Società

Figli e omosessualità, i cinque errori del discorso del Papa sul ricorso alla psichiatria

di Paola Biondi *

Le recenti parole del Papa, interrogato sull’omosessualità e, più nello specifico, sull’atteggiamento che un genitore dovrebbe tenere nei confronti di figli o figlie omosessuali intenzionati a iniziare una vita insieme al proprio o alla propria partner, ha occupato pagine di giornali e alimentato una vivace discussione. A tutela della verità scientifica e del rispetto dovuto verso qualsiasi orientamento sessuale, è forse opportuno riflettere su alcuni passaggi tratti dalla versione integrale della sua risposta.

1) “Sempre ci sono stati gli omosessuali e le persone con tendenze omosessuali”. L’omosessualità NON è una tendenza: non è come la tendenza ad ingrassare, a scegliere sempre partner sbagliati, ad esagerare con le battutacce, ad avere poca propensione allo studio. L’omosessualità è – al pari di eterosessualità, bisessualità e secondo molti asessualità – una variante normale e naturale dell’orientamento sessuale. E affettivo. Un modus essendi,”la struttura relazionale del sé che implica una particolare qualità del desiderio per l’altro sessuato” e una “delle componenti esperienziali dell’identità sessuale” (Cass, 1996; Rigliano, Ciliberto, Ferrari, 2012).

2) “Poi in quale età s’esprime questa inquietudine del figlio?”. Sorvolando sulla rilevanza del dato anagrafico, il ricorso al termine “inquietudine” rimanda all’idea di ansia, senso di apprensione, animo turbato, incertezza, timore, preoccupazione. Eppure la risposta fa riferimento alla vicenda di un figlio gay che comunica al padre di voler andare a convivere con il suo compagno. Una scelta matura e consapevole che nulla ha a che vedere con l’inquietudine. O forse intendeva riferirsi all’inquietudine di madre e padre al coming out del figlio?

3) “Una cosa è quando si manifesta da bambino. C’è tanto da fare con la psichiatria, per vedere come sono le cose. Una cosa è quando si manifesta dopo i 20 anni o cose del genere”. Questa è la frase che ha suscitato più proteste, per via dell’impiego di una parola, “psichiatria”, poi rimossa dal discorso ufficiale pubblicato sul sito del Vaticano. L’ignoranza di un non professionista della salute mentale, pur ammissibile, non giustifica tuttavia il riferimento esplicito ad un intervento psichiatrico in una simile circostanza. Appellarsi alla psichiatria se un bambino prova attrazione verso i propri simili rimanda all’intento di “curare, riparare, risolvere, raddrizzare”, in ogni caso qualcosa che non va per il verso giusto.

Forse Francesco intendeva affermare che la psichiatria può aiutare madri e padri ad affrontare una eventuale omosessualità del figlio o figlia. Non la psichiatria, ma la psicologia può fare moltissimo. Può aprire all’inclusione, al rispetto reale delle differenze individuali, alla possibilità di accogliere serenamente ogni aspetto di un figlio o figlia come unico. Può permettere a genitori impauriti e disperati di smontare i loro pregiudizi, le loro idee fantasiose, superare i loro timori e dubbi, la vergogna e i sensi di colpa, conoscere che cos’è l’identità sessuale e le sue componenti, capire la difficoltà e gli ostacoli (per non parlare di discriminazioni) che vivono i loro figli e figlie omosessuali. E transessuali. Per sostenerli in ogni momento della loro vita, per accogliere e non accettare come predicava il defunto professor Lino Manfredi.

4) “Ignorare un figlio o una figlia con tendenza omosessuale è mancanza di paternità o maternità”. Spesso gay e lesbiche non sono ignorati dalla propria famiglia. Ne diventano zimbello, oggetto di derisione o aggressioni, di attacchi gratuiti e in alcuni casi violenza vera e propria, sia fisica che psicologica. Nel caso di bambini o adolescenti ancora troppi sono i casi in cui madri e padri obbligano a terapie riparative per “convertire” il loro orientamento sessuale, arrecando ancora più danni e ferite.

5) “Se voi, padre o madre, non ve la cavate chiedete aiuto”. Questo è un buon consiglio. Sarebbe stato ottimo se, contestualmente, si fosse chiarito esplicitamente e una volta per tutte che la Chiesa accoglie ogni persona con la sua unicità sessuale. E che accanto al sostegno pastorale all’interno di questa comunità, l’aiuto migliore può essere ricercato in uno specialista: uno psicologo o una  psicologa privi di pregiudizi e stereotipi, di bias religiosi o culturali, aderenti al proprio codice deontologico e dunque tenuti all’obbligo di operare all’interno della comunità professionale internazionale, con profonda conoscenza della letteratura scientifica su tali tematiche.

* psicologa e psicoterapeuta