E dunque torniamo dall’agosto del nostro scontento sapendo che ci vuole la sinistra, una nuova sinistra, per opporsi ai gerarchi che già scorrazzano per la nostra penisola o per quelli che a breve arriveranno. Tralascio, per carità di patria e per rispetto della Storia, l’equivalenza tra il borioso “sequestratore” della Diciotti e il gelido organizzatore dei treni per Auschwitz. Mi concentro su questa fantomatica sinistra, di cui avrei un bisogno disperato, come un tossico a rota da molte stagioni.
Ho scoperto che oscillerebbe tra Macron e McCain. Ho scoperto che, sottoposto ad un interrogatorio stringente, uno dei più audaci tra i protagonisti di questo revival arriva ad ammettere che non bisognava “iniziare” dall’abolizione dell’articolo 18. Ho capito che questa nuova sinistra non mette in discussione le regole del “mercato”, se così può essere definito un regime concessionario di un monopolio naturale, neppure di fronte alle rovine di un ponte e di una quarantina di vite. Ho scoperto che questa nuova sinistra, composta in buona parte dagli stessi che hanno governato per una dozzina di anni negli ultimi 25, era lì di passaggio, un po’ vaga, un po’ assente, comunque del tutto passiva. Infatti dice che il lavoro ha cambiato natura facendosi aleatorio e precario. Un po’ come d’autunno sugli alberi le foglie, ha cambiato colore, così sua sponte. E’ la provvidenza, direbbe il piccolo Feltri.
E che ci vogliamo fare di fronte ai fenomeni “scientifici” come la globalizzazione? E’ oggettivo. Prendi e porta a casa. E se hai un drammatico disagio per aver perso undici punti di reddito, un disagio, hai capito, non un prurito ma nemmeno un dolore, un po’ come se la poltrona del cinema è troppo stretta ecco se ti permetti di non avere disagio ma qualcosa di più non sei nemmeno un populista, sei la peggiore destra. Quella contro cui si è battuto McCain. Votando, se non lo sapete, l’87% delle volte a favore dei progetti di Trump, compreso il taglio delle tasse che rende di fatto scoperta l’Obamacare che avrebbe salvato col suo pollice verso. Ma no, ci deve essere un errore: tagliare le tasse ai ricchi e promettere il welfare ai poveri non è la definizione da vocabolario del populismo?
Comunque grazie al galantuomo che ha appoggiato e richiesto ogni singolo missile o drone scagliato in modo bipartisan negli ultimi 50 anni contro i nemici dell’America, civili, bambini, terroristi, canaglie, dittatori, chi cojo cojo, ho capito che è ora di togliere dalle bacheche la foto della piccola Kim Phuc. Non era annegata sulla rotta per l’Europa, non era stata bombardata dai russi o da Saddam ad Aleppo, il Napalm era lanciato dai galantuomini, quindi dopo cinquanta anni possiamo prescrivere il fatto. Possiamo anche togliere il poster di quel pugile che diceva nessun vietcong mi ha mai chiamato negro. E, tenendoci la camicia button down, pure quello del Kennedy, Bob, che provava a trovare una via d’uscita dal pasticcio messo su dal fratello. Cinquanta anni giusti. Come per Ian Palach, e qui siamo d’accordo oh se lo siamo, che era la sinistra e non era la sinistra il carro con la falce e martello. Ma come non realizzare che Ivan McKainoff, sarebbe stato su quel T62 così come stava sul suo A4 Skyhawk. O che alla Università di Kent lo avremmo trovato nelle file della guardia nazionale e non tra gli studenti. Insomma ho capito: è una sinistra con poche fragole e molto sangue.
Mettiamola così. Finché non sparirete, ma non come i vecchi soldati, lentamente, e non lascerete il posto agli ospiti di Antonello Caporale e alle loro idee, di questa destra, o di altre perfino peggiori, non potremo neppure iniziare ad avere speranza di liberarci.