembre, alcuni dirigenti ed ex dirigenti delle aziende legate a Ferrovie dello Stato vedranno prescritti molti reati. “Vorrei tanto che quando ci sarà la riforma non portasse il nome di chi l’ha scritta, ma fosse la Viareggio o Viareggio bis, perchè vorrei chi la pronuncerà in un’aula di tribunale si ricordasse non di chi l’ha scritta ma chi è morto e di chi ha sofferto prima che quella legge esistesse: in Italia mai più dovranno esistere ingiustizie di questo tipo”, erano le parole utilizzate da Alfonso Bonafede, ricordando per la prima volta la strage da ministro della giustizia i 29 giugno scorso. Due mesi dopo di legge Viareggio sulla prescrizione neanche l’ombra: si comincerà a discuterne non prima di dicembre. E non solo per ipotetici veti incrociati con la Lega, già emersi in sede di scrittura di contratto di governo, e rilanciati dal quotidiano la Stampa.
Al momento da via Arenula hanno subordinato il dossier sulla prescrizione alla riforma del processo civile e alle nuove assunzioni nel comparto giustizia. In pratica dal ministero vogliono prima vedere se il contenzioso arretrato dei tribunali italiani subirà un’accelerazione grazie alle nuove norme e agli investimenti per assumere nuovi magistrati e cancellieri.
Bisognerà dunque attendere che la riforma del processo civile prevista per ottobre e i soldi stanziati dalla legge di Bilancio per le nuove assunzioni nella giustizia comincino a dare i loro frutti prima di cominciare a studiare il nuovo istituto della prescrizione. Bonafede ha sempre detto che vorrebbe bloccare la prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Opinione condivisa dall‘Associazione nazionale magistrati, ricevuta dal guardasigilli a fine giugno ma con la quale Matteo Salvini non è d’accordo. Proprio in relazione agli attacchi del ministro dell’Interno ai magistrati, successivi alla sua iscrizione, l’Anm ha lamentato una presunta scarsa verve del guardasigilli a difesa delle toghe.
In questo senso alcuni magistrati fanno notare come per attaccare i pm il leader della Lega abbia fatto cenno proprio al contenzioso inevaso nei tribunali. “Hanno quattro milioni di arretrati e hanno indagato Salvini”. Bonafede non ha commentato direttamente le parole del collega ministro limitandosi a scrivere su facebook che “la magistratura può chiaramente essere criticata ma mai offesa: ventilare un movente politico dietro l’azione dei magistrati appartiene a una stagione politica ormai tramontata”. Una reazione che alle toghe è sembrata troppo blanda per quello che consideravano come il primo ministro davvero vicino al loro mondo. Da via Arenula, però, fanno filtrare come Bonafede non sia e non si senta il sindacalista dei magistrati. E come il suo commento sui social network sia già da considerare un atto di vicinanza alle toghe abbastanza netto. Dall’altra parte sempre dal ministero fanno notare come certe intemerate di matrice leghista – come quella del deputato Giuseppe Bellachioma che aveva detto ai pm: “Se toccate Salvini veniamo a prendervi a casa” – siano rientrate – con tanto di scuse – solo dopo l’intervento diretto del guardasigilli. Una sorta di moral suasion ministeriale senza annunci pubblici per smorzare gli attacchi provenienti del Carroccio al mondo della magistratura.
E che si somma alla decisione di ignorare completamente le “invasioni di campo” di Salvini. Come quella sulla separazione delle carriere dei magistrati, storicamente molto cara a Silvio Berlusconi. “Non è nel contratto. Punto”, dicono dal ministero. Quello che invece è nel contratto è appunto la prescrizione, inserita nonostante le posizioni tra M5s e Lega fossero distanti. E infatti nell’accordo tra le due forze di governo si parla genericamente di “efficace riforma prescrizione dei reati”, ma “parallelamente alle assunzioni nel comparto giustizia”. Non se ne riparlerà prima di dicembre. Quando nelle intenzioni del guardasigilli dovrebbero essere convocati una sorta di Stati generali della giustizia sul tema delle intercettazioni. L‘entrata in vigore della riforma di Andrea Orlando è stata prorogata al marzo 2019 con il decreto Milleproroghe varato alla fine di luglio. Per allora il ministero riscriverà tutta la disciplina degli ascolti telefonici con l’aiuto delle procure e del Consiglio nazionale forense, chiamati a esprimersi sulla questione. Anche di questo se ne riparlerà a fine anno.
A giorni, invece, sarà depositata la legge Anticorruzione , che nelle scorse settimane Bonafede aveva presentato come una “riforma epocale che farà dell’Italia il paese leader in Europa in materia”. Un provvedimento molto atteso perché dovrebbe contenere al suo interno il cosiddetto “daspo ai corrotti” – ovvero l’interdizione perpetua dai pubblici uffici – la figura dell’agente sotto copertura – previsto dalla convenzione di Merida – e quella dell’agente provocatore“. Norme che in passato erano state al centro di un fuorionda pubblicato dal fattoquotidiano.it dove il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, e il presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone, consideravano come “incostituzionali” alcuni passaggi inseriti in una prima bozza ministeriale. Posizioni che il numero uno dell’Anac aveva rappresentato anche al ministro. Anche per questo motivo il provvedimento è atteso con molta curiosità dagli addetti ai lavori.