Lacrime, abbracci e sette minuti di applausi al Lido di Venezia per ‘Sulla mia pelle’, il film su Stefano Cucchi, poi un lungo post su Facebook della sorella Ilaria: “Voglio incontrare questo famoso ministro Salvini. Pubblicamente” per fargli abbassare “quello sguardo inespressivo”. “Lui sì che fa parte della casta”, mentre loro non hanno preso “un euro da questo film ma la soddisfazione è tanta”, è la frecciata via social della sorella del ragazzo arrestato per droga il 15 ottobre del 2009 in via Lemonia, a Roma, e morto 7 giorni più tardi mentre era in custodia cautelare. Un post che non è passato inosservato al ministro degli Interni Matteo Salvini, che il giorno dopo la cerimonia ribadisce la sua posizione: “Continuerò a difendere la possibilità di lavorare in piena sicurezza alle forze dell’ordine”. Poi apre alla possibilità di un incontro con la famiglia Cucchi “per ascoltare le loro ragioni”, “se è loro desiderio” ma “in privato” “al ministero“. A stretto giro risponde la sorella di Cucchi: “Raccolgo volentieri la disponibilità del ministro per un incontro”, ribadendo che la sicurezza delle forze dell’ordine non verrebbe minata da una legge sul reato di tortura. E all’indomani della presentazione monta la polemica dell destre sui finanziamenti statali al film.
Sette minuti di applausi. Ilaria Cucchi: “Voglio incontrare questo famoso ministro Salvini – Lacrime, abbracci e quei sette minuti di applausi. Così è stata accolta la fine della proiezione ufficiale, nella Sala Darsena del Lido di Venezia, di ‘Sulla mia pelle’, il film di Alessio Cremonini, con Alessandro Borghi nei panni di Stefano Cucchi, che ha aperto ieri pomeriggio la sezione Orizzonti della 75esima Mostra del Cinema di Venezia. L’attore commosso fino alle lacrime alla fine ha stretto in lungo abbraccio la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, presente alla proiezione e interpretata nel film da Jasmine Trinca. “Sono profondamente commossa – ha scritto Ilaria Cucchi su Facebook -. Provata. Guardo il cielo sperando di poter incontrare il tuo sguardo. Non vedo nulla. Solo le luci accese della sala Darsena dove è appena terminato il film sulla tua morte”. La sorella di Stefano, si rivolge direttamente al fratello morto il 22 ottobre 2009. La sorella in un lungo post la serata di presentazione: “Sento gli applausi della gente”, “1500 persone che stipano il cinema si stringono tutte intorno, quasi tutte in lacrime. Questa è la gente intorno a noi”, scrive. Il film sulla sua vicenda Cucchi, arriva dopo che il 17 gennaio scorso si è chiusa la seconda indagine sul caso con l’ipotesi che il geometra romano fosse stato pestato dai militari che lo avevano fermato. Mentre un mese fa il gup del Tribunale di Roma ha disposto il rinvio a giudizio dei carabinieri imputati.
“Non leggo niente contro la tortura” – Ilaria Cucchi, che da sempre si è battuta per arrivare alla verità sulla morte del fratello, non evita di toccare le corde più politiche della vicenda: dice di non leggere “niente contro la tortura” perché – è l’affondo – “lega le mani alla Polizia. Ma la Polizia non sente il bisogno di avere quelle mani libere che sarebbero sporche di sangue”. Cucchi fa differenza, pero: “Forse magari il sindacato di Tonelli la pensa diversamente ma la Polizia del comandante Gabrielli è altra cosa”. Nel rivolgersi ancora al fratello manda un messaggio a Matteo Salvini: qualcuno dice che “ti sei preso qualche schiaffone. Qualche pugno. Qualche calcio. Sei caduto e ti sei fatto male. Molto male. Ma ce ne dobbiamo fare una ragione io te mamma e papà. In fin dei conti questo qualcuno è ora il ministro dell’Interno. Ora, ironia della sorte, sta facendo passerella e cene di gala a Venezia. Voglio incontrare questo famoso ministro Salvini. Pubblicamente. Guardarlo negli occhi. Senza dire nulla. Fargli abbassare quello sguardo freddo ed inespressivo”. Un coraggio che secondo la donna il ministro non avrà mai. “E poi lui si che fa parte della casta. Non abbiamo giustamente preso un euro da questo film ma la soddisfazione è tanta. Tu sei un atto d’accusa vivente, sì, vivente, contro quel modo di pensare ignorante e violento. Tu che di violenza sei morto. Ti abbraccio forte forte. Come hanno abbracciato me. Notte”, la conclusione. In passato, l’attuale ministro aveva detto a proposito del caso Cucchi che non crede “ci siano stati poliziotti e carabinieri che abbiano pestato Cucchi per il gusto di pestare“.
