Cinema

Festival di Venezia 2018, Emir Kusturica dedica un documentario a Pepe Mujica: un concentrato di magnetismo caratteriale da fare paura

“La sua personalità e il suo carattere sono l’argomento principale del film. Nell’epoca del feticismo degli oggetti, del capitalismo sfrenato, quest’uomo si taglia lo stipendio per i poveri e in cinque anni riduce la povertà del suo paese dal 25% al 9%”, spiega Kusturica in conferenza stampa

di Davide Turrini

José Pepe Mujica ed Emir Kusturica. L’icona politica frugale eticamente intonsa del socialismo mondiale, e l’irrefrenabile, esagerato regista serbo. Difficile farli stare tutti e due dentro ad un documentario di 74 minuti. El Pepe – a Supreme Life, evento Fuori Concorso a Venezia 75, è un concentrato di magnetismo caratteriale da fare paura. All’umile coppa di mate dell’83enne ex presidente uruguayano sputazzato per terra prima di offrirlo al cineasta, il 63enne Kusturica risponde con l’accensione di un sigarone lungo due metri come fosse Fidel Castro. I due si guardano, in silenzio, poi una sonora risata, e sembrano subito trovarsi come fossero compari da tempo.

Fronte macchina c’è il Tupamaros guerrigliero negli anni Sessanta, il carcere durissimo, la presidenza della repubblica dell’Uruguay dal 2010 al 2015, ma soprattutto quello stile di vita sobrio, dimesso, lontano dai riflettori, lo stipendio decurtato del 70% per aiutare le fasce più deboli del paese. Dall’altra parte dell’obiettivo l’artista che ha scelto un tono poetico surreale e strabordante, fuori dagli schemi, nel suo cinema di finzione fin dagli anni ottanta e che ogni tanto fa rapide incursioni nel documentario concedendosi, ad esempio, un ritratto sudamericano bigger than life come Maradona (2008). El Pepe – A suprem Life inizia laddove il percorso politico attivo di Mujica va ad esaurirsi. L’immensa adunata di popolo a Montevideo, 200mila persone adoranti e commosse, passaggio di consegne con il collega di partito Tabaré Gonzalez. “Non me ne vado – urla Mujica – sto arrivando”.

Dal suo casolare di campagna, zeppo di cagnetti randagi, il presidente si leva i bracaloni e gli stivali da contadino per indossare l’abito dell’insediamento, conservato e stirato in cassetto per mesi. Sale sul suo maggiolone azzurro, che non ha mai venduto in 40 anni, e giunge tra ali di folla, perfino sull’autostrada, nella capitale. Questo lungo blocco temporale viene inframezzato e colorato in continuazione da Kusturica con stralci di interviste a Mujica che coltiva i fiori e l’orto, ai suoi compagni di prigionia, alla moglie ex guerrigliera anche lei Lucia Topolansky, perfino a qualche scontro verbale in strada con un coetaneo non proprio suo fan. Solo che come nei suoi film di fiction, lo stile di Kusturica è sempre ritmato da un passo di carica, da una molteplicità di punti macchina, da messe a fuoco fulminee, dal suono di tamburi e melodie malinconiche del tango che invadono l’udito.

Poi chiaro, al centro del quadro c’è sempre El Pepe: filosofia di vita improntata al minimo economicamente indispensabile (la tirata bonaria ma travolgente sugli smartphone è da antologia); oratore impagabile, sublime e fulminante (in questo ricorda molto diverse figure storiche inglesi pre 1848 del Peterloo di Mike Leigh, visto a Venezia giorni fa); monumento vivente del rigore morale di un pensiero politico egualitarista messo materialmente in pratica. I bonus track di Kusturica, infatti, sono le testimonianze di tante giovani donne sole con prole vissute in baracche fatiscenti prima degli investimenti addirittura personali di El Pepe. La leggenda Mujica è stata sì raccontata in ogni dove. Libri, servizi giornalistici e tv, ma il filtro del cinema sembra donargli un’ulteriore naturale aura da giustiziere rassicurante e deciso, che toglie ai ricchi per dare ai poveri, come nello scenario politico contemporaneo non sembra esistere.

“La sua personalità e il suo carattere sono l’argomento principale del film. Nell’epoca del feticismo degli oggetti, del capitalismo sfrenato, quest’uomo si taglia lo stipendio per i poveri e in cinque anni riduce la povertà del suo paese dal 25% al 9%”, spiega Kusturica in conferenza stampa. “Lidolatria che accompagna la sua figura è una cosa mai vista. La sua è una vera coincidenza tra l’essere e l’apparire. Nella ricerca di una società più giusta è un presidente a cui il popolo s’ispira. Aspetto che in Europa non esiste. Se sei scelto da una maggioranza popolare non puoi vivere economicamente in condizioni materiali diverse da chi ti ha votato come facessi parte di una minoranza”. E se il socialismo, fonte ispiratrice delle lotte politiche di Mujica, in Sud America non se la passa benissimo, anche nella sua culla europea non sembra sentirsi tanto bene: “L’Europa deve essere capace di un piano Marshall per l’Africa perché altrimenti non so dove andrà a finire”, ha spiegato l’ex presidente dell’Uruguay. “Il cimitero del Mediterraneo è enorme, ma le donne africane sono più forti. La Nigeria tra un secolo supererà per nascite la Cina”.

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