Dario Franceschini non lo cita mai Matteo Renzi, ma il suo intervento di chiusura della tre giorni di Areadem a Cortona ha tutti i contorni di un elenco degli errori fatti dal Partito democratico e dal suo leader prima e dopo il 4 marzo. E a sigillare il suo discorso un abbraccio a Nicola Zingaretti che sa di endorsement: “Nicola, la risposta è che ce la possiamo fare”, ha detto Franceschini mentre la platea del Centro convegni Sant’Agostino acclamava il presidente della Regione Lazio. Che ha confermato la sua corsa verso la segretaria, anche se l’appuntamento ufficiale sarà il 13 e il 14 a Roma per la convention che lancerà la sua candidatura alla guida del Pd. Dal palcio il governatore ha dato alcuni accenni della sua linea: “”Dobbiamo combattere, altro che subalternità“, poi “crescita ed equità per riconquistare il nostro popolo” e puntare sui giovani come sul web: “Voglio un partito che nella rete sia il migliore“.
Gli accenni critici al renzismo abbondano, soprattutto nel discorso conclusivo di Franceschini. E cominciano a partire da quella frase, attribuita a Renzi da La Stampa, ma mai smentita: “Ora tocca a loro e popcorn per tutti”. Era il periodo della formazione del futuro governo M5s-Lega. “Sono finiti i popcorn, non si possono mangiare più”, attacca Franceschini. Che poi dal palco aretino ripete un concetto già espresso in passato: “Avremmo potuto fare molto per evitare l’alleanza populista, invece abbiamo gettato M5s in braccio a Salvini“. “Ora – aggiunge – dico al mio partito: ‘Aspettiamo che cadano o lavoriamo perché cadano? Aspettiamo che esplodano le contraddizioni tra Lega e M5S o ci impegniamo per farle esplodere? Lo facciamo da soli o cerchiamo alleanze anche in Parlamento?'”.
Ma le critiche di Franceschini vanno oltre e si concentrano soprattutto sulle scelte fatte dall’allora segretario prima delle politiche: dalla legge elettorale al senso di superiorità morale, dalla mancata candidatura di Paolo Gentiloni alle divisioni che hanno indebolito il centrosinistra. “Non si può ignorare il tema delle alleanze – dice il deputato ed ex ministro della Cultura – Il proporzionale è stato un errore, era meglio se vincevano M5s o destra da soli, non si sarebbero alleati. Ora bisogna entrare nelle contraddizioni Lega-M5S, se si saldano e da alleanza diventano blocco sociale, è un problema”. “Non sto proponendo alcuna alleanza con i Cinquestelle, sia chiaro”, precisa Franceschini.
Tornando alla contrapposizione tra il governo e i il pd, arriva l’altra critica: “Non torniamo a quel fastidiosissimo senso di superiorità morale, che dà fastidio a pelle, è uno dei mali della sinistra. Salvini dice ‘popolo contro élite’, se noi vinciamo solo nei centri storici e non nelle periferie c’è qualcosa di vero”.
“Un altro errore è stato non candidare Gentiloni a premier per le elezioni del 4 marzo. Se lo avessimo fatto, con un minimo di generosità, forse gli elettori si sarebbero comportati diversamente”, dice Franceschini, delegittimando di fatto la candidatura di Renzi e anche la sua gestione del partito nei mesi precedenti. L’ex ministro della Cultura chiede infatti più unità: “Il nostro campo va organizzato come una coalizione o come un unico partito? Noi abbiamo sempre pensato alla coalizione, ma sta cambiando tutto: il M5S è un partito e il centrodestra lo sta diventando. Se il Pd è eterogeneo, perché non allargare? Se io sono nello stesso partito con Calenda perché non con Beatrice Lorenzin, se sono nello stesso partito con Damiano perché non con Errani? Chiamiamola vocazione maggioritaria”, spiega.
“Rifondare il partito e farlo diventare un luogo che accetta le diversità e le condivide e le promuove”, è la ricetta che propone Franceschini dal palco di Cortona. E detta anche l’agenda: “Il primo banco di prova sono le Europee. Saranno un referendum: Europa sì o Europa no? E noi dobbiamo raccogliere tutti quelli che dicono Europa sì“, dice il deputato dem. Quindi serve un congresso subito, “anche utilizzando il percorso statutario che abbiamo. Lo statuto stabilisce: prima il voto nei circoli, poi la convenzione e poi le primarie”. E in conclusioni l’ultima stoccata a Renzi: “Siamo stati abituati a una convenzione di poche ore per eleggere un capo e non per scegliere un leader, ma la convenzione può durare anche una settimana, può essere un grande luogo di riflessione, in cui i candidati oltre a tenere un discorso si ascoltano”.