“Arriveremo più o meno a metà delle ore di scuola-lavoro nei licei, gli studenti degli istituti tecnici ne faranno alcune di più, perché è un’esperienza che ha avuto risultati positivi ma è stata molto faticosa e non sempre funziona. E soprattutto non voglio che sia al centro dell’esame orale della Maturità perché quello è il momento in cui lo studente deve poter esprimere se stesso e le competenze acquisite con lo studio di cinque anni”. Sono le parole del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti che in un’intervista al Corriere della Sera annuncia lo smantellamento dell’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro così come l’aveva partorita la Legge 107, ovvero la Buona Scuola. Sul tema Bussetti sembra dunque aver cambiato idea: l’anno scorso, prima di sedere sulla poltrona più alta di viale Trastevere, definiva l’alternanza “un’ottima iniziativa”, che “ha permesso di cominciare a ragionare con un sistema integrato tra lavoro e scuola”.
Ad oggi le ore complessive da svolgere per l’alternanza scuola lavoro sono differenti in relazione al corso di studi: ai licei duecento, negli indirizzi tecnici e professionali quattrocento. La normativa non assegna all’alternanza scuola – lavoro un monte ore annuale predefinito, lo studente può scegliere in autonomia come suddividere le ore durante gli anni scolastici ma a partire dall’anno scolastico 2018-19 il completamento delle ore di alternanza scuola lavoro è un requisito necessario per l’ammissione alla maturità 2019, come stabilito dalla riforma.
Bussetti è deciso a cambiare. E lo vuol fare velocemente perché nell’intervista al Corriere spiega che sta provando a cambiare la legge inserendola nel milleproroghe che sarà alla Camera l’11 settembre: “Non voglio che la scuola-lavoro sia un apprendistato occulto. Abbiamo bisogno di sviluppare percorsi di competenze trasversali”. Il ministro ieri a Omnibus su La7, al suo debutto televisivo, aveva già criticato l’alternanza dicendo “a me non piaceva già dal nome: perché parlare di alternanza quando gli studenti vanno a scuola e non alternano nulla” e sulla Buona Scuola aveva aggiunto che “va aggiustata per mettere ordine e chiarezza. Quando avremo sistemato le cose faremo la nostra riforma”. Un’accelerazione annunciata viste le parole sull’alternanza di Bussetti l’11 luglio scorso alle commissioni Istruzione congiunte di Senato e Camera: “È stata interpretata come un obbligo e non come opportunità. Sono convinto che i termini ‘scuola’ e ‘lavoro’ non devono essere intesi in modo antitetico ma come sintesi. Non deve essere archiviata ma necessita di aggiustamenti, trovo molto importante e formativo che gli studenti possano con l’alternanza misurarsi col mondo del lavoro ma il Ministero non può tollerare percorsi che non siano di assoluta qualità e di standard elevati di sicurezza. Servono le opportune correzioni ma è uno strumento su cui credo molto”.
Il ministro su questo tema deve aver cambiato idea una volta arrivato in viale Trastevere. Quando ancora era un dirigente dell’Ufficio scolastico regionale e il suo “capo” si chiamava Valeria Fedeli la pensava diversamente. In una video-intervista pubblicata da Sempione news nel marzo 2017, alla domanda “Qual è lo stato dell’arte sull’alternanza?”, infatti, rispondeva così: “Ottimo. C’è stata una grande partecipazione di tutti, degli imprenditori, delle aziende, delle società di volontariato, di tutti coloro che hanno voluto aprire il loro mondo e far conoscere l’orizzonte. E’ stata un’ottima iniziativa, un’ottima Legge che ha permesso di cominciare a ragionare con un sistema integrato tra lavoro e scuola”.
Al Corriere il ministro, convinto che “il tablet sarà il prossimo quaderno tra pochi anni”, annuncia anche la prossima picconata alla “Buona Scuola”: meno anni di formazione/tirocinio dopo la laurea. E per risolvere il problema delle reggenze anticipa, a proposito dell’ultimo concorso per i presidi: “I dirigenti potranno prendere servizio dopo la prova orale, se lo passeranno, senza dover fare i quattro mesi di corso: siamo pronti a fare la Legge da subito. Entro maggio avremo nuovi dirigenti, la formazione la faranno in servizio”.