Un asse inusuale è pronto a saldarsi se la questione Ilva dovesse rimanere in fase di stallo. Con una data precisa, l’11 settembre. È quello il giorno nel quale i sindacati hanno proclamato uno sciopero nazionale che anche Confindustria fa sapere di essere pronta ad appoggiare. Lavoratori e industriali si ritroverebbero insomma sulla stesso fronte contro il ministro Luigi Di Maio, qualora mercoledì il tavolo al Mise convocato per riavviare la trattativa tra metalmeccanici e ArcelorMittal non dovesse iniziare un percorso positivo, dipendente anche – come specificato da Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm e Usb – dalla decisione del vicepremier riguardo al via libera definito agli acquirenti dopo i pareri di Anac, Avvocatura di Stato e ministero dell’Ambiente. Anche a poche ore dal vertice al Mise, i segretari di Fim e Uilm, Marco Bentivogli e Rocco Palombella, sono tornati a richiedere a Di Maio di chiarire se la gara è legittima o meno: “Altrimenti non ci sarà alcun dialogo con Arcelor”.

“Ilva cruciale per il Sud e il Paese” – Se lo sciopero verrà confermato, e questo si saprà soltanto dopo il faccia a faccia al ministero dello Sviluppo Economico, al quale parteciperanno anche i commissari straordinari e Federmanager, Confindustria, come anticipato da La Stampa e confermato all’Ansa, “è pronta ad appoggiare la manifestazione sindacale”. La decisione verrà presa nel fine settimana a Verona, dove è convocato il Comitato di presidenza per venerdì 7 e sabato 8. In quella sede saranno stabilite le forme della protesta, perché viale dell’Astronomia ritiene il rilancio di Ilva “cruciale” per l’economia industriale del Sud e del Paese.

Prima il dl Dignità, ora la questione indotto – Dopo lo scontro sul decreto Dignità, duramente contestato dagli industriali, potrebbe dunque aprirsi un nuovo fronte di polemica con Di Maio. Già in passato, più volte, il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo, ha lanciato l’allarme legato soprattutto all’indotto che ruota attorno all’acciaieria di Taranto che dà lavoro a decine di aziende con oltre 2mila dipendenti. Ricordando come le ditte vivano nell’incertezza da 6 anni, lo scorso 23 agosto, Cesareo aveva lasciato trasparire quella che sembra ora la possibile linea d’azione: “Nelle prossime settimane – disse dopo il parere dell’Avvocatura – questa situazione non credo che passerà inosservata sul nostro territorio. Io sento i rumors e qualcosa credo si farà. Siamo stufi, il territorio si farà sentire”.

Il fronte ambientalista in piazza il 6 – Qualunque sarà la scelta tra annullamento della gara o, come appare probabile, via libera ad ArcelorMittal, Di Maio sembra comunque destinato a dover affrontare una qualche forma di protesta. Anche gli ambientalisti, infatti, sono pronti a manifestare contro il leader del M5s. Alcune associazioni hanno già indetto un sit-in il 6 settembre a Taranto, alla vigilia della chiusura della procedura di verifica avviata ad agosto. In prima fila, c’è Peacelink che nelle scorse settimane ha anche inviato al titolare del Mise un dossier su quelle che vengono ritenute le criticità nell’addendum presentato il 30 luglio dal colosso franco-indiano e illustrando i “conflitti ambientali” che lo riguardano.

Dossier a Di Maio: “No a una nuova Zenica” – “Non vogliamo che Taranto diventi una nuova Zenica, la città della Bosnia dove la popolazione sta protestando contro ArcelorMittal per l’inquinamento. Ma Zenica non è la sola città dove Arcelor Mittal viene contestata dalla popolazione – spiega Peacelink – Lo è in tutto il mondo e chiediamo al ministro Di Maio di commissionare una ricerca che prenda visione delle proteste globali contro questa multinazionale considerata spregiudicata”. Sui social, in tanti, ricordano anche le percentuali raggiunte in città dai Cinque Stelle alle elezioni dello scorso 4 marzo e notano il silenzio – di fronte al probabile ingresso di Arcelor – dei deputati e senatori tarantini, che fino a pochi mesi fa chiedevano la chiusura dell’impianto.

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