A una settimana dalla sua lettera nella quale chiedeva le dimissioni di Bergoglio per aver coperto gli abusi dell’ex arcivescovo di Washington, Theodore McCarrick, il nunzio apostolico interviene per la terza volta. Il tema, però, riguarda il viaggio di Francesco negli Stati Uniti, nel 2015, durante il quale il Papa incontrò, proprio per volere dell’allora nunzio negli Usa Viganò, Kim Davis
Monsignor Carlo Maria Viganò torna ad attaccare Papa Francesco. A una settimana dalla sua lettera nella quale chiedeva le dimissioni di Bergoglio per aver coperto gli abusi dell’ex arcivescovo di Washington, Theodore McCarrick, il nunzio apostolico interviene per la terza volta. Il tema, però, riguarda il viaggio di Francesco negli Stati Uniti, nel 2015, durante il quale il Papa incontrò, proprio per volere dell’allora nunzio negli Usa Viganò, Kim Davis. La donna, impiegata comunale del Kentucky, era stata arrestata poco tempo prima per aver rifiutato la licenza matrimoniale a diverse coppie omosessuali che avevano chiesto l’autorizzazione in base alla sentenza della Corte suprema americana che obbliga tutti gli Stati a celebrare le nozze gay.
“Il New York Times del 28 agosto 2018, – scrive Viganò – ha riferito parte di un colloquio di Juan Carlos Cruz, la più nota vittima cilena degli abusi sessuali del sacerdote Karadima e del vescovo Barros. Inspiegabilmente, nel colloquio con Cruz, il Papa avrebbe parlato del suo incontro con Kim Davis, in occasione della visita a Washington, il 24 settembre del 2015, affermando che non aveva saputo nulla sul suo caso prima dell’incontro. Di fronte a tale affermazione del Papa, mi vedo obbligato a raccontare come i fatti si sono realmente svolti”.
L’ex nunzio negli Usa racconta che la sera prima di quell’incontro “diedi al Papa un appunto di una pagina in cui era sintetizzato il caso della Davis. Il Papa si mostrò immediatamente favorevole a tale iniziativa, ma aggiunse che l’incontro avrebbe avuto risvolti politici, e affermò: ‘Io di queste cose non me ne intendo, quindi è bene che lei senta il parere del cardinal Parolin’”. Viganò racconta di essersi subito confrontato con monsignor Angelo Becciu, all’epoca sostituto della Segreteria di Stato, e monsignor Paul Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, e che dopo le opportune verifiche fu dato il via libera all’incontro. L’udienza si tenne segretamente nella nunziatura di Washington e ne fu data notizia soltanto dopo il ritorno di Francesco a Roma.
“Il Papa, – scrive Viganò – nel primo pomeriggio del 24 settembre, prima di partire per New York, entrò come previsto nel salotto dove lo aspettavano la Davis e suo marito, l’abbracciò affettuosamente, ringraziandola per il suo coraggio, e invitandola a perseverare. La Davis rimase molto emozionata e si mise a piangere. Fu poi ricondotta al suo albergo su un’auto guidata da un gendarme pontificio, accompagnata da un monsignore americano dello staff della nunziatura”.
Ma la storia non finisce qui. Viganò, infatti, racconta che il 3 ottobre successivo “verso le 6 ora di Washington – ricordo bene perché ero appena entrato nella cappella della nunziatura – ricevevo una telefonata concitata dal cardinal Parolin, il quale mi disse: ‘Devi venire subito a Roma perché il Papa è furioso con te!’. Partii appena mi fu possibile e fui ricevuto dal Papa alla Domus Sanctae Marthae, verso le 7 di sera del 9 ottobre, alla conclusione di una delle sessioni pomeridiane del secondo Sinodo sulla famiglia. Il Papa – prosegue il nunzio – mi ricevette per quasi un’ora, in modo affettuoso e paterno. Si scusò immediatamente con me, per avermi dato questo disturbo di venire a Roma, e si effuse in continui elogi nei miei confronti per come avevo organizzato la sua visita negli Usa, per l’incredibile accoglienza che aveva ricevuto in America, come mai si sarebbe aspettato. Con mia grandissima sorpresa, durante questo lungo incontro, il Papa non menzionò neanche una volta l’udienza con la Davis! Appena terminata la mia udienza con il Papa, telefonai subito al cardinal Parolin, e gli dissi: ‘Il Papa è stato buonissimo con me. Non una parola di rimprovero, solo elogi per il successo della sua visita negli Usa’. Al che, il cardinal Parolin mi rispose: ‘Non è possibile, perché con me era furioso nei tuoi confronti’”.
