In America Latina per far fronte alla crisi dei migranti in fuga dal Venezuela si moltiplicano iniziative nazionali e regionali: Colombia e Perù al termine di una riunione a Bogotà, hanno annunciato di aver stipulato un accordo per scambiarsi informazioni sulle centinaia di venezuelani che accolgono, al fine di evitare che i migranti ricevano assistenza in più di un Paese “limitando le possibilità per altri”. È il primo passo verso una politica regionale volta alla gestione dell’esodo dal Venezuela che verrà discussa in modo ufficiale durante il vertice di settembre a Quito: dei 13 Paesi invitati, hanno già confermato la loro partecipazione Colombia, Brasile e Cile. Devono ancora confermare Argentina, Bolivia, Costa Rica, Messico, Panama, Paraguay, Perù, Repubblica Dominicana, Uruguay e Venezuela.
L’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha annunciato che la situazione attuale rischia di raggiungere la gravità di quella del Mediterraneo. I segnali di allarme provenienti dalla regione preoccupano Oim e Unhcr che negli ultimi giorni hanno lanciato appelli ai paesi vicini affinché non chiudano le porte ai migranti. Secondo le stime dell’Onu, i venezuelani immigrati in altri Paesi dell’America Latina dal 2015 sono 1,6 milioni. La Colombia ne ha temporaneamente regolarizzati 820mila, il Brasile nei primi sei mesi del 2018 ne ha accolti circa 60mila, il Perù oltre 400mila e prevede che il totale salirà a mezzo milione entro novembre.
La convivenza forzata tra le popolazioni locali in Brasile e le migliaia di venezuelani ha fatto scaturire i primi episodi di xenofobia: nella città di confine di Pacaraima dopo che è stato attribuito a dei venezuelani un furto con aggressione ai danni di un commerciante, decine di abitanti hanno bruciato il principale campo di fortuna dei migranti e sono esplosi dei colpi. Il presidente Michel Temer ha evocato la possibilità di istituire un numero massimo d’entrate al giorno di 300 migranti. Intanto nella giornata di giovedì sono stati inviati ai confini dei due paesi, nello stato di Roraima, 3.200 militari. Secondo quanto ha riferito dall’agenzia Brasil, la missione dei militari consisterà nell’”aumentare la sicurezza nella zona e rafforzare la protezione dei rifugi per i migranti, in coordinamento con le forze di sicurezza locali”.
In Ecuador si stima che dei 560mila venezuelani entrati nel paese dall’inizio del 2018, solo il 20% ha intenzione di rimanere. Il ministro degli Interni Mauro Toscanini ha provveduto a facilitare il passaggio dei profughi aprendo un corridoio umanitario. Il governo ha così attivato il trasferimento di profughi dal confine con la Colombia, nella città di Tuclan, fino al confine del Perù, nella città di Tumbes.
Cominciano invece ad entrare in vigore anche delle restrizioni da parte dei paesi ospitanti: il 18 agosto l’Ecuador ha reso obbligatorio il passaporto per accedere sul suo territorio. Questa manovra ha bloccato migliaia di venezuelani in Colombia, la stessa misura è stata introdotta in Perù il 25 agosto. Ciò costituirà un problema sia per i migranti già usciti dal Venezuela, il cui viaggio verso i Paesi di destinazione dura in genere settimane, a piedi e in autostop, sia per chi intende mettersi in viaggio, visto che ottenere un passaporto in Venezuela è diventato molto complicato.
Intanto Nicolas Maduro invita i cittadini a “smettere di lavare i bagni all’estero e tornare a vivere in patria”. Il presidente venezuelano afferma di avere compiuto delle riforme mirate a risollevare l’economia nazionale, mentre i governanti dei paesi limitrofi lo accusano di aver istituito una dittatura. “E’ un disastro, non abbiamo alimenti di base. Le misure sono pure bugie, porteranno ancora più fame e disoccupazione”, dice all’agenzia AFP il 34enne dottore Marielsi Ochoa. Il governo di recente si è impegnato per cercare di generare capitale, invertendo al contempo la recessione e l’iperinflazione che attanagliano il Paese, per il quale il Fondo monetario internazionale prevede un aumento dei prezzi del milione per cento. Il salario minimo è stato alzato del 3.400%, mentre la valuta è stata ridenominata – rimuovendo cinque zeri – e ancorata a una discussa crtiptomoneta, il petro. C’è stato inoltre un aumento dell’imposta sul valore aggiunto e sono stati ridotti i sussidi per il carburante. Ma gli esperti dicono che tutto questo non risolverà la più grande crisi della storia recente dell’America Latina.
