Nei giorni scorsi, gli uomini della Mobile di Genova hanno sentito i tecnici che stilarono le relazioni, commissionate dalla stessa Autostrade. Le persone sentite hanno confermato di avere più volte suggerito a Aspi (Autostrade per l'Italia) di aumentare la frequenza delle ispezioni e anche il sistema di monitoraggio continuo. Ai tecnici, però, non risulta che la società abbia effettivamente dato seguito a quanto evidenziato
Gli avvertimenti ad Autostrade sulle criticità di ponte Morandi, il viadotto sul Polcevera crollato lo scorso 14 agosto trascinando tra le macerie 43 persone, erano stati più di uno. Già nel 2015 Cesi, tra gli studi più noti che si occupano di verifiche strutturali, aveva avvisato la società della necessità di un “monitoraggio dinamico, ossia continuo”. Su allunga quindi l’elenco degli enti – inclusi il Politecnico di Milano – avevano lanciato l’allarme sulla sicurezza del ponte.
Nei giorni scorsi, gli uomini della Mobile di Genova hanno sentito i tecnici che stilarono le relazioni, commissionate dalla stessa Autostrade. Le persone sentite hanno confermato di avere più volte suggerito a Aspi (Autostrade per l’Italia) di aumentare la frequenza delle ispezioni e anche il sistema di monitoraggio continuo. Ai tecnici, però, non risulta che la società abbia effettivamente dato seguito a quanto evidenziato. Dopo quelle relazioni, nel 2017, Autostrade aveva commissionato un nuovo studio al Politecnico di Milano e gli esperti notarono difformità nelle risposte alle sollecitazioni dei tiranti, aspetto che chiesero alla committente di approfondire. Aspi chiese anche al Politecnico di progettare un sistema di sensori per monitorare in tempo reale la stabilità del manufatto, decidendo però di installarli solo con la partenza dei lavori di retroffitting sulle pile 9 e 10, ovvero nell’autunno di quest’anno.
Gli investigatori hanno oggi risolto il giallo dei video delle telecamere di Autostrade che per un black out non hanno ripreso il momento esatto della tragedia. Non c’è stata alcuna manomissione, come ventilato in un primissimo momento. La mattina del 14 agosto, la centralina elettrica che alimentava le due telecamere aveva avuto problemi più volte. Il salvavita si era staccato per cali di tensione ma era poi ripartito. Intorno alle 11.30, pochi minuti prima del collasso della struttura, una ‘nuvola’ di pioggia si è abbattuta anche sulla centralina e il carico di acqua è stato talmente elevato che la centralina non è riuscita a partire. La seconda telecamera, che stava riprendendo lo svincolo, si è girata verso il ponte solo quando il tecnico addetto alle telecamere ha visto auto che frenavano e mezzi che invertivano la marcia tornando indietro contromano. Quando però il dispositivo ha puntato la struttura, il collasso era già avvenuto. Gli esperti hanno escluso anche l’ipotesi del fulmine che avrebbe colpito uno degli stralli del ponte, provocandone la rottura: i tecnici di Arpal hanno concluso la mappatura delle saette cadute qual giorno e hanno rilevato che quella più vicina si è abbattuta a una distanza di oltre un chilometro.