Mafie

Aemilia, l’ultimo atto del processo. Il pm Mescolini promosso procuratore capo: la battaglia per la nomina al Csm

A due anni e mezzo dall'inizio del dibattimento, la parola torna all'accusa che in totale ha chiesto più di 1700 anni di carcere per i 148 imputati. A luglio il consiglio superiore della magistratura ha indicato Mescolini come nuova guida della procura di Reggio Emilia. All'incarico si è arrivati dopo un lungo scontro e dopo che il contendente Alfonso D'Avino è stato assegnato alla procura di Parma

Aemilia entra nel rush finale dopo la pausa estiva. Giovedì 6 settembre, a due anni e mezzo dall’inizio del processo di ‘ndrangheta, l’udienza numero 190 darà di nuovo la parola ai pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi per le repliche alle arringhe delle difese. La sentenza per i 148 imputati alla sbarra a Reggio Emilia è prevista per ottobre e il dottor Mescolini l’ascolterà anche nella nuova veste di capo della Procura di Reggio Emilia, nomina decisa dal Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura nella seduta del 4 luglio scorso. A quell’incarico si è arrivati dopo un confronto aspro e prolungato nel tempo, che già nel mese di febbraio registrava tra i tanti candidati al ruolo due soli nomi rimasti a contendersi la città simbolo della lotta alla mafia penetrata al nord.

Il primo è appunto quello di Marco Mescolini, 52 anni, originario di Cesena, dal 2010 al lavoro presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna. Noto in tutta Italia come magistrato requirente che ha ispirato il processo Aemilia e ne ha condotto l’accusa. Ma il secondo candidato non è da meno: Alfonso D’Avino, 62 anni, procuratore aggiunto nella più grande procura italiana, quella di Napoli, dove lavora nel pool che indaga i reati contro la Pubblica Amministrazione. Noto in tutta Italia per il suo conflitto con il collega Henry John Woodcock sul caso Consip.

Il primo confronto di merito tra le due candidature avviene nella seduta del Plenum il 14 febbraio 2018 e a sostenere Mescolini è il membro togato del CSM Massimo Forciniti di “Unità per la Costituzione”, relatore di maggioranza, che ne sottolinea la lunga esperienza in diverse regioni del Paese. Mescolini è definito “un pioniere” nelle funzioni di pubblica accusa del magistrato, che ha risolto “felicemente” le indagini su diversi casi di criminalità organizzata, omicidi, traffici transnazionali, e si occupa di materie importanti quali “la prevenzione nell’utilizzo del sistema finanziario, il terrorismo, il contrasto patrimoniale alle organizzazioni criminali”. E poi naturalmente c’è Aemilia, l’indagine a cui Mescolini lavora dal 2009 scoperchiando “la penetrazione della ‘ndrangheta nel tessuto economico e sociale dell’Emilia Romagna” dove la mafia ha mostrato il proprio volto imprenditoriale. La sua esperienza unita alle “innate e indubbie capacità organizzative” lo ha portato a scegliere con grande abilità “le tecniche investigative più efficaci al raggiungimento dell’obiettivo probatorio” e a risolvere problemi non indifferenti nella gestione delle attività nell’aula bunker di Reggio Emilia.

A preferire Alfonso D’Avino per la Procura di Reggio Emilia è invece Luca Forteleoni di “Magistratura Indipendente”, relatore di minoranza, che definisce la sua candidatura “di gran lunga prevalente” rispetto a quella del dott. Mescolini. Perché D’Avino opera nella più grande Procura italiana, perché ha già svolto funzioni semidirettive, perché ha dieci anni di esperienza in più rispetto a Mescolini. “Stiamo parlando di due magistrati” aggiunge Forteleoni, “che danno entrambi la vita per il loro lavoro, però è il dott. D’Avino che da 29 anni è in magistratura e combatte la camorra e la criminalità organizzata”.