Salvini: “Incontrerò la famiglia se è il loro desiderio. Ma in privato” – Ma non tarda ad arrivare la risposta del vicepremier leghista che prima precisa “continuerò a difendere la possibilità di lavorare in piena sicurezza alle forze dell’ordine“. Poi commentando le parole di Ilaria Cucchi in una diretta Facebook, si dice “disposto a incontrare i familiari per spiegare cosa stiamo facendo, in privato e non per strada”. Per Salvini se “pochi, pochissimi” hanno “sbagliato vestendo la divisa vanno puniti, anche più degli altri”. Ma “difendo la possibilità di lavorare in sicurezza alle donne e agli uomini delle forze dell’ordine, che vanno aiutati ma non ostacolati”. Dunque, “vedrò volentieri il film su Stefano Cucchi e incontrerò, se è loro desiderio, la famiglia al ministero per ascoltare le loro ragioni”. Raccogli “volentieri la disponibilità del ministro per un incontro”, è la risposta di Ilaria Cucchi. Che condivide il fatto che le forze dell’ordine “debbano poter operare nel regime di massima sicurezza e tutela”, ma non crede “che una legge efficace che punisca il reato di tortura possa metterle a repentaglio”.
Sindacati e destre: “Vicenda processuale ancora aperta, grave se il film è finanziato dallo stato” – All’indomani della presentazione del film, però, la polemica verte tutta sul finanziamento statale alla pellicola di Cremonini. Durissime le reazioni dei sindacati di polizia e carabinieri, riprese poi da alcuni esponenti di Forza Italia e Fratelli d’Italia e Lega. A Il Tempo Gianni Tonelli, ex segretario del Sindacato Autonomo di Polizia, oggi alla Camera in quota leghista, attacca: “Si può mandare in mezzo mondo un film che dà allo spettatore un’idea non suffragata da sentenze? Ed è vero che lo Stato ha finanziato il film con 600mila euro? Dello stesso avviso Franco Maccari, presidente nazionale di Fsp Polizia di Stato. Per lui è “impossibile contenere o sdegno per l’ennesima storia di ordinaria criminalizzazione di chi veste una divisa. A quando un film sul carabiniere Giangrande ferito a Palazzo Chigi? O sui poliziotti uccisi dal terrorismo rosso”.
Per Edmondo Cirielli, questore della Camera e responsabile Giustizia di Fratelli di Italia, “pur nel rispetto massimo della sofferenza della famiglia Cucchi”, “crediamo sia fortemente destabilizzante per la nostra civiltà giuridica la realizzazione e diffusione di un film su di una vicenda processuale ancora aperta”. Sulla stessa linea il forzista Maullu: “I processi devono avere luogo nelle aule dei Tribunali, non nelle sale cinematografiche”.
“Tonelli, come anche Maccari e Capece, appartengono a quei sindacati che dicono di rappresentare le forze dell’ordine”, ma la maggior parte “non si riconoscono in quello che vanno affermando queste persone”, è la reazione di Ilaria Cucchi, che risponde anche a chi la accusa di cercare pubblicità personale con il film che sarà nelle sale dal 12 settembre. “Persone come Tonelli e Maccari hanno per anni speculato sulla morte di mio fratello per ottenere visibilità, come già era avvenuto in passato con la morte di Aldrovandi. Infatti sono imputati in un processo per le dichiarazioni che hanno fatto nei confronti delle nostre famiglie. Non c’è nulla da speculare su questo film, racconta la realtà nuda e cruda ed è proprio un pugno allo stomaco. Semmai ci sarebbe da tacere, o forse da chiedere scusa e da fare un passo indietro, ma mi rendo conto che è qualcosa di impossibile”, conclude.