Adesso tutti si affrettano a dire che il parroco ha parlato con ironia, con leggerezza, a costo di essere male interpretato. Eppure quello che don Cristiano Bobbo, che conduce le parrocchie di Oriago e Ca’ Sabbioni, in provincia di Venezia, ha scritto sul bollettino Una voce nella Riviera, avrà anche la leggerezza di un editoriale estivo, eppure costituisce una proposta di tassare la scollatura degli abiti da sposa. Più la scollatura è grande, maggiore l’obolo da versare per la cerimonia nella cassetta delle elemosine. In tempi in cui si vede di tutto e di più, la proposta ha in effetti i suoi risvolti umoristici.
Anche Gente Veneta, il settimanale della diocesi patriarcale di Venezia, ha dato risalto alla notizia del commento di don Bobbo che costituisce, comunque, una riflessione sull’evoluzione dei costumi e dell’abbigliamento in una cerimonia religiosa che è comunque in crisi statistica. “Chi più si presenta svestito più paga. Potrebbe essere la regola da imporre nelle chiese quando si celebrano matrimoni. Lo scrive provocatoriamente don Bobbo, rilevando la frequenza di abiti da sposa ‘che molto spesso si presentano sguaiati e volgari, inadatti alla circostanza‘”. Fin qui Gente Veneta, che riassume il commento del sacerdote. Il quale sul bollettino ha raccontato una storiella di provincia, citando il caso di un paese dove vigeva la consuetudine di dare al celebrante dei matrimoni un’offerta che fosse proporzionata alla bellezza della sposa.
La storiella continua, nel racconto del prete, così: “Diciamo che la cifra base fosse venti euro, ma c’erano mariti che ringraziavano per il servizio, chi con trenta e chi con cinquanta. Se la sposa era veramente bella allora correva un bel centone! Un tale si presentò a sdebitarsi con un’offerta proprio misera di dieci euro, ma aveva sposato una che era bruttina. Il sacerdote prese l’offerta e disse: ‘Aspetta che ti do cinque di resto: quel che è giusto è giusto’”. Saltando alla succinteria degli abiti, il prete ha lanciato la proposta di un’offerta maggiore per la scollatura degli abiti, che pare sia in crescita vertiginosa. Vai a vedere chi si prenderebbe la briga di misurare i centimetri di pelle scoperta, traducendola, in base a una tabella, nella congruità dell’obolo.
Il sacerdote ha proseguito più seriamente: “Quanto sarebbe significativo, invece, se le spose facessero comprendere anche attraverso la semplicità e il buon gusto del loro vestito la delicatezza, la poesia e la freschezza del momento che stanno vivendo! Ma questa sensibilità nasce soltanto da uno spazio sacro che si coltiva fin da piccoli nel proprio cuore, che non dovrebbe mai essere preda delle deformazioni della moda che oggi sembra imporre modelli che amano sguazzare nel fango dei sentimenti e delle esperienze possibilmente deviate o debordanti”. Don Babbo, con un tocco di pudico romanticismo, in perfetto stile religioso, ha concluso: “C’è uno stile di dignità e riserbo che dev’essere riconquistato; c’è un rispetto dell’altro che è alla base di una vita sociale seria e serena. Si può ribadirlo anche con la scelta del vestito di una circostanza della vita destinata a rimanere indimenticabile».