di Enzo Marzo
Siamo arrivati ad un passaggio epocale. Alcuni anni fa il realismo ci fece maturare il giudizio che la crisi del nostro paese fosse irreversibile. Troppi erano gli indicatori, dalla scuola all’informazione, dall’assuefazione dei cittadini al cinismo e alla corruttela sfacciata e impunita che Berlusconi & company avevano iniettato nel tessuto civile. Tutti noi ce la siamo presa con la Casta e abbiamo fatto passare in secondo piano la metastasi che invadeva tutti gli strati sociali.
Eppure ci trovavamo soltanto al penultimo gradino. A proseguire l’opera berlusconiana ci pensava Renzi con un miscuglio di demagogia e idiozia masochistica. Più volte avemmo occasione di segnalare decisioni del segretario del P. I. (Partito Idiota) che non potevano che distruggere paese e partito: nepotismo, leggi incostituzionali, menzogna eretta a sistema, riforma della Rai liberticida a tutto vantaggio dei futuri padroni, alleanze sconce, riforme elettorali fatte su misura degli avversari. Insomma, un disastro che al fondo aveva un substrato massiccio di incapacità e di ignoranza aggravato dal fatto che né la stampa compiacente né i più affezionati amici del capo facevano mai nulla per impedirgli di sospingere tutti al massacro. Gli esiti erano assolutamente prevedibili e inesorabilmente si sono realizzati.
Così siamo arrivati al fondo. Non ci restava che scavare. Quelle che ogni società civile considera delle scelleratezze sono state innalzate a virtù. Siamo così arrivati all’elogio dell’Ignoranza pura, del Numero in quanto tale, all’abbandono plateale d’ogni parvenza di democrazia, al culto del Capo. E questi più è ignorante e più è vicino al popolo. Magari fosse solo incapace di risolvere i problemi ma deve mostrare di non conoscerli affatto. E soprattutto apre la bocca e le dà fiato. A patto di rovesciare la sua posizione poche ore dopo. Si confonde l’Ignoranza con l’Innocenza. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. Inevitabilmente l’eloquio pubblico si è abbassato alle discussioni di una volta nelle bettole, quando il vino faceva cadere ogni inibizione.
Abbiamo deprecato le bufale. Ingenui, le abbiamo temute. Ora siamo passati alla menzogna scoperta. La responsabilità non piccola è dell’informazione che “abbocca” a qualunque demagogia che i politici spargono per Twitter, e la ingigantiscono. La vicenda della Diciotti è stata trasformata in un caso mondiale: un paese di sessanta milioni di abitanti era invaso da un paio di centinaia di poveretti fuggiti da una guerra tremenda e da cinque-sei donne stuprate. Un problema davvero insolubile. Contemporaneamente cresce ogni giorno la sensazione d’essere governati da dilettanti irresponsabili che sparano la prima scemenza venga loro in mente, senza prima consultare il vocabolario o i dossier. Per poi rimangiarsi il tutto il giorno dopo, senza neppure chiedere scusa. Il caso di Di Maio è esemplare. Senza pensarci un attimo chiede l’impeachment del Presidente della Repubblica, propone di nazionalizzare in un battibaleno Autostrade, spara cifre a caso sul costo dell’adesione all’Unione europea senza prima consultare l’usciere del ministero dell’Economia che sicuramente ne sa più di lui. E così non si risparmia l’ennesima baggianata corretta il giorno dopo dai giornali e poi dall’Europa stessa. E i suoi, sulla scia, recuperano “la politica degli ossimori” dei più consumati democristiani di cinquanta anni fa.
Su tutto regna un linguaggio da carrettiere (chiediamo scusa ai carrettieri, che comunque speriamo non esistano più). Anche su questo tema, il disastro viene da lontano. E’ stato costruito ad arte, perché evidentemente giudicato elemento costitutivo del populismo. E Internet ha ingigantito il fenomeno. Molto hanno contribuito i soliti guitti in tv, che vengono invitati solo perché con le loro rituali sceneggiate arricchiscono le trasmissioni di falsi diverbi e di trivialità linguistiche e di contenuto. Il dibattito pubblico ormai è ridotto ai minimi termini.
Non ci dilunghiamo in esempi, gli ultimi che ci vengono in mente riguardano Salvini, definito per iscritto “str…” dal Presidente dell’Assemblea siciliana, peraltro della sua stessa parte politica. E nessuno si scandalizza che un uomo con una carica istituzionale definisca così il vice presidente del Consiglio. Che a sua volta, da vero uomo di Stato, nella stessa giornata apostrofa pubblicamente come “verme” una persona fermata poche ore prima per un reato e, grazie alla nostra Costituzione, coperta dalla presunzione di innocenza fino al giudizio finale di un tribunale. E non fa mancare neppure allusioni pesanti sulla di lui moglie, estranea del tutto ai fatti (invece per Salvini non sono “vermi” i due allievi poliziotti fermati per lo stesso reato poche ore dopo). Siamo in mano a una propaganda rozza, nata in alcune trasmissioni e coltivata quotidianamente dalla stampa-spazzatura di estrema destra che fa a gara per chi fin dalla prima pagina s’inventa titoli e testi maggiormente inzeppati di scurrilità. Al punto, ne siamo sicuri, che anche i pesci il giorno dopo rifiutano d’essere incartati da fogli così escrementizi.