Il film di Damien Chazelle (La La Land e Whiplash ) apre il Concorso per il Leone d’Oro 2018 sbattendoci con rigorosa maestria dentro alla strettissima, angusta, impossibile capsula della navicella spaziale Apollo 11
“Un piccolo passo per l’uomo, un grande balzo per l’umanità”. Il Festival di Venezia compie il suo primo realistico allunaggio della storia. First man di Damien Chazelle apre il Concorso per il Leone d’Oro 2018 sbattendoci con rigorosa maestria dentro alla strettissima, angusta, impossibile capsula della navicella spaziale Apollo 11, dentro la quale si sedettero Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins. Solo che “il primo uomo” del titolo è esclusivamente Neil. Un Ryan Gosling che si fa silente e cupo antieroe di un film tragicamente monumentale. Otto gli anni di durissimo addestramento e di claudicanti tentativi a vuoto, dalla guida di un razzo nel 1961 alla storica traccia dello scarpone sulla Luna del 20 luglio 1969, per far arrivare Armstrong e soci là dove voleva JFK e per farla in barba ai russi.
Chazelle, che con La La Land aveva aperto Venezia 2016, finendo poi per vincere cinque Oscar, opta per una versione intima e claustrofobica del fatto storico, scegliendo spesso il punto di vista dell’astronauta, e ritagliando una robusta fetta di romanzo familiare per Janeth (Claire Foy), grintosa e sapiente moglie del protagonista. Una scelta da cineasta raffinato, che cura l’impatto visivo nei dettagli, abbandonando i classici luoghi comuni parlati della spettacolarizzazione di un cinema prettamente di genere, spesso politicamente patriottica, in apnea di dialoghi che esaltano eroismi e gesti estremi. Perché l’epopea dell’anonimo ingegnere, astronauta civile e non militare, a cui muore subito di cancro una figlia piccolissima, che studia con assiduità ogni novità tecnologica, che ad ogni incarico fa trasferire tutta la famiglia per poi essere arruolato nel 1962 dalla Nasa, è intessuta su una trama cupa contrassegnata dal succedersi di colleghi morti e funerali, di inconvenienti tecnici e salti nel vuoto.
Rimane comunque un dato sorprendente. Damien Chazelle a 33 anni filma con una destrezza, eleganza e maturità che i grandi registi raggiungono solo qualche lustro più in là. Magari qualcuno storcerà il naso. Ci sarà chi sbufferà per un po’ troppo buio in sala e un filo di noia (noi non ci siamo persi un fotogramma), ma questo omino sottile sottile è un piccolo genio e Ryan Gosling un suo buffo e straordinario attore feticcio. Infine due curiosità: tra i produttori di First Man c’è Steven Spielberg (ma poeticamente e cinematograficamente siamo da un’altra parte) e nel film, nel momento della contestazione popolare ai finanziamenti fiume del governo per la conquista della Luna, si intravede il vero Kurt Vonnegut ad un tg che afferma: “Vorrei avere una New York più vivibile invece che dare sempre più soldi per le missioni spaziali”.