Mondo

Il ministro Tria e gli affari con la Cina di Xi Jinping

Mentre le pagine dei giornali e del Web si riempiono di dettagli sulla vicenda di Asia Argento e dell’allora minorenne Jimmy Bennett, solo a brevi tratti intervallate da qualche storia calcistica o da qualche disgrazia purtroppo tutta-italiana, in giorni difficili per l’economia italiana sul piano internazionale, il ministro Giovanni Tria è in missione in Cina, animato dalla speranza e dal desiderio di trovare compratori per i titoli di debito pubblico italiano. Anche lui, alla pari dei suoi compatrioti e di quasi tutti i cittadini dei paesi cosiddetti sviluppati, deliberatamente incurante (benché non ignorante) del prezzo reale della ricchezza e della «generosità» cinese, del costo in termini di libertà e di vite sul quale si appoggia la disponibilità dei successori di Mao Zedong.

Affari con la Cina, ma nessuna interferenza nelle loro questioni interne. Sorrisi e strette di mano, ma guai a sollevare il tappeto, perfino a diffondere le notizie, della persistente violazione dei diritti umani che continua a praticarsi da parte del governo di Xi Jinping. Questa è la linea dello struzzo praticata dai paesi occidentali. Pecunia non olet, che poi tutto questo denaro conviva tranquillamente con torture, incarcerazioni preventive, pene detentive prolungate, un regime intollerante e assoluto, spesso in mano di funzionari locali ultrazelanti, contro chiunque si sogni di criticare il potere assoluto del Pcc, questo non importa. È solo un fastidio inutile. Che noiosi questi cinesi che vogliono la libertà! Si accontentino dei soldi e degli iPhone, facciano come noi. Orsù, riprendiamo la discussione sui vini d’annata e alziamo calici e forchette, discettiamo e gustiamo cibi stellati e chef alla moda, queste sono le cose che contano, non diceva forse Feuerbach che siamo ciò che magniamo?

La recente scomparsa del Nobel Liu Xiabo morto in carcere senza assistenza dopo anni di prigionia, il permesso finalmente concesso alla moglie Liu Xia di espatriare in Germania, avrebbero potuto (meglio, dovuto) aprire un’epoca nuova. Libera la Cina di fare ciò che desidera a casa sua, ma senza più la complicità, il silenzio dei paesi occidentali. Libera la Cina di continuare a far parte di quelle nazioni in cui le libertà individuali non sono rispettate e le leggi sono create per opprimere i propri cittadini. Ma liberi gli occidentali di non voler essere complici in delitti dei quali spesso già abbiamo patito la vista e sofferto l’esperienza. Peccato che nel frattempo il denaro urga.

Casualmente, mentre Tria volava bello bello alla volta di Pechino, qualche nostalgico ci ha ricordatoi 50 anni dall’invasione di Praga da parte delle truppe del Patto di Varsavia e la repressione di ogni forma di libertà in Cecoslovacchia, le torture, le carcerazioni ingiustificate, la pulizia selettiva verso ogni dissidenza. E fa piacere, perché da quello che si è letto in questi giorni nelle rievocazioni, pare che ora tutti siano d’accordo nel considerare l’invasione della Cecoslovacchia un’altra pagina molto oscura della storia europea, alla pari delle camere a gas, dell’eccidio di Katyn, dei bombardamenti indiscriminati contro la popolazione civile di ogni nazionalità. Ora. Allora (fifty years ago) un po’ meno.

Sicché forse potremmo sperare che basteranno altri cinquanta anni per chiedere conto al governo cinese di quello che è successo contro ogni voce dissonante, dalla poetessa Lin Zhao (1932-1968) fino al recente caso del premio Nobel Liu Xiabo, di quello che accadde a piazza Tienanmen e della fine che hanno fatto tutti quei giovani che per la speranza di una maggiore libertà in Cina si erano battuti e continuarono a battersi. Ad oggi la situazione non è molto rosea, per chi si batte per la libertà di espressione, per i problemi di ingerenza del governo cinese su Hong Kong, per quanto sta accadendo nello Xinjiang, per l’oppressione in Tibet, per la libertà di religione, per i diritti delle donne delle ragazze e dei disabili, per non parlare della situazione degli omosessuali.
Nelle more di questa attesa, speriamo che i cinesi abbiano ancora un po’ di spicci per i nostri Bot.

Masterchef è alle porte, e dobbiamo riprendere a disputare sugli affari delle varie Darie Argento di turno. C’è tempo e non c’è fretta per capire che difficilmente questo mondo può essere migliore se da qualche parte c’è ancor chi muore, soffre e viene imprigionato per la libertà.