Tre punti per cambiare la missione Sophia: rotazione dei porti, principio Sar e non geografico, una unità di coordinamento ad hoc con Frontex con rappresentanti di tutti i Paesi. È la proposta di modifica che la ministra della Difesa Elisabetta Trenta si porta a Vienna, dove giovedì parteciperà a una riunione informale con i suoi colleghi dell’Unione europea. A esporre il piano messo a punto dall’Italia sono fonti interne allo stesso dicastero di Palazzo Baracchini che riferiscono anche come Trenta ha in programma anche dei bilaterali a margine con alcuni omologhi per provare ad ottenere un’ampia convergenza sulla sua proposta.
Il punto forte del documento che la ministra della Difesa porterà nella capitale austriaca è l’introduzione di una rotazione dei porti di sbarco. “Puntiamo a fare in modo che non sia più solo l’Italia a farsi carico del problema, bensì anche gli altri Stati membri”, spiegano dalla Difesa. “A maggior ragione – aggiungono le stesse fonti – per quanto riguarda Sophia, che è una missione Ue“. Nel vertice di Vienna si parlerà di Mediterraneo, Libia e dunque anche dell’operazione Eunavformed, quella conosciuta appunto come Sophia, ovvero la missione militare che coinvolge navi europee coordinate da Roma per salvare i naufraghi e fermare le rotte della tratta dei migranti nel Mediterraneo.
Che l’Italia avesse intenzione di cambiarla non è un mistero. La strategia sul tavolo del governo Conte già a metà luglio voleva costringere gli altri Paesi Ue ad accogliere i migranti che vengono salvati dalle loro navi. E le critiche alla missione europea erano cominciate già prima, quando dopo il caso del pattugliatore irlandese arrivato a Messina, Danilo Toninelli aveva parlato di “folle accordo voluto da Renzi” e Matteo Salvini aveva detto: “Porterò al tavolo europeo la richiesta di bloccare l’arrivo nei porti italiani delle navi delle missioni internazionali”. Salvo poi essere frenato dalla stessa ministra Trenta che aveva ricordato appunto come il tema fosse di sua competenza.
Martedì un articolo apparso sull’edizione online del settimanale tedesco Der Spiegel accusava l’Italia di aver sospeso le operazione di salvataggio, demandandole alla Guardia costiera libica, con lo scopo di far morire la missione Sophia. Una tattica, si leggeva nell’articolo, che avrebbe alla fine potuto trovare appoggio anche a Bruxelles. La proposta che Trenta porta a Vienna invece prevede un cambiamento in tre punti.
Innanzitutto, spiegano fonti della Difesa, per i salvataggi delle navi militari dei Paesi Ue nell’ambito di Sophia il porto di sbarco non deve essere più quello italiano. La ministra Trenta chiederà di introdurre il principio di rotazione dei porti, principio connesso ovviamente alla successiva ripartizione dei migranti tra i Paesi membri. Quella che Roma chiede già dal vertice di fine giugno. Questo nuovo meccanismo varrebbe per ogni evento Sar, a prescindere dalla zona geografica in cui avviene il soccorso: è il secondo punto della proposta. L’obiettivo – aggiungono le fonti – è imporci sulla contesa con Malta, che continua a coordinare la sua area Sar, molto grande, ma poi rifiuta l’attacco nei suoi porti perché dice che Lampedusa è più vicina geograficamente.
Quindi vale il principio Sar e non quello geografico, come già previsto dall’ultimo aggiornamento della convenzione del Mare, che Malta non a caso si è rifiutata di ratificare, ricordano dal ministero. Poi c’è il terzo e ultimo punto: l’istituzione di una Unità di coordinamento, composta da un rappresentante di ciascun Stato membro partecipante al meccanismo, nell’ambito di Frontex, l’agenzia per la gestione delle frontiere esterne dell’Ue. Tra le ipotesi che Trenta presenterà ai suoi omologhi a Vienna, quella che questa unità sia localizzata direttamente a Catania, dove c’è già una sede Frontex.