Ho il tallone anestetizzato. Non lo sento più. Chissà se è il caso di uscire da qui e sedermi. Stavolta vado verso l’amputazione, ne sono sicura. E pensare che sono solo le sette e mezza e sta per finire il rito matrimoniale. La mia vicina di posto si è scattata 172 selfie, io ho provato a scattarmene uno ma non ho preso bene le misure e mi è venuta la faccia gigante, tipo Salvini, con il tizio seduto dietro me che in quel preciso istante si stava scaccolando. Ci riproverò, andrà meglio quando mi sarò seduta. Che qui, in piedi, in fondo a questo (bellissimo eh) Salone degli Specchi fa un caldo infernale. Provo una certa tenerezza per la ragazza col vestitino rosa, in piedi poco più in là: s’atteggia, mette le labbra in posa e non sa di avere due “pezze di sudore” in bella mostra che si stanno espandendo come enormi buchi neri. Già immagino quando andrà in bagno, si guarderà allo specchio e via col phon. Sempre che ci sia, un phon. Sennò povera anima le toccherà stare seduta in un angolo remoto fin quando tutto si sarà asciugato da solo.
Comunque, a fare un rapido calcolo, mancheranno circa 6 ore alla fine di tutto. Non riuscirò a salvare i piedi, mi sento come un alpinista sul K2 e forse questi addobbi che vedo sono solo allucinazioni. Certo avranno preparato delle ciabattine comode da mettere al posto dei tacchi, è sicuro. Ma che faccio, le metto subito? Non lo so se ho il coraggio di mostrarmi come lillipuziana. La cosa buona è che almeno il buffet sarà gustoso: Sicilia, ottimo catering, mamma che voglia. Già pregusto la croccantezza dell’arancina appena fritta. Il rischio di metterla in bocca e di trovarsi nella stessa condizione di Fantozzi alle prese col pomodorino bollente è altissimo. E già lo so che quello sarà l’unico momento in cui qualcuno mi fotograferà per l’album ufficiale. Mentre corro, con le guance gonfie.
Oltretutto non sarà affatto semplice tenere in mano il piatto, il bicchiere di champagne e il telefono. Ah lo champagne! Chissà che prelibatezza avranno scelto. Peccato doversi contenere. L’ultima volta al matrimonio della Sere, alle dieci e mezzo abbracciavo forte lo zio dello sposo, mai conosciuto prima. Ricordo di avergli detto quanto fossero importanti per me il suo affetto e la sua saggezza. Non credo avesse aperto bocca.
Che poi, la storia della ruota panoramica. Cristo non posso pensarci: spero ci facciano salire subito là sopra, prima di aver ingurgitato chili di fritto e litri di champagne. Va be’, riprovo a farmi un selfie prima di essere troppo sfatta. Qui si andrà avanti fino a notte fonda. Ah beh io a una certa metto la ciabattine, tanto non mi noterà più nessuno. Anche perché, con tutta probabilità, tra poco sarò in ospedale e un dottore mi toccherà il tallone con uno spillo chiedendomi se sento qualcosa. Bello, comunque, il vestito della sposa ma incredibile come i matrimoni finiscano per somigliarsi tutti. Sarà per via delle lunghe attese. O dell’ubriachezza molesta. O dei tacchi. Ma al punto in cui siamo, e nonostante le mascotte, gli invitati vip, l’acqua personalizzata, l’aereo personalizzato, la spilla per gli ospiti, le patatine personalizzate e tutto il resto, il matrimonio di Fedez e Ferragni, amici del mio fidanzato, non mi sembra molto diverso da quello di Concetta, la bisnipote di mia madre. Quasi, dai. Deve esserci una nebulosa che se li risucchia tutti, i matrimoni. Insieme ai piedi, naturalmente.