Mondo
Venezuela, l’emergenza profughi colpisce tutto il Sud America. In programma vertice a Quito per gestire la crisi
Gli Stati confinanti hanno iniziato una politica regionale comune: dopo la riunione tra Colombia e Perù, a settembre l'incontro a 13. L'Oim parla di un fenomeno che sta raggiungendo la gravità di quello del Mediterraneo. Secondo le stime dell’Onu, i venezuelani immigrati in altri Paesi dell’America Latina dal 2015 sono 1,6 milioni
In America Latina per far fronte alla crisi dei migranti in fuga dal Venezuela si moltiplicano iniziative nazionali e regionali: Colombia e Perù al termine di una riunione a Bogotà, hanno annunciato di aver stipulato un accordo per scambiarsi informazioni sulle centinaia di venezuelani che accolgono, al fine di evitare che i migranti ricevano assistenza in più di un Paese “limitando le possibilità per altri”. È il primo passo verso una politica regionale volta alla gestione dell’esodo dal Venezuela che verrà discussa in modo ufficiale durante il vertice di settembre a Quito: dei 13 Paesi invitati, hanno già confermato la loro partecipazione Colombia, Brasile e Cile. Devono ancora confermare Argentina, Bolivia, Costa Rica, Messico, Panama, Paraguay, Perù, Repubblica Dominicana, Uruguay e Venezuela.
L’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha annunciato che la situazione attuale rischia di raggiungere la gravità di quella del Mediterraneo. I segnali di allarme provenienti dalla regione preoccupano Oim e Unhcr che negli ultimi giorni hanno lanciato appelli ai paesi vicini affinché non chiudano le porte ai migranti. Secondo le stime dell’Onu, i venezuelani immigrati in altri Paesi dell’America Latina dal 2015 sono 1,6 milioni. La Colombia ne ha temporaneamente regolarizzati 820mila, il Brasile nei primi sei mesi del 2018 ne ha accolti circa 60mila, il Perù oltre 400mila e prevede che il totale salirà a mezzo milione entro novembre.
La convivenza forzata tra le popolazioni locali in Brasile e le migliaia di venezuelani ha fatto scaturire i primi episodi di xenofobia: nella città di confine di Pacaraima dopo che è stato attribuito a dei venezuelani un furto con aggressione ai danni di un commerciante, decine di abitanti hanno bruciato il principale campo di fortuna dei migranti e sono esplosi dei colpi. Il presidente Michel Temer ha evocato la possibilità di istituire un numero massimo d’entrate al giorno di 300 migranti. Intanto nella giornata di giovedì sono stati inviati ai confini dei due paesi, nello stato di Roraima, 3.200 militari. Secondo quanto ha riferito dall’agenzia Brasil, la missione dei militari consisterà nell’”aumentare la sicurezza nella zona e rafforzare la protezione dei rifugi per i migranti, in coordinamento con le forze di sicurezza locali”.
In Ecuador si stima che dei 560mila venezuelani entrati nel paese dall’inizio del 2018, solo il 20% ha intenzione di rimanere. Il ministro degli Interni Mauro Toscanini ha provveduto a facilitare il passaggio dei profughi aprendo un corridoio umanitario. Il governo ha così attivato il trasferimento di profughi dal confine con la Colombia, nella città di Tuclan, fino al confine del Perù, nella città di Tumbes.
Cominciano invece ad entrare in vigore anche delle restrizioni da parte dei paesi ospitanti: il 18 agosto l’Ecuador ha reso obbligatorio il passaporto per accedere sul suo territorio. Questa manovra ha bloccato migliaia di venezuelani in Colombia, la stessa misura è stata introdotta in Perù il 25 agosto. Ciò costituirà un problema sia per i migranti già usciti dal Venezuela, il cui viaggio verso i Paesi di destinazione dura in genere settimane, a piedi e in autostop, sia per chi intende mettersi in viaggio, visto che ottenere un passaporto in Venezuela è diventato molto complicato.
Intanto Nicolas Maduro invita i cittadini a “smettere di lavare i bagni all’estero e tornare a vivere in patria”. Il presidente venezuelano afferma di avere compiuto delle riforme mirate a risollevare l’economia nazionale, mentre i governanti dei paesi limitrofi lo accusano di aver istituito una dittatura. “E’ un disastro, non abbiamo alimenti di base. Le misure sono pure bugie, porteranno ancora più fame e disoccupazione”, dice all’agenzia AFP il 34enne dottore Marielsi Ochoa. Il governo di recente si è impegnato per cercare di generare capitale, invertendo al contempo la recessione e l’iperinflazione che attanagliano il Paese, per il quale il Fondo monetario internazionale prevede un aumento dei prezzi del milione per cento. Il salario minimo è stato alzato del 3.400%, mentre la valuta è stata ridenominata – rimuovendo cinque zeri – e ancorata a una discussa crtiptomoneta, il petro. C’è stato inoltre un aumento dell’imposta sul valore aggiunto e sono stati ridotti i sussidi per il carburante. Ma gli esperti dicono che tutto questo non risolverà la più grande crisi della storia recente dell’America Latina.
Articolo Precedente
Gerard Depardieu indagato per stupro in Francia. Il suo avvocato: “Nega tutto. È innocente”
Articolo Successivo
Pedofilia, i sacerdoti australiani: “Non denunceremo casi di abuso appresi nelle confessioni. Il segreto non si tocca”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Usa: “Telefonata Trump-Putin? Pace mai così vicina”. “Il tycoon pensa a riconoscere la Crimea come russa”. Armi, l’Ue vuole altri 40 miliardi dai “volenterosi”
Mondo
Contro Trump il Canada si fa scudo anche con la corona: “Noi e Regno Unito sovrani sotto lo stesso re”
Mondo
Scontro a distanza Francia-Usa. “Ridateci la statua della libertà”, “Non parli tedesco grazie a noi”
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".