Da qui Viganò fa le sue deduzioni: “Uno dei due mente: Cruz o il Papa? Quello che è certo è che il Papa sapeva benissimo chi fosse la Davis, e lui e i suoi stretti collaboratori avevano approvato l’udienza privata. I giornalisti possono sempre verificare, chiedendo ai prelati Becciu, Gallagher e Parolin, nonché al Papa stesso. È comunque evidente che Papa Francesco ha voluto nascondere l’udienza privata con la prima cittadina americana condannata e imprigionata per obiezione di coscienza”.
Il nunzio non si ferma, però, al caso Davis e risponde anche a un video del Catholic News Service che mostra McCarrick durante una visita a Roma, nel gennaio 2012, che incontra Benedetto XVI. Nelle immagini l’ex cardinale non sembra di certo uno che ha ricevuto delle sanzioni da Ratzinger a causa dei suoi abusi su seminaristi e preti, come invece sostiene Viganò. “Ma lei – replica il nunzio al suo interlocutore – riesce a immaginare Papa Benedetto così mite che chiede al cardinale: ‘Cosa stai facendo qui?’”. Secondo il diplomatico, dunque, Ratzinger probabilmente non voleva umiliare pubblicamente il cardinale molestatore anche perché era già in pensione. E a un altro video che mostra Viganò all’incontro delle Pontificie Opere Missionarie in perfetta armonia con McCarrick, il nunzio, dopo aver spiegato che non aveva potuto rinunciare di partecipare a quell’evento, risponde: “Non potevo certo dire: ‘Cosa stai facendo qui?’”.
Intanto, sia dal Papa che dal Vaticano nessuna riposta sulle gravissime accuse di Viganò. A caldo Bergoglio aveva preferito limitarsi a dire ai giornalisti: “Leggete voi, attentamente, il comunicato e fate voi il vostro giudizio. Io non dirò una parola su questo. Credo che il comunicato parla da sé stesso, e voi avete la capacità giornalistica sufficiente per trarre le conclusioni. È un atto di fiducia”. Ma aveva anche aggiunto: “Quando sarà passato un po’ di tempo e voi avrete tratto le conclusioni, forse io parlerò”. Un tempo che diversi suoi stretti collaboratori ritengono sia ormai maturo anche perché l’attacco sferrato a Francesco da Viganò, se non fermato in tempo, rischia di minare la credibilità del pontificato.
All’Angelus il Papa, senza però citare esplicitamente le accuse del nunzio, ha sottolineato che “non lasciarsi contaminare da questo mondo non vuol dire isolarsi e chiudersi alla realtà. No. Anche qui non dev’essere un atteggiamento esteriore ma interiore, di sostanza: significa vigilare perché il nostro modo di pensare e di agire non sia inquinato dalla mentalità mondana, ossia dalla vanità, dall’avarizia, dalla superbia. In realtà, un uomo o una donna che vive nella vanità, nell’avarizia, nella superbia e nello stesso tempo crede e si fa vedere come religioso e addirittura arriva a condannare gli altri, è un ipocrita”. Parole che si possono leggere anche alla luce del caso Viganò. In attesa di una riposta chiara da parte del Vaticano.