Un nuovo raid armato al rione Forcella, nel cuore antico di Napoli. Questa volta i killer in sella a due potenti scooter hanno seminato il terrore in via Vicaria Vecchia. Non accadeva da 14 anni in quella stradina. Un sacrilegio. Il gruppo di fuoco ha sparato all’impazzata. Raffiche di proiettili calibro 9 esplosi in aria che hanno centrato ad una gamba una donna, Anna Celentano di 51 anni. Era affacciata al suo balcone ed è viva per miracolo.
A Forcella ne sono convinti: è stata Annalisa Durante a proteggerla. Aveva 14 anni, era un sabato sera, chiacchierava sotto casa con la cugina e due amiche. Si mettevano d’accordo per andare a messa la domenica. Una sparatoria, improvvisa. Annalisa resta ferma, paralizzata dalla paura. Un colpo le centra l’occhio. È la sera del 27 marzo 2004. Una lunga agonia, l’espianto degli organi che doneranno la vita a sette persone.
Via Vicaria Vecchia è simbolo del riscatto, della reazione, della cultura della legalità contro l’oscurirà maledetta delle tenebre della camorra. C’è una scuola, una biblioteca, una ludoteca che oggi portano il nome di Annalisa Durate. Quella viuzza ha la stessa forza evocativa di una teca sacra. A metà strada, all’altezza del civico 21, sui basoli resta impresso per sempre il sangue innocente di Annalisa. È un rivolo rosso che imbratta le coscienze, ammonisce e interroga. Aveva solo 14 anni e come lei tante sono le vittime innocenti, strappate alla vita e ai sogni.
Napoli, è un teatro di guerra. È un inferno a cui ci si abitua. Perfino un agguato con un morto ammazzato non suscita un moto di ribellione. Anzi, rafforza l’endemica omertà. Tutto scorre. Si susseguono gli anniversari, i lutti, le commemorazioni. Il 6 settembre di tre anni fa al rione Sanità, un’altra “stesa”. Resta sul selciato Genny Cesarano, 17 anni, trucidato in piazza davanti alla Basilica della Sanità.
Solo l’arte può travalicare e rompere la cortina fumogena della rassegnazione. Il volto di Genny Cesarano ora è racchiuso in cinque ritratti e un busto di terracotta. Contrapposto a una foto di Mimmo Jodice e a un quadro di Francesco Solimena. L’opera è stata dedicata al ragazzo dall’artista Paolo La Motta e resterà esposta nella Sala 82 del Museo di Capodimonte fino al prossimo 5 ottobre. “L’opera – annuncia però il direttore Sylvain Bellenger – presto farà parte della nostra collezione permanente”. Una traccia per rompere quella diabolica normalità.
Accade a chi accompagna i turisti lungo i Decumani e, fermandosi all’ingresso del rione Forcella, oltre a narrare i luoghi accenna alle storie dei boss, alle loro imprese, al potere della camorra. È la “stesa”, il gesto terroristico di sparare senza un obiettivo, mettendo a rischio la sicurezza dei cittadini da parte di gruppuscoli criminali emergenti, un termine ormai familiare ai partenopei. Ne analizzano la filigrana, ne spiegano la genesi, riflettono sulla logica criminale sottesa. È vero a Napoli, ci si abitua proprio a tutto. È la voce rassegnata di Meg – nel documentario Camorra del regista Francesco Patierno che ha visto la collaborazione dello storico Isaia Sales – a ricordarlo: “Napoli è assuefazione che consente alla città il mantenimento di uno stato di equilibrio rispetto agli squilibri profondissimi presenti tra le classi sociali”.
Il presidente della Camera Roberto Fico l’ha ricordato di recente: “Combattere le mafie è la vera emergenza dell’Italia”. La finta speranza, lo sberleffo farlocco, l’augurio sinistro è che al più presto gli 007 scoprano che i boss e gli affiliati dei clan sono migranti, originari dell’Africa. In tal caso avremo la certezza che il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in meno di 24 ore mobiliterebbe uomini, mezzi e inserirebbe la lotta alle mafie nell’agenda di governo.
Così finalmente nelle interviste a favore di telecamera, nei selfie e nei video via social, la lotta alla camorra, alla mafia e alla ‘ndrangheta diventerebbe priorità nazionale e internazionale, con i seguaci del capo del Viminale schierati in prima linea. Nel frattempo a Napoli, chi resta affacciato alla finestra e a un balcone o passeggia per strada rischia la vita.