Forse se l’avessero fatto prima non ci sarebbe stata l’inchiesta sulla cosiddettà “cupola degli appalti“di Expo. Di sicuro se lo faranno personaggi come Enrico Maltauro non potranno più partecipare ad alcuna gara pubblica. Sarà uno degli effetti del nuovo disegno di legge Anticorruzione, che contiene al suo interno il cosiddetto Daspo per i tangentisti. Una misura che in pratica estende l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici anche a corrotti e corruttori. Tradotto: l’imprenditore che è stato condannato a una pena superiore ai due anni per tutta una serie di reati contro la pubblica amministrazione: si va dalla malversazione aggravata al danno patrimoniale al traffico di influenze illecite fino ovviamente alle fattispecie che sanzionano la corruzione. Reato per il quale l’imprenditore vicentino è finito sotto processo più volte.
La prima condanna è del 1994: patteggia undici mesi con i pm di Mani Pulite per le mazzette versate negli appalti dell’aeroporto di Malpensa. Una pena inferiore a due anni e che quindi non gli sarebbe valsa la radiazione in perpetuo dai pubblici uffici prevista dalla riforma. Il suo nome, però, con una interdizione temporanea sarebbe forse stato cerchiato in rosso quando a Milano si è aperta un’altra stagione delle vacche grasse: quella degli appalti Expo. Che furono influenzati da una sorta di “cupola politica“ scoperta dalla procura di Milano nel 2014. Chi erano i tangentisti che puntavano a spartirsi le gare a Milano nel 2015? Gli stessi che lo facevano nei primi anni ’90: l’ex cassiere del Pci Primo Greganti – il compagno G che mai tradì Botteghe Oscure – e l’ex parlamentare della Dc Gianstefano Frigerio. E poi appunto il patron del gruppo Maltauro. “Durante una riunione tra il top manager dell’Esposizione Angelo Paris e il gran mediatore Gianstefano Frigerio è stata anche affrontata la questione: dì a Enrico però di rispettare le regole sull’antimafia eh… perché ha fatto entrare due, tre aziende…”, ricostruivano gli investigatori in un’informativa pubblicata dal settimanale Espresso. Per questa vicenda Maltauro ha collezionato un altro patteggiamento, questa volta più pesante: due anni e dieci mesi di carcere. Abbastanza per meritare il Daspo dagli appalti pubblici se fosse in vigore la nuova legge.
Si sarebbe salvato dall’eterna radiazione, invece, Paolo Scaroni, attuale presidente del Milan che da vicepresidente della Techint aveva patteggiato un anno e quattro mesi di reclusione per le tangenti pagate negli appalti Enel. Una pena inferiore ai due anni e dunque – se fosse stato in vigore il ddl Anticorruzione – Scaroni sarebbe rimasto lontano dalla vita pubblica solo per cinque anni (con l’ordinamento vigente è il massimo). Chissà se successivamente lo avrebbero scelto comunque per guidare un colosso come l’Eni. Lo stesso interrogativo può essere sollevato per Cesare Romiti che nel 2000 venne condannato in via definitiva a undici mesi e dieci giorni di reclusione per finanziamento illecito dei partiti e frode fiscale. Con un’interdizione – seppur ristretta a cinque anni – Romiti avrebbe potuto comunque guidare Gemina (all’epoca controllante di Rcs) e Impregilo, che vive notoriamente di appalti pubblici?
Lo stesso settore in cui è specializzato Bruno Binasco, arrestato sei volte in un anno durante Tangentopoli. Morto suicida alcuni mesi fa, Binasco era lo storico braccio destro di Marcellino Gavio, il signore delle autostrade, il principe delle Grandi opere e dell’Alta velocità. Accusato di corruzione per una serie infinita di mazzette, Binasco si presenta il 15 settembre del 1993 davanti ad Antonio Di Pietro e ammette le accuse. Racconta di aver versato bustarelle a Frigerio e Greganti, i due che anni dopo verranno coinvolti nell’inchiesta su Expo. Solo che nonostante le ammissioni, Binasco si salva: colleziona prescrizioni e assoluzioni. E torna in campo come presidente di Igli (gruppo Gavio) che controlla per anni il 29% di Impregilo. Viene assolto anche nell’inchiesta sul sistema Sesto insieme Filippo Penati e continua a collezionare appalti, influenza, potere.