Certo, ma a Reggio Emilia è impiantata la ‘ndrangheta, non la camorra, ed è il consigliere Piergiorgio Morosini, ex segretario nazionale di Magistratura Democratica, a spingere sulla competenza territoriale: “Stiamo parlando di una realtà molto peculiare, Reggio Emilia, dove sono emerse vicende giudiziarie di grandissimo rilievo” e Mescolini ha vissuto in questa regione “una esperienza professionale irripetibile, per la qualità e la quantità delle imputazioni convogliate nel processo Aemilia. Ha lavorato fianco a fianco con la polizia giudiziaria del territorio e la sua presenza al vertice della procura di Reggio Emilia in questo momento darebbe grande continuità e completezza al lavoro svolto in questi anni”.

Per pareggiare i conti interviene anche il consigliere del CSM Lorenzo Pontecorvo, della stessa corrente “Magistratura Indipendente” di Forteleoni: “Ma signori, scusatemi, c’è un procuratore aggiunto di Napoli con dieci anni di anzianità in più e un magistrato con dieci anni in meno che non ha mai svolto una funzione semidirettiva e per due anni è stato fuori ruolo come capo ufficio del Viceministro dell’Economia e delle Finanze” sotto il governo Prodi: “Non venite a convincermi che questo magistrato è preferibile al procuratore aggiunto di Napoli”.

E’ chiaro da queste trascrizioni che l’accordo non si trova e lo stesso Pontecorvo chiede al Vicepresidente del CSM Giovanni Legnini di rinviare la decisione o rimandarla alla Commissione per una valutazione “più serena”. Quattordici voti a favore del rinvio e se ne parlerà nella prossima seduta.

Ma il 21 febbraio siamo da capo ed è il consigliere Luca Palamara che chiede un nuovo rinvio accolto dal Plenum. Silenzio per altri quattro mesi e mezzo, fino al 4 luglio quando all’inizio della seduta si alza il consigliere laico Paola Balducci di SEL e dice: “Nella commissione di cui ero Vicepresidente, quindi parliamo di tanto, troppo tempo fa, la decisione per la Procura di Reggio Emilia era già stata presa. Ma ancora oggi quel posto è sguarnito e là si sta svolgendo uno dei processi più delicati del paese, Aemilia. Tanti si lamentano che questo Consiglio fa passare troppo tempo tra il momento in cui è bandita l’assegnazione e quello in cui si decide la nomina. Metta a verbale che chiedo di decidere su Reggio Emilia e chiudere il discorso”.

Le fa eco Piergiorgio Morosini: “Anche io sottolineo l’importanza della decisione, perché l’assenza di un Procuratore Capo a Reggio Emilia ha effetti negativi sulla funzionalità di quell’ufficio”. Antonio Leone del Nuovo Centrodestra non è d’accordo e chiede un nuovo rinvio che viene respinto a maggioranza: undici voti contro sette.

In quel momento il CSM tira fuori il suo asso nella manica, forse preparato con cura in quei mesi: prima della nomina alla Procura di Reggio Emilia si decide la nomina alla Procura di Parma. Il consigliere Aldo Morgigni propone per la città ducale al posto del dott. Salvatore Rustico, andato in pensione in primavera, “un magistrato qualificatissimo” proveniente dalla Procura di Napoli: il dott. Alfonso D’Avino. Approvato dal Plenum con dodici voti a favore.

A quel punto è tempo di decidere per Reggio Emilia, dove la poltrona di Procuratore Capo è vacante da un anno dopo il pensionamento di Giorgio Grandinetti. Lo stesso Morgigni richiama ciò che è ovvio: “Ora che chiaramente non c’è più la candidatura di D’Avino, che io sostenevo, non c’è più comparazione e dobbiamo valutare le motivazioni a sostegno della proposta Mescolini”. Che passa con 17 voti a favore, cinque in più di D’Avino a Parma.

Alla ripresa del processo intanto Mescolini porterà nuovi argomenti per rispondere alle assoluzioni chieste dalle difese di pressoché tutti i 148 imputati. Le richieste dei pm nel rito di Reggio Emilia assommano complessivamente a più di 1700 anni di carcere ai quali vanno aggiunti gli oltre 300 già confermati in appello nel rito abbreviato di Bologna. Oltre due millenni di galera, che pendono sulle spalle chi secondo l’accusa ha appartenuto alla cosca Grande Aracri in Emilia o con lei ci ha fatto affari.