Per la campagna pubblicitaria creata ad hoc per festeggiare i 30 anni dello slogan #JustDoIt, la Nike ha ingaggiato Colin Kaepernick come volto. Una presa di posizione netta. L’ex quarterback dei 49ers nel 2016 è stato infatti protagonista di un episodio importante: durante il rituale pre-match con l’inno americano in sottofondo, lui decise di inginocchiarsi per protestare contro le violenze della polizia contro gli afroamericani. Quella sua denuncia contro il razzismo, gli costò la carriera: da quel momento in poi, infatti, il giocatore si è ritrovato senza squadra.
Tanto che il 30enne decise di portare in tribunale i proprietari della lega professionistica di football americano denunciando di essere stato tagliato fuori dal campionato a causa del suo attivismo politico. Anche Trump aveva preso una posizione molto netta contro Kaepernick, arrivando a definire i giocatori aderenti alla protesta dei «figli di puttana».
Il nuovo slogan della Nike, ora, recita: “Credi in qualcosa, anche se significa sacrificare tutto”. Si tratta di una scelta coraggiosa e controversa. Anche economicamente il marchio potrebbe subire delle ripercussioni, dato che è partner della NFL per le divise da gioco. “Crediamo che Colin sia uno degli atleti che più ha ispirato la sua generazione, che ha fatto leva sul potere dello sport per aiutare il mondo ad andare avanti”, ha spiegato Gino Fisanotti, vice presidente del brand per il Nord America.
Ma se questa campagna ha trovato l’appoggio di star come Jay-Z e Serena Williams, tanti clienti della Nike non hanno gradito dando vita a una vera e propria attività di distruzione dei prodotti del brand sotto l’hashtag #burnyournikes: dalle scarpe bruciate ai calzini strappati, questa è la loro (contro) protesta.