Non farebbe più affari con la pubblica amministrazione, invece, Stefano Ricucci, l’imprenditore simbolo dei cosiddetti “furbetti del quartierino“: a maggio del 2008 ha patteggiato tre anni per corruzione, aggiotaggio, falso e appropriazione indebita. Sembrava uscito di scena ma era tornato a fare affari: nel marzo scorso è finito nuovamente agli arresti per per corruzione in atti giudiziari: è accusato di avere girato una mazzetta a un giudice per avere una sentenza fiscale favorevole a una sua azienda. Rimarranno fuori dagli uffici pubblici due imprenditori noti alle cronache giudiziarie come Riccardo Fusi e Francesco De Vito Piscicelli: il primo è uno storico amico di Denis Verdini ed ex presidente della Btp. Il secondo, invece, è noto soprattutto perché intercettato rise nel letto la notte del terremoto dell’Aquila pensando agli appalti per la ricostruzione. Nel febbraio del 2016 sono stati entrambi condannati in via definitiva a pene superiori ai due anni per corruzione aggravata: sarebbero fuori per sempre dai rapporti con la pubblica amministrazione. Ristretta a cinque anni sarebbe invece l’inattività di Ettore Morace, l’imprenditore al centro dell’inchiesta Mare nostrum, che a luglio ha patteggiato una pena a un anno e mezzo. Problema: Morace è il patron della Liberty Lines, società di navigazione che vive soprattutto degli appalti per il collegamento della Sicilia con le isole minori. O cambia lavoro lui o il governo – prima di approvare il ddl Anticorruzione – trova un altro modo per andare a Favignana.
Twitter: @pipitone87
Giustizia & Impunità
Anticorruzione, da Tangentopoli agli appalti Expo: gli imprenditori che sarebbero stati colpiti dal Daspo
La lunga lista di chi sarebbe stato radiato se la norma fosse stata già introdotta: dai protagonisti di alcuni episodi di Mani Pulite fino ai casi recenti di Ricucci o Piscicelli. Il provvedimento punirà chi commette reati come la malversazione aggravata, il danno patrimoniale, il traffico di influenze, il peculato e tanti altri fino ovviamente alle fattispecie che sanzionano la corruzione
Forse se l’avessero fatto prima non ci sarebbe stata l’inchiesta sulla cosiddettà “cupola degli appalti“di Expo. Di sicuro se lo faranno personaggi come Enrico Maltauro non potranno più partecipare ad alcuna gara pubblica. Sarà uno degli effetti del nuovo disegno di legge Anticorruzione, che contiene al suo interno il cosiddetto Daspo per i tangentisti. Una misura che in pratica estende l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici anche a corrotti e corruttori. Tradotto: l’imprenditore che è stato condannato a una pena superiore ai due anni per tutta una serie di reati contro la pubblica amministrazione: si va dalla malversazione aggravata al danno patrimoniale al traffico di influenze illecite fino ovviamente alle fattispecie che sanzionano la corruzione. Reato per il quale l’imprenditore vicentino è finito sotto processo più volte.
La prima condanna è del 1994: patteggia undici mesi con i pm di Mani Pulite per le mazzette versate negli appalti dell’aeroporto di Malpensa. Una pena inferiore a due anni e che quindi non gli sarebbe valsa la radiazione in perpetuo dai pubblici uffici prevista dalla riforma. Il suo nome, però, con una interdizione temporanea sarebbe forse stato cerchiato in rosso quando a Milano si è aperta un’altra stagione delle vacche grasse: quella degli appalti Expo. Che furono influenzati da una sorta di “cupola politica“ scoperta dalla procura di Milano nel 2014. Chi erano i tangentisti che puntavano a spartirsi le gare a Milano nel 2015? Gli stessi che lo facevano nei primi anni ’90: l’ex cassiere del Pci Primo Greganti – il compagno G che mai tradì Botteghe Oscure – e l’ex parlamentare della Dc Gianstefano Frigerio. E poi appunto il patron del gruppo Maltauro. “Durante una riunione tra il top manager dell’Esposizione Angelo Paris e il gran mediatore Gianstefano Frigerio è stata anche affrontata la questione: dì a Enrico però di rispettare le regole sull’antimafia eh… perché ha fatto entrare due, tre aziende…”, ricostruivano gli investigatori in un’informativa pubblicata dal settimanale Espresso. Per questa vicenda Maltauro ha collezionato un altro patteggiamento, questa volta più pesante: due anni e dieci mesi di carcere. Abbastanza per meritare il Daspo dagli appalti pubblici se fosse in vigore la nuova legge.
