“Quanti ce ne ha messi?”. “Ingegnere lei pensi a un numero: di più!”. E giù risate. Al telefono Ottorino Stantetti, amministratore della Eurotravel bed&breakfast srl, non tratteneva l’allegria parlando con un ingegnere che gli chiedeva quanti migranti in più rispetto al dovuto avesse piazzato in una delle sette strutture di prima accoglienza a Lastra a Signa (Firenze). Ma nei centri adibiti all’accoglienza di migranti del Comune non c’era solo il problema del sovraffollamento: spesso i locali non erano a norma, il cibo era avariato o scaduto, i bagni non erano mai stati disinfettati e gli ospiti erano obbligati su minaccia a fare le pulizie. Di tutto questo la Procura di Firenze accusa 4 tra titolari e dirigenti di ditte e cooperative che nel 2014 si erano aggiudicate i bandi della Prefettura per l’accoglienza dei migranti. Si tratta dei due soci e amministratori di fatto della Eurotravel, che forniva le strutture per l’accoglienza, Ottorino Stantetti (84 anni) e il figlio Davide (56), ai domiciliari con l’accusa di frode in pubbliche forniture, e i presidenti delle coop che si erano aggiudicati i bandi, Matteo Conti (Cenacolo Onlus) e Lorenzo Terzani (Consorzio CO&So), per i quali è scattata l’interdizione da tutti gli incarichi societari. Oltre a loro risulta indagata anche Maria Grazia Scacciati, moglie di Stantetti e titolare della Eurotravel, che sottoscriveva le convenzioni degli alloggi con la coop Il Cenacolo.
L’inchiesta, condotta dal sostituto procuratore di Firenze Leopoldo De Gregorio, è partita nel 2014 dopo alcuni controlli dei carabinieri di Lastra a Signa nei centri di accoglienza: in quell’occasione erano stati proprio i migranti a denunciare le pessime condizioni in cui vivevano. C’era chi segnalava di non aver mai ricevuto il cosiddetto pocket money (i 2,50 euro settimanali che finiscono ai migranti) o chi raccontava che gli operatori portavano il cibo, spesso avariato, “una volta al giorno o addirittura una volta alla settimana” e che “il cambio delle lenzuola e delle coperte erano effettuate solo una volta in tre mesi”. E le pulizie? Quelle le facevano direttamente i migranti minacciati di essere trasferiti immediatamente in un altro centro sempre di Lastra a Signa: alcuni ospiti hanno anche raccontato agli investigatori che i locali non erano mai stati disinfettati e che “spesso le stanze erano pulite solo con l’acqua perché non vi erano detersivi”.
Durante le indagini, carabinieri e guardia di finanza di Lastra a Signa si sono concentrati anche sui sei/sette immobili messi a disposizione dalla Eurotravel per accogliere i migranti. Scoprendo casi di sovraffollamento e soprattutto locali non in regola perché adibiti ad un uso solo ricreativo. C’era per esempio la struttura di Malmantile (vicino a Signa) dove alloggiavano fino a 30 migranti nonostante una disponibilità massima di 12-14, poi c’era quella di via Livornese a Lastra a Signa che ne ospitava 24 sebbene i posti letto fossero solo 9 e poi un altro immobile vicino che, scrive il gip Antonella Zatini nell’ordinanza di custodia cautelare, era “da considerarsi abusivo, poiché si trattava di locali con destinazione d’uso a circolo ricreativo e non a civile abitazione, dunque inidoneo ad essere adibito a luogo di dimora”. E come facevano i gestori dei locali a coprire queste irregolarità, lo racconta proprio uno dei migranti ospiti del centro agli investigatori: “Prima che arrivasse l’ispezione – si legge nell’ordinanza – arrivava una persona che toglieva un letto per camera e mandava via una persona per ogni stanza, sistemavano tutta la casa in modo da fare apparire che noi stiamo bene. Ai soggetti che vengono allontanati dicono di allontanarsi per qualche ora”. Poi, passati i controlli, li facevano rientrare.
Oltre agli alloggi, uno dei servizi previsti dai bandi della prefettura era quello del cosiddetto pocket money e delle ricariche telefoniche dal valore di 15 euro per migrante: molti degli ospiti dicono di non ricevere spesso né l’uno né l’altro oppure di ricevere ricariche di un valore più basso. Secondo i pm, per esempio, la coop Il Cenacolo spendeva solo 1.740 euro per le tessere telefoniche: una cifra che poteva al massimo coprire 116 dei 791 migranti che la coop aveva ospitato nel 2014. Oppure non forniva proprio il pocket money ai propri ospiti anche per periodi fino a sei mesi: “Nonostante la cooperativa il Cenacolo omettesse la consegna di pocket money a trecentotrentasei soggetti ospiti per impossibilità di identificazione – scrive il giudice – non stornava dalle fatture riepilogative mensili, emesse nei confronti della Prefettura, i relativi importi”. A questo proposito gli investigatori il 26 giugno 2015 ascoltano una telefonata in cui il presidente della cooperativa si lamenta: “In sé, la questione… E di nuovo veramente si sta parlando di quanto? Tremila euro? Tremilacinquecento euro? In un periodo assolutamente convulso… (incomprensibile)… Non c’eran indicazioni, disposizioni, però è veramente, cioè…”. Annota il gip: “colpisce in particolare, dal tenore della conversazione, la spregiudicatezza con la quale sia il Conti sia l’interlocutrice si riferivano all’utilizzo di denaro pubblico, destinato ai migranti in base agli accordi con la prefettura ma di fatto sottratto alla possibilità di ogni effettivo controllo, con il pretesto non meglio precisato e comunque del tutto inaccettabile di un periodo di confusione, o della notevole entità delle corresponsioni”.