Per la redistribuzione dei migranti, “quando si tratta di accordi bilaterali tra uno Stato membro” dell’Unione Europea e un “Paese terzo“, come l’Albania, è necessario “il consenso delle persone” a fare domanda di asilo in un Paese diverso da quello di arrivo. A fare il punto sull’iter di ricollocamento, è una portavoce della Commissione Ue che così ha commentato il caso Italia-Albania. A meno di 24 ore dalla sistemazione dei primi migranti della nave Diciotti, si profilano criticità per i 20 profughi che – secondo gli accordi presi dal governo italiano con Tirana – dovranno essere accolti dal Paese extra-Ue. Mentre sulla minaccia italiana di bloccare l’approvazione del bilancio di Bruxelles e non pagare quanto spetta dopo il braccio di ferro con l’Ue sul collocamento condiviso dei profughi della Diciotti, il commissario Ue al bilancio, Günther Oettinger in un colloquio con il Die Welt ha ricordato: non versare il contributo “sarebbe una violazione a cui corrisponderebbero delle penalità“.
Natasha Bertaud, portavoce della commissione, durante il briefing con la stampa a Bruxelles, ha riassunto tutte le direttive europee da rispettare nella procedura di accoglienza. Ha spiegato che quando si parla di patti tra un Paese Ue e uno terzo “bisogna chiedere loro” – “in questo caso alle autorità italiane” – i dettagli dell’accordo ma “ci sono più elementi da prendere in considerazione” per valutarne la loro legalità, in particolare “il consenso delle persone” a fare domanda di asilo in un Paese diverso da quello di arrivo.
“La legislazione Ue si applica, com’è evidente, anche in questo caso”, ha sottolineato la portavoce, dunque bisogna verificare il “consenso delle persone, se sono o meno richiedenti asilo”. In questo contesto “ci sono due leggi europee” , “in particolare la direttiva sulle procedure d’asilo, la quale dice che se una persona fa domanda di asilo” in uno Stato Ue “bisogna dargli accesso alle procedure nello Stato Ue in questione”.
Poi c’è la direttiva sui rimpatri, che stabilisce “in quale caso è possibile rinviare o meno qualcuno che non ha chiesto asilo, o che ha ripetuto la sua richiesta, o che ha seguito una procedura di asilo e si è stabilito che non ne ha diritto, in quali circostanze può essere inviato in un Paese terzo”. Insomma, in linea generale la regola prevede che una persona non può essere mandata in un Paese terzo, come l’Albania, contro la propria volontà, a meno che non abbia un legame con quel Paese o vi sia transitato.
La Commissione, “che è il guardiano dei trattati, si assicura che queste leggi siano in vigore negli Stati membri, che è il caso dell’Italia: per l’applicazione concreta, spetta alle autorità nazionali assicurarsi che le leggi, che fanno parte dell’ordinamento italiano, siano rispettate”. In altre parole, spiegano fonti Ue, “c’è un problema di consenso”, il che vuol dire che le persone sbarcate dalla Diciotti “non potranno essere mandate” in Albania “contro la loro volontà”. Se i migranti in questione dovessero essere ugualmente inviati a Tirana, senza il loro consenso, toccherebbe alle autorità italiane, in questo caso alla magistratura, intervenire per far rispettare le leggi della Repubblica. La Commissione interverrebbe solo se le leggi in questione venissero modificate in senso contrario al diritto Ue o se violazioni di legge di questo tipo dovessero diventare sistematiche. “Seguiamo da vicino la situazione e continueremo a farlo”, ha assicurato la portavoce.
Sulla questione del bilancio europeo e sulle frizioni con Bruxelles dopo le dichiarazioni di Di Maio che ha minacciato di porre il veto e di non pagare i 20 miliardi di contributo dell’Italia all’Unione Europea, è intervenuto Günther Oettinger. Il commissario al bilancio Ue, ha sottolineato che “tutti gli stati dell’Ue si sono assunti l’obbligo di pagare i contributi nei tempi stabiliti. Tutto il resto sarebbe una violazione dei trattati che comporterebbe penalità“. Parlando al Die Welt ha detto: “L’Italia ha conquistato il nostro appoggio nell’affrontare la crisi migratoria e le sue conseguenze, posso solo mettere in guardia Roma dal mischiare la questione migratoria con il bilancio Ue”.
Non tarda ad arrivare la risposta del ministro dello sviluppo italiano, Luigi Di Maio, impegnato in una visita ufficiale in Egitto. Dal Cairo ribadisce che “la nostra posizione sul veto al bilancio Ue resta“, anche perché il commissario Günther Oettinger “continua ad esternare ogni giorno da quando abbiamo detto che non gli diamo i soldi“. Il vicepremier ha bollato le dichiarazioni di Oettinger come “ancora più ipocrite“, perché a suo parere l’Ue non fa abbastanza sui migranti. “Se poi, nei prossimi giorni, vogliono riscoprire lo spirito di solidarietà, allora ne riparliamo”, ha sottolineato Di Maio.
Nei giorni scorsi il commissario al bilancio aveva fatto il punto sulla faccenda dei 20 miliardi di contributo italiano alle casse europee. Per il commissario la cifra “non è corretta”, per non dire “falsa”. Guenther Oettinger rispondendo alle parole di Luigi Di Maio, – oltre a ribadire che “un blocco” al bilancio Ue “danneggia tutti” – ha snocciolato i numeri del contributo italiano. L’Italia ogni anno “arriva a 2,5-3,5 miliardi, non 20”, una cifra “scorretta” per cui almeno “ci si potrebbero aspettare numeri pertinenti” da parte di Roma. “L’Italia paga 14, 15, 16 miliardi l’anno. Ma considerando quello che riceve dal bilancio Ue” per i programmi di coesione, ricerca e infrastrutture, a conti fatti, “il contributo netto è di circa tre“, ha evidenziato il bavarese. Sul bilancio per il 2021-2027, su cui nei prossimi mesi dovranno iniziare i negoziati, “se fosse bloccato si procederebbe in base alle regole che prevedono un bilancio sulla falsariga di quello precedente”, quindi quello attuale, ovvero “senza mezzi per affrontare le nuove sfide come i migranti e il controllo delle frontiere, con l’aumento a 10mila unità di personale per Frontex” e la sua trasformazione in una vera Guardia di frontiera europea. “Sarebbe impossibile senza il nuovo bilancio Ue”, ha avvertito Oettinger, così come per esempio i finanziamenti per ricerca e sviluppo su cui l’Italia è indietro, ma anche i fondi per le regioni, le città, le imprese e i giovani.