Si sarebbe salvato dall’eterna radiazione, invece, Paolo Scaroni, attuale presidente del Milan che da vicepresidente della Techint aveva patteggiato un anno e quattro mesi di reclusione per le tangenti pagate negli appalti Enel. Una pena inferiore ai due anni e dunque – se fosse stato in vigore il ddl Anticorruzione – Scaroni sarebbe rimasto lontano dalla vita pubblica solo per cinque anni (con l’ordinamento vigente è il massimo). Chissà se successivamente lo avrebbero scelto comunque per guidare un colosso come l’Eni. Lo stesso interrogativo può essere sollevato per Cesare Romiti che nel 2000 venne condannato in via definitiva a undici mesi e dieci giorni di reclusione per finanziamento illecito dei partiti e frode fiscale. Con un’interdizione – seppur ristretta a cinque anni – Romiti avrebbe potuto comunque guidare Gemina (all’epoca controllante di Rcs) e Impregilo, che vive notoriamente di appalti pubblici?
Lo stesso settore in cui è specializzato Bruno Binasco, arrestato sei volte in un anno durante Tangentopoli. Morto suicida alcuni mesi fa, Binasco era lo storico braccio destro di Marcellino Gavio, il signore delle autostrade, il principe delle Grandi opere e dell’Alta velocità. Accusato di corruzione per una serie infinita di mazzette, Binasco si presenta il 15 settembre del 1993 davanti ad Antonio Di Pietro e ammette le accuse. Racconta di aver versato bustarelle a Frigerio e Greganti, i due che anni dopo verranno coinvolti nell’inchiesta su Expo. Solo che nonostante le ammissioni, Binasco si salva: colleziona prescrizioni e assoluzioni. E torna in campo come presidente di Igli (gruppo Gavio) che controlla per anni il 29% di Impregilo. Viene assolto anche nell’inchiesta sul sistema Sesto insieme Filippo Penati e continua a collezionare appalti, influenza, potere.
Non farebbe più affari con la pubblica amministrazione, invece, Stefano Ricucci, l’imprenditore simbolo dei cosiddetti “furbetti del quartierino“: a maggio del 2008 ha patteggiato tre anni per corruzione, aggiotaggio, falso e appropriazione indebita. Sembrava uscito di scena ma era tornato a fare affari: nel marzo scorso è finito nuovamente agli arresti per per corruzione in atti giudiziari: è accusato di avere girato una mazzetta a un giudice per avere una sentenza fiscale favorevole a una sua azienda. Rimarranno fuori dagli uffici pubblici due imprenditori noti alle cronache giudiziarie come Riccardo Fusi e Francesco De Vito Piscicelli: il primo è uno storico amico di Denis Verdini ed ex presidente della Btp. Il secondo, invece, è noto soprattutto perché intercettato rise nel letto la notte del terremoto dell’Aquila pensando agli appalti per la ricostruzione. Nel febbraio del 2016 sono stati entrambi condannati in via definitiva a pene superiori ai due anni per corruzione aggravata: sarebbero fuori per sempre dai rapporti con la pubblica amministrazione. Ristretta a cinque anni sarebbe invece l’inattività di Ettore Morace, l’imprenditore al centro dell’inchiesta Mare nostrum, che a luglio ha patteggiato una pena a un anno e mezzo. Problema: Morace è il patron della Liberty Lines, società di navigazione che vive soprattutto degli appalti per il collegamento della Sicilia con le isole minori. O cambia lavoro lui o il governo – prima di approvare il ddl Anticorruzione – trova un altro modo per andare a Favignana.
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GIUSTIZIALISTI
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Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.