I casi di super manager che – stanchi della vita corporativa, sia in multinazionali che in grandi aziende nazionali – decidono di staccare sono in aumento, persino in Italia dove, brutto a dirsi, il lavoro non piove dal cielo. Tuttavia, la domanda resta sempre la stessa: “Ok, ti licenzi e poi?”. Perché, se escludiamo casi estremi (tipo mariti/mogli ricchi/e o super liquidazioni a sei zeri), di qualcosa si deve campare.
Di recente – una moda importata dall’America – sono fioriti una serie di lavori focalizzati sul mondo umano. Per essere precisi tutta quella galassia di attività che si allineano con il concetto di benessere del corpo e dello spirito. Un tema familiare a molti ex manager sono concetti come life coach, personal trainer, speaker trainer etc. Tutte parole in inglese molto affascinanti ma che implicano un concetto molto semplice: “Chi ti vende”.
Anche assumendo che il novello imprenditore di se stesso (ex manager di grande multinazionale) sia il più geniale life coach o yoga trainer del mondo, resta sempre che essere soli dopo essere usciti da una multinazionale è come essere nudi in una strada. Sino a ieri avevi il tecnico It se il Mac si rompeva, avevi il butler (maggiordomo) per farti il lavaggio camice, avevi il personal trainer (però pagato dalla azienda). Ora sei nudo (psicologicamente parlando) e devi fare tutto da solo. Devi essere pr e venditore di te stesso, devi fare la delivery (gergo aziendale, in pratica devi fare quello per cui ti sei venduto e per cui ti pagheranno) devi farti pagare (non uno scherzo) e nei casi peggiori il recupero credito.
Con queste premesse ho pensato di scovare una persona che riesce a far funzionare tutte queste cose.
Alessia Tanzi è una reduce del mondo corporativo. Oltre 15 anni passati nelle più grandi corporation e poi, un bel giorno, capisce che questo mondo non fa più per lei. La chiave di volta per Alessia è stata (come spesso succede) un evento forte, che l’ha spinta a rivalutare quello che stava facendo. La vita è troppo breve per passarla in un cubicolo. “Beh non proprio ma mi sono posta la domanda se fosse quello che avrei voluto fare per tutta la mia vita, e ho compreso che c’era altro”, mi spiega Alessia.
Stress, competizione, coltello tra i denti non appaiono più cosi eccitanti. Decide di scalare, rallentare. “Detto fatto, ho deciso di cambiare vita” mi spiega sorridente mentre sorseggia un té, “già facevo Yoga da 13 anni e da cinque ero diventata insegnante, da tempo pensavo che il massimo sarebbe stato coniugare questa passione con la mia conoscenza delle aziende, ma il problema era come farlo, come costruire un progetto di business sostenibile”.
La soluzione comincia a prendere forma dopo alcune settimane, parlando con una ex collega iper stressata. “Avevo provato sulla mia pelle il valore di certe pratiche per persone come me o come lei che hanno molte responsabilità e tempi di lavoro serrati. Gestire lo stress è qualcosa di molto complesso: con i tempi che corrono, chi lavora in azienda ha un disperato bisogno di strumenti che permettano di raggiungere più risultati in tempi ristretti e con sforzi minori”. Alcuni mesi di riflessione e nasce Yoga Coaching. “Ho pensato di mettere questa mia passione al servizio delle esigenze dei manager”.
Basato sulla tradizione del Kundalini Yoga la sua soluzione è calibrata per manager e corporativi in generale. “Non sono certo la prima che abbandona un posto sicuro per l’ignoto, il mondo fuori da una azienda” continua Alessia “ma ho voluto far tesoro delle mie precedenti esperienze, non le rinnego anzi, mi hanno resa quello che sono”.
La sfida è sempre la stessa, che si sia nel mondo corporativo o nel mondo “fuori”: vendersi. “All’inizio è stata dura, soprattutto la fase di sviluppo business. Ho dovuto dar fondo a tutta la mia rete di contatti, che, specialmente all’inizio, erano perplessi dalla mia scelta alternativa”. Lentamente e con fatica i primi clienti sono arrivati e ora Alessia, pur scalando, gestisce una attività che “coadiuva la mia voglia di lavorare con il mio desiderio di aiutare gli altri” mi dice Alessia.
Vedere una persona che volontariamente lascia il posto sicuro per una nuova esperienza “è una sfida che merita di essere vissuta.” Conclude Alessia. E il suo caso dimostra che “c’è vita” oltre il posto fisso. Ma non è una passeggiata di salute.