La moneta parallela di Napoli annunciata dal sindaco Luigi de Magistris sarà più simile a quella della California o a quelle dell’Argentina? De Magistris ha annunciato con molta enfasi che la città di Napoli si renderà autonoma dal sistema politico del nord e dal governo “nordista” restando comunque ovviamente rispettosa delle leggi e della Costituzione. Il sindaco partenopeo annuncia in particolare tre misure: promulgherà un manifesto politico sull’autonomia della sua città; cancellerà il “debito ingiusto” contratto dalle pregresse amministrazioni, che impedisce alla sua città di realizzare opere pubbliche indispensabili; e emetterà “una moneta aggiuntiva all’euro per dare forza a Partenope”. Mi propongo di commentare solo l’ultima proposta del sindaco, perché conosco a fondo il problema delle monete parallele ma non abbastanza le vicende napoletane.
L’idea di moneta parallela locale sembra originale e nuova per l’Italia, ma in realtà non è molto innovativa. Nel mondo si contano diverse centinaia di monete parallele locali e sono molte decine le città, le province e le regioni nei cinque continenti che hanno emesso delle loro valute. Gli esempi più noti e clamorosi sono stati quelli dei patacones argentini e delle obbligazioni IOU (I owe you, letteralmente, Io Ti Devo) dello Stato della California.
Durante la gravissima crisi valutaria del 2001/02 diverse province argentine, come quella di Buenos Aires, emisero dei titoli con valore fiscale convertibili in moneta ufficiale (i cosiddetti patacones) nel tentativo di sopperire alla carenza della moneta ufficiale, dei pesos che scarseggiavano e che allora erano ancorati al dollaro Usa. Questi titoli per un certo periodo di tempo hanno funzionato abbastanza bene come mezzo di pagamento per gli acquisti nei negozi ed erano largamente accettati come moneta, anche perché potevano essere scambiati quasi alla pari con i pesos (e quindi con i dollari) presso i normali sportelli bancari. Ma questo quasi-denaro fu poi rigettato dalla popolazione, dai commercianti e dalle banche quando nel gennaio 2002 il paese abbandonò il tasso di cambio fisso con il dollaro, quando di conseguenza scoppiò una forte inflazione e i patacones persero molto valore.
La contraffazione delle monete alternative cartacee contribuì notevolmente a ridurre l’affidabilità dei patacones: ma il tracollo avvenne soprattutto quando le banche non garantirono più la loro convertibilità in pesos e le amministrazioni delle province emittenti si dimostrarono riluttanti ad accettarli alla pari per pagare le tasse. Alla fine i patacones diventarono carta straccia. Tuttavia, come sappiamo, negli anni successivi alla grave crisi del peso agganciato al dollaro, l’economia argentina si riprese alla grande grazie alle esportazioni agricole e alla forte crescita della domanda estera, soprattutto da parte della Cina.
Anche lo Stato della California durante la grave crisi fiscale e immobiliare del 2009, mentre era governatore il repubblicano Arnold Schwarzenegger, ha fatto ricorso a delle obbligazioni – cioè a IOU a breve termine con tasso di interesse abbastanza alto, del 3,75% – come mezzo di pagamento a favore di fornitori e dipendenti. In mancanza di risorse fiscali e in una condizione di bilancio pre-fallimentare, lo Stato riuscì a pagare la realizzazione di alcuni lavori pubblici con questi titoli ad alto rendimento, che però rischiavano di provocare nel tempo un buco fiscale ancora maggiore. L’esperienza ebbe vita breve: alcune grandi banche si rifiutarono di accettare gli IOU e il rating dello stato venne declassato. La California comunque alla fine riuscì a ripagare i suoi debiti. Nel 2010 venne eletto il nuovo governatore democratico Jerry Brown che vinse un referendum per aumentare le tasse, tagliò le spese e pose rapidamente fine alla crisi del bilancio pubblico.
Sinteticamente, quali lezioni si possono trarre da queste e da altre esperienze di moneta parallela? Innanzitutto queste monete in generale nascono in condizioni di gravi crisi monetarie e fiscali, ovvero quando c’è forte carenza di soldi in circolazione e quando mancano le risorse pubbliche per pagare i dipendenti e i fornitori. Seconda lezione: le emissioni di moneta locale possono essere utili e valide per risollevare l’economia locale, ma possono anche fallire. Gli esperimenti di maggiore successo riguardano in generale monete complementari valide non solo per pagare le tasse ma anche facilmente convertibili alla pari o quasi con le monete ufficiali. In generale, se le banche accettano le monete alternative, queste possono funzionare facilmente e bene, altrimenti è difficile che vengano accolte con favore dal pubblico e dai commercianti. In ogni caso le monete locali, anche se hanno successo, vivono per poco tempo, sono temporanee: quando la moneta ufficiale esce dalla crisi elimina quella locale, che resta sempre una moneta succedanea e di “secondo rango”.
In Italia sono già nate alcune monete locali, come il Sardex, con un finora apprezzabile ma limitato successo, anche perché la fiscalità italiana è molto centralizzata, le amministrazioni locali raccolgono relativamente poche tasse, e quindi le monete locali non possono essere coperte da un significativo valore fiscale. Per questo motivo il successo della moneta napoletana è tutt’altro che assicurato.
Ovviamente il discorso è molto diverso per i Titoli di Sconto Fiscale che ho proposto più volte in questo mio blog. Questi titoli sarebbero emessi dallo stato a livello nazionale e servirebbero per avere riduzioni fiscali al quarto anno dalla loro emissione, ma potrebbero essere immediatamente convertiti in euro sui mercati finanziari praticamente alla pari. Distribuiti alle famiglie, alle imprese e agli enti pubblici, i TSF potrebbero rinforzare notevolmente la domanda interna (investimenti e consumi) e rinvigorire l’economia reale. Essendo pienamente garantiti dallo Stato per “pagare le tasse” godrebbero di una valutazione elevata da parte delle agenzie di rating e sarebbero automaticamente accettati dalla Banca Centrale Europea come collaterali (o garanzie) per i prestiti alle banche. Quindi funzionerebbero egregiamente come quasi-moneta.